lunedì 21 luglio 2014

La mafia raccontata a mia figlia

Manfredi Borsellino
Cara Merope,
oltre venti anni fa accadeva qui a Palermo, a poche centinaia di metri dal quartiere dove noi abitiamo e che abitualmente frequentiamo, qualcosa che avrebbe cambiato radicalmente la nostra società, avrebbe scosso tante coscienze e probabilmente segnato un punto di non ritorno; niente (o quasi) dopo quegli eventi sarebbe stato come prima. Due palermitani come noi, due uomini onesti e leali, uno dei quali tu hai iniziato a conoscere un po’ meglio perché si tratta di tuo nonno, dopo avere combattuto una lotta intensa e ininterrotta contro un male feroce chiamato mafia o Cosa nostra, si sono sacrificati. Il loro sacrificio è consistito nell’immolarsi affinché i più giovani, ma anche voi che ancora non eravate nati, acquisissero la consapevolezza di quanto terribilmente serio fosse quel male cui ti ho accennato prima, per troppo tempo sottovalutato, ignorato e purtroppo non combattuto da tutti coloro che avrebbero dovuto contrastarlo.
E così quel male nel tempo è diventato sempre più potente, i suoi tentacoli si erano intrufolati tra le stesse istituzioni che governavano il nostro paese, tra le forze di polizia e in quella stessa magistratura di cui questi due grandi cittadini palermitani facevano parte.
Soli, senza lo Stato che avrebbe dovuto proteggerli come i suoi figli migliori, hanno con consapevolezza affrontato il martirio, altrettanto consapevoli però che la loro morte (apparente) non sarebbe stata vana.
Già dopo l’attentato in cui perse la vita Giovanni Falcone, il più grande amico e collega di tuo nonno Paolo, Palermo si svegliò, tanti giovani e bambini della tua età si riversarono sulle strade mentre dai balconi sventolavano grandi lenzuoli bianchi, segno di purezza e di pace.Quando purtroppo venne il momento del tuo caro nonno Paolo, non solo Palermo ma tutta l’Italia si è (ri) svegliata gridando il suo sdegno.
Di mafia, ma anche del tuo nonno Paolo e del suo amico Giovanni, del loro sacrificio/martirio, di legalità, dell’importanza delle regole e del rispetto delle leggi, dell’omertà mafiosa, di pizzo ed estorsioni, di istituzioni, o meglio ancora di uomini delle istituzioni collusi o contigui con la criminalità organizzata, di complicità di pezzi dello Stato nell’ideazione e (forse) realizzazione di quelle stragi avvenute quando tu non eri ancora nata, si è finalmente iniziato a parlare nelle famiglie, a scuola e negli stessi luoghi di ritrovo di tanti tuoi coetanei, formando delle coscienze nuove.
Oggi, cara Merope, voi bambini siete “allenati” a combattere quel male subdolo, la mafia, che ti ha tolto il tuo caro nonno prima che venissi alla luce, siete allenati da papà e mamma che soddisfano per quanto loro possibile la vostra sete di verità e giustizia, ma siete allenati anche dalle vostre maestre, grazie alle quali la vostra attenzione su ciò che è accaduto tanti anni fa non si attenua mai.Del tuo caro e grande nonno Paolo avrei tante cose da dirti e raccontarti ma con calma e senza fretta le conoscerai strada facendo.
E’ in questo momento sufficiente che tu sappia che egli ha “consapevolmente” sacrificato la sua vita privandosi di una delle cose che desiderava di più al mondo, ovverosia veder nascere e crescere i suoi nipotini come te, per farvi vivere in un mondo migliore dove chi svolge (e bene) il proprio dovere, sia esso di magistrato, poliziotto, maestro o sacerdote, non debba mai più temere per la sua vita e quella dei suoi familiari.
                          Manfredi Borsellino

3 commenti:

  1. Sì, la cosa terribile è proprio questa, che loro sapevano bene a cosa andavano incontro.

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  2. Si deve essere davvero fieri di un nonno così...

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  3. Carissimo Manfredi (scusa se ci diamo del "tu"), ho cercato invano un qualche indirizzo dove scrivere questo mio pensiero per te e la tua famiglia. Vorrei semplicemente condividere quanto tu hai scritto per tua figlia. Vorrei farti sapere come da Italiano ed ancor prima da essere umano sono estremamente dispiaciuto per il male che avete tutti voi dovuto subire e continuate a portarne il peso dignitosamente e a testa alta. Dai pochi racconti che ho sempre letto o sentito e visto in tv deve essere stato atroce perdere un papà in questo modo.....abbandonato dalla, forse, involontarietà e cecità dello stato. Sì, qualcuno potrà dire "lo stato siamo noi", ed è forse per questo che mi sento vicino a te caro Manfredi.
    Quando tu scrivi nelle tue ultime frasi della lettera ".....farvi vivere in un mondo migliore dove chi svolge (e bene) il proprio dovere, sia esso di magistrato, poliziotto, maestro o sacerdote, non debba mai più temere per la sua vita e quella dei suoi familiari", vorrei farmi sentire e dirti per rafforzare le tue parole, che anche persone semplici come me che ho 44 anni e lavoro da 22 anni nell'industria, anche qui caro Manfredi si vedono cose che tuo papà combatteva, proprio come io o quelli come te e moltissime altre persone (spero) combattono tutti i giorni. La mafia(inteso come gruppi di persone organizzate che svolgono azioni contro le persone per bene per trarne profitto) purtroppo esiste eccome....sempre di più. Anche io a volte ho avuto paura per me e la mia famiglia. Potevo scegliere se stare dalla parte dei buoni o dei cattivi, ma l'insegnamento dei miei genitori è sempre stato quello di essere leali con gli altri, buoni, onesti, in quel modo una persona potrà sempre camminare a testa alta e potrà sempre dire dentro di se, di aver fatto del bene per cercare di cambiare le cose. Abbiamo bisogno di persone come era tuo papà, tu, tutta la tua famiglia e tante persone che pensano che la mafia si può sconfiggere, ma i primi a fare qualcosa dobbiamo essere noi nel nostro piccolo, nelle azioni nei gesti, nei pensieri di tutti i giorni. Scusatemi se vi ho annoiato.

    Saluti.
    Ezio

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