mercoledì 29 febbraio 2012

101 Storie: Il ragazzo che amava i Beatles

              In scuolese li chiamiamo “gli alunni con la 104”: i ragazzi con un handicap fisico o psichico. La legge n.104 del 5 febbraio 1992 - un capolavoro della giurisprudenza al servizio dell’umanità sofferente - ha sancito il loro diritto a frequentare la scuola pubblica e il dovere dell’istituzione scolastica di favorirne  la piena integrazione, a fianco dei compagni.
     Peccato che il Ministero dell’Istruzione predichi bene e razzoli male, tagliando le risorse per le classi che accolgono un alunno diversabile. Così diventa veramente difficile garantire l’integrazione e il diritto allo studio di tutti se in una classe vi è un solo docente con 25 ragazzi, di cui tre ripetenti, uno con disturbo di apprendimento e uno con ritardo mentale, alunni tutti che avrebbero bisogno di cure speciali. Si, perché l’insegnante specializzato che, ai sensi della legge 104, dovrebbe affiancare la classe in cui è inserito un alunno diversabile, è diventato merce preziosa. E, nella classe prima menzionata, magari c’è solo quattro ore su trenta.
       Quando in classe avevamo Sergio, l’insegnante specializzata c’era per ben diciotto ore. Sia perché, anni fa, erano tempi di vacche grasse, sia perché lui era un bambino con problemi davvero seri: affetto da un grave ritardo mentale, pronunciava solo qualche parola e camminava a fatica. In prima media, mostrava meno dei suoi quattordici. Al suo corpo diafano ed esile, non era stata risparmiata neppure una grave malformazione cardiaca. Eppure il ragazzino aveva lo sguardo sereno. I grandi occhi nocciola, stelle del suo pallido ovale, il viso lo illuminavano tutto. E accennavano spesso a un sorriso. Una madre che lo amava, era la sua carta segreta. Una mamma che, a questo suo particolarissimo figlio, aveva votato se stessa.
       E a Sergio volevano tanto bene i compagni, che gli tenevano la mano, quando si emozionava  se ascoltava una canzone dei Beatles, lo aiutavano a colorare, chiamavano l’assistente se doveva fare pipì. Gli volevano un bene dell’anima anche i suoi insegnanti. In particolar modo, la sua insegnante speciale. Che andava a prendere la chitarra, quando il ragazzino mimava un “den den”, seguito dal gesto dell’indice e il medio che già sfioravano con la mente le corde del suo strumento preferito.
      Alle sue assenze, eravamo abituati: perché doveva fare i controlli medici, le terapie per la postura, perché gli veniva spesso la febbre. Però in seconda media, le assenze divennero tantissime perchè Sergio, per una crisi cardiaca fu ricoverato in ospedale. Dove andammo a trovarlo e gli offrimmo il suo gelato preferito.
       E venne Aprile: i suoi compagni disegnavano i cartoncini con le campanelle, i coniglietti e le uova pasquali. – Come mai il ragazzo non è rientrato? – Dalla famiglia, nessuna notizia.
      La telefonata arriva dalla sua insegnante delle elementari, sua vicina di casa: una crisi improvvisa. La madre, in seguito, si è scusata per non averci avvisato: Sergio era volato via, la vigilia di Pasqua. La sua amata chitarra, era andato in cielo, a suonarla.

7 commenti:

  1. Storia triste quella di Segio. Ma ha comunque il suo lato positivo. Sergio ha lasciato nel cuore degli insegnanti e dei compagnetti di classe un bel ricordo.
    Spesso le persone con un handicap non vengono seguite e assiste come dovrebbero. E spesso la società gli fa pesare la loro "differenza". Che poi differenza è anche scomoda come parola. Sergio era un ragazzo come tutti in fondo, si emozionava, sorrideva.. e sognava ascoltando i Beatles e suonando la chitarra.
    Bel post Mari.

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  2. «I grandi occhi nocciola, stelle del suo pallido ovale, il viso lo illuminavano tutto». Per lui, Dio, evidentemente aveva progetti migliori, visto che lo ha chiamato a sè prematuramente... Questa storia, che mi ha liquefatto il cuore, va letta almeno due volte. Perchè il finale possa rimarcarne l'introduzione, nella speranza che qualcuno si faccia un esame di coscienza, e magari si muova per porre rimedio ad uno stato di cose in terribile declino. Le tue parole, a mio avviso, dovrebbero circolare più diffusamente: mi piacerebbe ascoltarle, ad esempio, in un'omelia della messa domenicale. O in una campagna elettorale, possibilmente seguite dai fatti. Scusa il commentone. Ciao ciao e grazie, Maruzza.

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  3. Come sai le parole non mi mancano, anzi mi riconosco prolisso quando scrivo e logorroico quando parlo.
    Ma queste vicende mi lasciano a secco.
    E' vero, come dice Chamless, che c'è una positività nel ricordo di questo ragazzo, ma l'amarezza complessiva del racconto è maggiore, quasi cancella il minimo positivo.
    Ti abbraccio.

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  4. Non sapevo se scrivere un commento. Però ti ringrazio per questa storia che ci hai raccontato. Trovo che i ragazzi diversamente abili siano un valore aggiunto per la classe, i compagni finiscono sempre per amarli tantissimo. Grazie ancora.

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  5. Aver avuto Sergio come compagno di classe penso sia stato uno tra i più grandi insegnamenti che i suoi compagni abbiano ricevuto. La scuola che diventa accogliente e rispettosa anche del diverso è davvero educativa. Purtroppo, come sottolinei anche tu, mancano spesso i mezzi e gli insegnanti di sostegno per questi ragazzi. E, dispiace sottolineare, molte insegnanti preferiscono non averli nella loro classe, così come molti genitori non li vorrebbero nelle classi dei loro figli perchè rallentano il loro progamma e distraggono dagli obiettivi prefissati.

    Cara amica, naturalmente sono ben lieta se vorrai anche tu essere tra coloro che si impegnano per mantenere viva l'attenzione sulle sorti di Rossella Urru e degli altri ostaggi.

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  6. A leggere le tue parole gli occhi esplorano, da un punto ad un altro a cercare i tanti significati che contengono, come quei fari che vanno avanti ed indietro ad illuminare solo un cerchio ristretto, lasciando in ombra il resto. Ma poi all'improvviso ti accorgi che non sono i tuoi occhi ad illuminare lo scritto, ma sono loro, le parole, a far luce su di te. Allora cerchi "lungo i giardini consacrati al pianto", tra la terra, le pietre, i marmi e le lapidi, i fiori e le erbacce. Forse potresti trovarlo tra i primi versi di Francis Turner o gli ultimi di Johnnie Sayre. I suoi genitori saranno stati saggi nello scolpire la pietra. Ma anche le tue parole lo ricorderanno, amorevolmente, per sempre.

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  7. @Charmless: posso osare scrivendoti che ormai ti considero un amico conterraneo?!Grazie dell'interesse con cui mi leggi. Buona domenica a te e a Sara bedda.
    @DOC: lo sguardo speciale con cui segui il mio lavoro e leggi le mie storie mi sostiene, mi incoraggia e mi commuove. Grazie dal profondo del cuore, dr.Peter-Mr.DOC. Buona domenica.
    @gattonero: sono contenta che, nonostante il periodo davvero difficile, continui a comunicare col mondo attraverso il blog. Grazie della tua attenzione. Ti sono affettuosamente vicina. Buona domenica.
    @Veronica: è sempre un onore ricevere un tuo commento. Apprezzo tantissimo la tua maniera di scrivere e la tua sensibilità. A presto. Buona domenica.
    @Rita Baccaro: hai scritto parole di commento che sottoscrivo al 100%. E' un onore averti come lettrice. Ricambierò la visita al tuo bel blog. Non ho più scritto alcunchè su Rossella Urru perchè spero di ascoltare notizia della sua liberazione da un momento all'altro. Buona domenica.
    @ctldzffr: che bel regalo il tuo commento! Delicato, intenso, poetico. Lo se che mi leggi sempre, me lo dici anche a scuola: ma averci un commento così è un dono speciale. Grazie. Buona domenica.

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