Molti non andavano neppure a comprare il pane
perché lo facevano in casa. E se proprio mancava qualcosa,
bastava aspettare Bastiano o Nicola che “abbanniavano” i loro prodotti stipati
a forza nello sbrindellato “lapone”.
Per
comprare un quaderno o un pezzo di formaggio o un capo di biancheria senza
troppe pretese, c’era però la “putia”: una bottega piccola piccola sospesa tra
il medioevo e la modernità. Una sorta di bazar dove si poteva trovare di tutto:
dalle cerniere lampo alle caramelle colorate, dalla mortadella alle matite, dai
bottoni alle lampadine.
Spesso
il negoziante abitava nel retrobottega, quasi che la putia fosse un’appendice
esteriore e del tutto casuale della sua vita privata. Capitava infatti che
Maria Antonietta, mandata dalla zia ad acquistare le cipolle dalla ‘gna Cidda, nel
negozietto non trovasse nessuno perché il “putiaro” era a casa sua, occupato in più importanti faccende.
La bimbetta era incantata dalle putie: per l’incredibile
e pittoresca accozzaglia di prodotti, allegramente e disordinatamente racchiusi
in pochi metri quadri; per l’arcaico e
fantasioso sistema di pesi e misure che ciascuna di esse liberamente adottava: dalle incerte
stadere, a ogni tipo di bilance e
bilancini con variegati, e non sempre precisi, pesi e contrappesi. E poi, le centinaia di scatole e scatolette che vi
si trovavano ammucchiate, emanavano
tutti gli odori del mondo: dal delicato profumo di talco e di neonati dei merletti,
all’odore forte e pungente delle scatole piene di sarde salate, all’aroma
gradevole dei chicchi di caffè riposti nei grandi barattoli di vetro.
-
Mariantonie’, vai a comprare la pasta dalla
‘za Pidda…-
Con
la ‘za Pidda la bimba non aveva alcuna
relazione di parentela. L’appellativo ‘za o ‘zu (zia e zio) era usato in paese per appellare donne e uomini
che godevano di una certa stima e di buona reputazione.
A
differenza delle altre, la putia della “pastara” (la zia Pidda era detta così perché epigona di
una generazione di commercianti di pasta) era un enorme stanzone spoglio, dalle
pareti nude, con un soffitto altissimo. In quella putia, solo e dappertutto pasta:
pasta nei grandi sacchi poggiati per terra, pasta sfusa sul massiccio piano di
legno che fungeva da bancone, pasta sul capiente soppalco che si trovava nel
lato sinistro della stanza. Una festa di spaghetti, tagliatelle, ditali,
margherite, bucatini, ziti, linguine.
Seduta,
dietro al bancone, una vecchina minuta, dal volto pieno di rughe, vestita di
scuro e con l’immancabile fazzoletto nero in testa. Ma dallo sguardo sereno e,
malgrado le numerose caverne dovute ai denti perduti, dal sorriso rassicurante
e accogliente, anche verso i bambini.
-
Chi vulivi, picciuttedda? Ah, tu si ‘a niputi di mastru Turiddu, ‘a figlia di
Pippina…- Poi, con gesti sicuri e
solenni, pesava i chili di pasta
richiesti, e li avvolgeva in grossi fogli
di carta marrone.
La
‘za Pidda pareva quasi l’incarnazione di una antica divinità che dispensava con
saggezza il cibo agli umani, una vecchia Cerere che mai avrebbe permesso che qualcuno
restasse privo degli adorati spaghetti.
Maruzza
la guardava incantata e respirava con
piacere l’odore umile e buono della farina che riempiva ogni parte della
bottega.
E,
senza sapere perché, se ne andava contenta.
Come sai descriverla tu, la tua terra...
RispondiEliminaUn bellissimo racconto , mi fa ricordare la mia infanzia, mia madre mi dava 3 uova , con queste andavo alla "bottega" a prende un po di farina e cose che servivano per la casa , se non bastavano la signora della "bottega" segnava su di un librettino nero .
RispondiEliminaSoldi pochi anzi pochissimi .
ciao
@Calzino: grazie. Buona domenica! hai poi identificato l'uccellino che fa PIEEEEEEE?!!
RispondiElimina@Valerio: grazie per essere passato da qui. Anch'io ricordo un librettino del bottegaio in cui si segnavano i "debitori"... Buona domenica!
Delizioso scorcio di memorie, appassionante. Le botteghe del mio quartiere le ricordo "a naso": ciascuna aveva il proprio odore, quasi fossero esseri umani. A volte mi capita di sentire profumi analoghi, e per un istante ritorno bambino. Poi mi accorgo che la vita da adulto non è poi così diversa: da una parte l'impegno di comperare il pane, dall'altra il fremito di scoprire la sorpresina nel sacchetto di patatine. Buona giornata.
RispondiElimina@DOC: che bello questo ricordare "a naso" le nostre "putie". Dice un grande romanziere, Proust, che i nostri ricordi sono odori, sapori, musica...Buona serata!
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