domenica 14 aprile 2019

Passione per l'umanità ...

Caravaggio: Flagellazione di Cristo (1607/8) - Napoli
     Avremmo bisogno delle più belle rappresentazioni dei più grandi artisti, per potere entrare nell’atmosfera di questa narrazione con la quale i più grandi pittori, scultori cristiani  - e anche laici - si sono voluti confrontare nella percezione che, in quest’evento della morte e del crocefisso, c’è qualcosa di misterioso che ci lascia sospesi tra cielo e terra, come la croce innalzata. 
         E avvertiamo che c’è una passione misteriosa che ci riguarda, una condivisione che ci viene facile fare nostra. E la seconda lettura ci ha dato la chiave per entrare in questo mistero che ci avvolge: è un inno tra i più antichi che siano stati composti dai cristiani, recepito nella Lettera agli Efesini: Cristo, pur essendo di natura divina, non si è presentato a noi in forma divina, ma in forma di servo, paziente, che lava i piedi, che sceglie l’ultimo posto, che vuole togliere il peso dalle spalle di tutti. 
        Anche il mito antico aveva immaginato qualcosa del genere, vi ricordate Atlante che porta il peso del mondo …  Ma solo Dio può fare tutto questo. E lo fa proprio perché patisce, soffre, di una passione per la nostra umanità L’ideale greco era stato l’atarassia, l’impassibilità, raggiungere questo stato d’animo dell’imperturbabilità di fronte alla vita. E, con l’ideale greco, anche l’ideale di alcuni rispettabilissimi percorsi religiosi.
           Ma l’ideale del cristiano è la passione di nostro Signore per noi. Dio è ‘patito’ per la nostra umanità, Dio è visceralmente preso dalla nostra umanità … E farebbe l’impossibile per evitarci di soffrire, come ogni Padre e Madre desiderano per i propri figli. E ancor più di noi, Gesù vuole assorbire tutta la sofferenza in sé perché vuole liberarcene: vorrebbe rendere più leggera, più sopportabile la nostra vita.
          E il perché è nascosto nel cuore di Dio, nel suo amore per noi, che lo rende capace di tutto questo. E qui gli artisti hanno avuto la difficoltà a dare forma a ciò che viene intravisto dalla persona di Gesù: l’amore infinito di Dio stesso per noi.
          Ed è l’amore che fa fare cose impossibili. E allora, care sorelle e fratelli, celebriamola così la passione del Signore: facciamola nostra questa passione, quest’amore, questo desiderio di togliere sofferenza, pesi, dalla vita degli altri. Non perché ci piace soffrire, no, non è bello soffrire per nessuno. 
          E non coltiviamo sofferenza, come se la sofferenza fosse salvifica. Non lo è. E’ salvifico solo l’amore, che rende capaci di sopportare anche sofferenza. Ed è a quest’amore di Dio per noi e con noi che noi vogliamo attingere, in questa santa settimana per ri-orientare i nostri sentimenti, i nostri pensieri, le nostre scelte, le nostre valutazioni sulla vita. (...)

(omelia pronunciata da don Cosimo Scordato il 14.4.19 nella chiesa di san Francesco Saverio a Palermo: eventuali errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)

(dalla pag. FB di Agata Pisana, che ringrazio, uno stralcio dell’omelia di p.Giovanni Salonia:
“Siamo travolti dalla vitalità dell’uomo morto: sono venti secoli che Lui ci parla! Si sentono forti, uniti i Giudei: loro hanno la sensazione di fare la cosa giusta e sembra non si accorgano nemmeno che stanno invocando un delitto. Caifa lo aveva detto: è meglio che muoia uno solo. Sono entrati nell’orgoglio e la loro preoccupazione ormai è solo che non accada che non hanno ragione e siano folla. Paradossalmente, è proprio questo che li rende folla.
Ma dove c’è Dio non c’è folla, perché chi ama chiama per nome, ad uno ad uno. Qualcuno che è rimasto indenne della folla resta sconvolto: gli uomini stanno uccidendo Dio! Lo provocano, gli chiedono di dimostrare che è Dio, ma Cristo è il Dio dell’amore e diventa al contrario il loro avvocato: Padre, perdona loro… Questo è Dio, il nostro Dio! Non è colui che risolve le nostre questioni e ci toglie i problemi, non è colui che ci fa scendere dalle nostre croci! No: è colui che ci ama e non ci abbandona anche se siamo sulla croce. Padre, perdona loro… Cristo anche sulla croce continua a dialogare col Padre, a sentirlo vicino, e questo ci insegna a fare: sentire sempre Dio vicino e continuare a parlare con Lui. Sempre, perché Lui ci parla, sempre. [...]
Ed è bello che alla fine della vita il corpo di Cristo morto trova un altro Giuseppe che se ne prende cura e che lo depone nel sepolcro. Giuseppe lo aveva accolto e cresciuto e ora un Giuseppe se ne occupa. Si ricompone così quasi la famiglia di Nazareth: Maria, Giuseppe e Gesù... la scena più bella di questa vita, la scena più bella della storia”.


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