Alta, asciutta, decisa. Con una scioltezza espressiva, un fare determinato, uno sguardo dritto e penetrante: miscela rara in una sola persona.
Specie se settantenne. Senza neppure la quinta elementare.
La prima volta l’ho vista alla “reception”: era venuta a portare al nipote una merendina fuori orario: - E’ vietato dal regolamento – le avevano detto in portineria – Ma mio nipote ha la diabete….
Passo da lì in quel momento. Intercetto la conversazione. Mi avvicino alla signora. Mi presento. La signora si presenta, a sua volta: - Sono la nonna di Sergio … è in I media. Professorè, mio nipote ha la diabete e deve mangiare per forza. Stamattina me figghia si scurdò di dargli il panino e a ‘u picciriddu ci po’ veniri ‘na crisi … -
Prendo la merendina e la rassicuro: l’avrei consegnata subito al ragazzino. Le dico che, ovviamente, un ragazzo diabetico può fare spuntino quando ne ha necessità e, se necessario, potrà avere tutti i permessi orari di cui avrà bisogno. Ad esempio, essere esentato dalla sesta ora, il lunedì, o almeno, uscire un po’ prima.
La signora mi fissa rapidamente negli occhi. Mi ringrazia. Mi dice: - Ora che so che c’è lei qua, sto più tranquilla…- Se ne va.
La rivedo, ogni tanto, nei tre anni di permanenza di Sergio alla “Cesareo”.
Una volta ho chiamato perché i genitori di Sergio venissero a un ricevimento. Si presentò lei, in loro vece. - Me figghia avi tri masculi: è troppo impegnata: ci parlo io con i professori - Un’altra volta mi chiese consiglio: era il caso di mandare Sergio, con la sua glicemia a 500 e con le sue iniezioni cadenzate, alla gita scolastica? E poi, quella somma da pagare per la famiglia era troppo…
Sinceramente, non ricordo più se poi Sergio andò alla gita scolastica: ricordo bene però che dissi alla nonna che i soldi non sarebbero stati un problema. Avevamo un fondo cassa, per questo.
Quando Sergio era già in terza media, la nonna chiese di parlare con me. - Non è per Sergio, professorè… E’ che me figghia avia scrittu Emanuele, il secondo figlio, in prima media. Ora, me figghia abita fuori zona e l’hanno rimandato alla scuola vicino a casa sua … Vidissi che può fare, professorè . – Le ho parlato dei criteri decisi dal Consiglio d’Istituto. Ma lei, fissandomi decisa negli occhi: - Vidissi che può fare, professorè. – Le ho dato appuntamento per giugno.
A giugno si ripresenta, puntuale: - Signora, abbiamo avuto un numero alto di alunni bocciati in prima media…- Lei, implora, ferma e convinta: - Vidissi che può fare, professorè. –
Parlo con la mia Preside, che mi ricorda: - Maria, lo sai, abbiamo i criteri fissati dal Collegio e dal Consiglio d’Istituto… - Lo so, Preside… – Vorrei aggiungere che gli occhi di quella nonna non mi mollano, non mi molleranno finchè Emanuele non sarà in questa scuola. Forse lo dico alla Preside, una Maria come me. Forse no. –
Dò appuntamento alla nonna per il 2 luglio: - Magari avremo qualche richiesta di nulla osta in uscita … ma siete disposti ad inserire il ragazzo anche in una sezione a tempo prolungato? – In qualsiasi classe. Vidissi che può fare, professorè. –
Il due luglio, ritorna. Inseriamo Emanuele in una classe a tempo prolungato.
La rivedo, la nonna, ogni tanto: viene a prendere il libretto di giustificazioni, perché Emanuele si assenta un po’ troppo: lei no, è sempre presente.
Emanuele è promosso in seconda. Poi anche in terza. In terza, però le assenze diventano tante. Siamo a novembre inoltrato. Chiamo a casa. Non mi risponde nessuno. Meglio, una voce registrata mi dice che il numero chiamato è inesistente.
Ho un colloquio con il ragazzino: - Emanuele, ho bisogno di parlare con i tuoi - Emanuele mi dice che non hanno più il telefono fisso. Mi dà il cellulare di mamma. Scrivo il numero nella mia agenda. Poi gli dico di salutarmi sua nonna. Emanuele mi guarda con un lieve rossore: - Mia nonna è morta, professorè… - Ma come, non era per niente anziana – replico come una scema, come se la morte guardasse la data di nascita di chi intende abbracciare. – Ha avuto un infarto, a giugno passato. –
Ora capisco. Improvvisamente mi sento sola. Ho una pena indicibile.
Chiamo la madre di Emanuele. Mi si presenta un donnone alto e robusto. Il viso tondo e paffutello di una bambina. Le dico che mi dispiace per sua madre. La signora si stringe alle spalle: - Mia madre si trascurava troppo: badava a mio padre, ai miei fratelli che sono tutti e due dentro, ai miei figli … Se si curava di più, magari era viva… Ora io ho due case a cui badare: mio marito, i miei tre figli, mio padre e i miei fratelli… - C’è quasi un rimprovero sordo, nella sua voce.
Dico alla signora che mi dispiace. Tento di spostare l’attenzione su Emanuele. Con scarso successo. – Emanuele non ne vuole di scuola. Bocciatelo. L’avete fatto sempre promosso. Bocciatelo. –
Il problema non è proprio questo, vorrei dire alla signora.
Comunque, quell’anno Emanuele è stato bocciato.
Purtroppo è stato bocciato anche l’anno dopo. Nonostante i tanti colloqui con lui, con la madre, persino col padre. Il ritornello di entrambi: - Non ne vuole di scuola, professorè. – Un giorno sua madre mi ha detto: - Per me mio figlio è cretino … -
La nonna non l’avrebbe mai detto. Non si sarebbe arresa. Avrebbe aggiunto: - Vidissi che può fare, professorè …. Quando devo tornare, professorè.. Che possiamo fare, professorè? -
Ci saremmo guardate negli occhi.
Sono certa che con lei Emanuele la terza media l’avrebbe presa …
Specie se settantenne. Senza neppure la quinta elementare.
La prima volta l’ho vista alla “reception”: era venuta a portare al nipote una merendina fuori orario: - E’ vietato dal regolamento – le avevano detto in portineria – Ma mio nipote ha la diabete….
Passo da lì in quel momento. Intercetto la conversazione. Mi avvicino alla signora. Mi presento. La signora si presenta, a sua volta: - Sono la nonna di Sergio … è in I media. Professorè, mio nipote ha la diabete e deve mangiare per forza. Stamattina me figghia si scurdò di dargli il panino e a ‘u picciriddu ci po’ veniri ‘na crisi … -
Prendo la merendina e la rassicuro: l’avrei consegnata subito al ragazzino. Le dico che, ovviamente, un ragazzo diabetico può fare spuntino quando ne ha necessità e, se necessario, potrà avere tutti i permessi orari di cui avrà bisogno. Ad esempio, essere esentato dalla sesta ora, il lunedì, o almeno, uscire un po’ prima.
La signora mi fissa rapidamente negli occhi. Mi ringrazia. Mi dice: - Ora che so che c’è lei qua, sto più tranquilla…- Se ne va.
La rivedo, ogni tanto, nei tre anni di permanenza di Sergio alla “Cesareo”.
Una volta ho chiamato perché i genitori di Sergio venissero a un ricevimento. Si presentò lei, in loro vece. - Me figghia avi tri masculi: è troppo impegnata: ci parlo io con i professori - Un’altra volta mi chiese consiglio: era il caso di mandare Sergio, con la sua glicemia a 500 e con le sue iniezioni cadenzate, alla gita scolastica? E poi, quella somma da pagare per la famiglia era troppo…
Sinceramente, non ricordo più se poi Sergio andò alla gita scolastica: ricordo bene però che dissi alla nonna che i soldi non sarebbero stati un problema. Avevamo un fondo cassa, per questo.
Quando Sergio era già in terza media, la nonna chiese di parlare con me. - Non è per Sergio, professorè… E’ che me figghia avia scrittu Emanuele, il secondo figlio, in prima media. Ora, me figghia abita fuori zona e l’hanno rimandato alla scuola vicino a casa sua … Vidissi che può fare, professorè . – Le ho parlato dei criteri decisi dal Consiglio d’Istituto. Ma lei, fissandomi decisa negli occhi: - Vidissi che può fare, professorè. – Le ho dato appuntamento per giugno.
A giugno si ripresenta, puntuale: - Signora, abbiamo avuto un numero alto di alunni bocciati in prima media…- Lei, implora, ferma e convinta: - Vidissi che può fare, professorè. –
Parlo con la mia Preside, che mi ricorda: - Maria, lo sai, abbiamo i criteri fissati dal Collegio e dal Consiglio d’Istituto… - Lo so, Preside… – Vorrei aggiungere che gli occhi di quella nonna non mi mollano, non mi molleranno finchè Emanuele non sarà in questa scuola. Forse lo dico alla Preside, una Maria come me. Forse no. –
Dò appuntamento alla nonna per il 2 luglio: - Magari avremo qualche richiesta di nulla osta in uscita … ma siete disposti ad inserire il ragazzo anche in una sezione a tempo prolungato? – In qualsiasi classe. Vidissi che può fare, professorè. –
Il due luglio, ritorna. Inseriamo Emanuele in una classe a tempo prolungato.
La rivedo, la nonna, ogni tanto: viene a prendere il libretto di giustificazioni, perché Emanuele si assenta un po’ troppo: lei no, è sempre presente.
Emanuele è promosso in seconda. Poi anche in terza. In terza, però le assenze diventano tante. Siamo a novembre inoltrato. Chiamo a casa. Non mi risponde nessuno. Meglio, una voce registrata mi dice che il numero chiamato è inesistente.
Ho un colloquio con il ragazzino: - Emanuele, ho bisogno di parlare con i tuoi - Emanuele mi dice che non hanno più il telefono fisso. Mi dà il cellulare di mamma. Scrivo il numero nella mia agenda. Poi gli dico di salutarmi sua nonna. Emanuele mi guarda con un lieve rossore: - Mia nonna è morta, professorè… - Ma come, non era per niente anziana – replico come una scema, come se la morte guardasse la data di nascita di chi intende abbracciare. – Ha avuto un infarto, a giugno passato. –
Ora capisco. Improvvisamente mi sento sola. Ho una pena indicibile.
Chiamo la madre di Emanuele. Mi si presenta un donnone alto e robusto. Il viso tondo e paffutello di una bambina. Le dico che mi dispiace per sua madre. La signora si stringe alle spalle: - Mia madre si trascurava troppo: badava a mio padre, ai miei fratelli che sono tutti e due dentro, ai miei figli … Se si curava di più, magari era viva… Ora io ho due case a cui badare: mio marito, i miei tre figli, mio padre e i miei fratelli… - C’è quasi un rimprovero sordo, nella sua voce.
Dico alla signora che mi dispiace. Tento di spostare l’attenzione su Emanuele. Con scarso successo. – Emanuele non ne vuole di scuola. Bocciatelo. L’avete fatto sempre promosso. Bocciatelo. –
Il problema non è proprio questo, vorrei dire alla signora.
Comunque, quell’anno Emanuele è stato bocciato.
Purtroppo è stato bocciato anche l’anno dopo. Nonostante i tanti colloqui con lui, con la madre, persino col padre. Il ritornello di entrambi: - Non ne vuole di scuola, professorè. – Un giorno sua madre mi ha detto: - Per me mio figlio è cretino … -
La nonna non l’avrebbe mai detto. Non si sarebbe arresa. Avrebbe aggiunto: - Vidissi che può fare, professorè …. Quando devo tornare, professorè.. Che possiamo fare, professorè? -
Ci saremmo guardate negli occhi.
Sono certa che con lei Emanuele la terza media l’avrebbe presa …
Spero di diventare,un giorno,un nonno così.
RispondiEliminaPasserà il tempo,le cose,le abitudini,ma
mi rimarranno sempre impresse le parole della nonna del tuo post, e la sua frase,tradotta in
linguaggio di frontiera piemontese/lombarda vorrei che fosse la mia. E,ancor più l'amore,la dedizione,l'umiltà che affiancano la frase stessa.
@Costantino: grazie per la costanza con cui segui i miei post. Anch'io spero di diventare una donna "resiliente" come la nonna di Sergio ed Emanuele. Un caro saluto dai mari del sud.
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