G.Klimt: L'albero della vita |
"Il pacifismo attivo si muove in tre dimensioni a seconda che cerchi la soluzione al proprio problema – eliminazione della guerra e instaurazione di una pace perpetua – agendo o sui mezzi o sulle istituzioni o sugli uomini.
Si può parlare di un pacifismo strumentale nel primo caso, istituzionale, nel secondo, finalistico nel terzo.
Nel pacifismo strumentale conviene distinguere due momenti: il primo momento è rappresentato dallo sforzo per distruggere le armi o almeno per ridurne al minimo la quantità e la pericolosità; il secondo momento è rappresentato da tutti i tentativi compiuti allo scopo di sostituire i mezzi violenti con mezzi non violenti. (…) Il primo momento si esprime nella teoria e nella pratica del disarmo; il secondo nella teoria e nella pratica della nonviolenza.
La politica del disarmo rappresenta il pacifismo attivo nella sua forma teoricamente più elementare e praticamente più moderata: (…) si limita (…) a dare l’ostracismo agli strumenti che rendono possibili le conseguenze nefaste della guerra e fanno della guerra un evento deprecabile. (…)
Le teorie della nonviolenza stanno diventando sempre più importanti nella società contemporanea; su di esse occorrerebbe un discorso molto più lungo di quello qui consentito. (…)
Ciò che caratterizza la nonviolenza dei gruppi nonviolenti è l’uso di mezzi nonviolenti anche quando le teorie tradizionali giustificano l’uso della guerra, ovvero l’uso di mezzi nonviolenti in sostituzione dei mezzi violenti, anche nel caso in cui sembra che di questi non si possa assolutamente fare a meno, e pertanto siano moralmente giustificabili. (…)
Non si sottolineerà mai abbastanza l’importanza attuale della teoria e della pratica della nonviolenza attiva. In un mondo in cui l’accresciuta potenza degli apparati statali sembra non lasciare di fronte ad un regime tirannico altra alternativa che quella dell’obbedienza passiva o del sacrificio, l’invenzione, l’applicazione e la verificazione di tecniche della nonviolenza possono aprire nuove vie alle lotte per la libertà.
Se l’etica della nonviolenza è antica, le tecniche per rendere efficace la nonviolenza, per fare della nonviolenza un atteggiamento proprio non solo di un’etica dell’intenzione, ma anche di un’etica della responsabilità, sono recenti, tanto recenti che non ci è dato ancora conoscerne i possibili sviluppi.
La nonviolenza attiva è una strada aperta verso l’avvenire, anche nei rapporti internazionali: dove l’antica tecnica per la risoluzione delle controversie tra stati, la guerra, può condurre allo sterminio indiscriminato e appare sempre più improduttiva, l’invenzione di nuove tecniche non cruente per piegare i superbi o per scoraggiare i temerari (…) appare come una delle forme più alte della saggezza e dell’intelligenza umane.
Norberto Bobbio: Il problema della guerra e le vie dalla pace, Bologna, Il Mulino, 1984, pp.79/83
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