venerdì 8 ottobre 2010

AUTOBUS 237


Le daresti non più di vent’anni: ma il ventre un po’ gonfio e il ragazzino settenne che la chiama “mamma” ti inducono a dargliene qualcuno di più. Jeans anonimi e trasandati, parla perennemente al telefonino con l’auricolare all’orecchio sinistro. Lo sguardo perso non si sa bene dove. E non per l’evidente strabismo degli occhi: celesti, spenti, arrabbiati. Siamo sul 237: il ragazzino è seduto, lei, in piedi, continua a parlare al cellulare. Quando il figlio l’invita a sedersi, lei dice di no con la testa. Nel breve tragitto ti chiedi se ha un compagno (la mancanza di anello all’anulare suggerirebbe di no) se lavora, perché suo figlio non è andato a scuola, perché è così disperata, se qualcuno l’aiuterà mai a fare la madre. Alla Stazione Centrale scendiamo. Dopo un po’, dà la mano al bambino. Almeno questo lo fa, sospiri in silenzio. Prima di perderli di vista per sempre.
Maria D’Asaro

("Centonove": 8-10-2010)

2 commenti:

  1. Ciao. Spero proprio che quel bimbo e la sua mamma possano meritarsi ed ottenere un buon futuro. Sotto questi buoni auspici attendo pazientemente il prossimo autobus che indirizzerai su queste onde... Buonanotte.

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