Claude Monet Ninfee rosa (1898) |
"Ho sempre avuto la sensazione scomoda e stupefacente di non sapere niente. A scuola mi sembrava che, anche studiando qualcosa, le lacune aumentassero a dismisura, fino a farmi smettere anche solo di provare a colmarle. Restavo allibita dal non sapere.
Lo stesso poi con la letteratura e la poesia: più leggevo, e più mi sfuggiva tutto di mano.
Imparando a meditare, sono entrata in familiarità lentamente, lentamente, con il non sapere. Mi accorgevo che meno sapevo più sperimentavo. E più tardi, cercando di passare agli altri la pratica della meditazione, mi sono accorta di come chi sa o crede di sapere molto sperimenta solo esperienze di seconda o di centesima mano, non è mai in intimità con niente, non trema davanti al non conosciuto e non si inoltra. Perché il sapere dell’esperienza non si può accumulare, l’esperienza inganna come tutto il resto, se credi di poterla ripetere quando ti addentri nei territori del non conosciuto. Non ci sono primi della classe, né esperti, né Maestri, se non quelli che ti spingono a conoscere in prima persona, a ferirti e medicarti, e al massimo ti preparano bende e cerotti per quando sosti un momento e li guardi disperato negli occhi: la disperazione dei cani quando non capiscono i nostri comportamenti discontinui. In ognuno di noi c’è un cane spaventato dalla discontinuità dell’esperienza.
Una buona pratica, preliminare a qualunque altra, è la pratica della meraviglia, Esercitarsi a non sapere e a meravigliarsi. Guardarsi attorno e lasciare andare il concetto di albero, strada, casa, mare e guardare con sguardo che ignora il risaputo e vede ora…
La pratica della meraviglia è una pratica che cura anche il cuore più ferito della terra.
Si può andare a trovare un piccolissimo pezzo di prato, un pizzico di prato c’è sempre, anche in città. E guardare. A lungo. Si apre un universo minimo. Infinite vicende, mutamenti, arrivi, partenze forme sempre più piccole man mano che lo sguardo si limita a vedere. Esercitare la meraviglia cura il cuore malato che ha potuto esercitare solo la paura."
Chandra Candiani Questo immenso non sapere Einaudi, Torino, 2021
La pratica dello stupore e della meraviglia è la sana e diretta conseguenza della presa di coscienza del non sapere. E ci permette di vivere in grazia divina, facendo tesoro di mille bellezze e altrettante conoscenze, di belle persone e concetti che arricchiscono, rimanendo sempre con i piedi per terra e l'occhio e la mente curiosi, pronti a ribaltare le proprie credenze e i propri grezzi convincimenti.
RispondiElimina@Franco: il tuo commento è così bello che lo copio e lo metto in archivio. Grazie.
EliminaBellissime parole per splendidi concetti. La frase finale di questo stralcio del libro è sublime.
RispondiElimina@Daniele: il testo di Chandra è davvero sublime. Grazie per l'apprezzamento! Buona giornata.
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