sabato 1 luglio 2023

Parlare ai morti perchè ascoltino i vivi...

Giuliana Saladino
        "Il combinato disposto – diciamo, più semplicemente, la somma – d’ignoranza linguistica e  d’ignoranza storica (delle quali gli italiani soffriamo meno di altre popolazioni industrializzate, comunque in misura spaventosa) sta producendo effetti che sono sotto gli occhi di chiunque: viviamo tragedie eclatanti (dalle stragi dei migranti alla guerra fra Russia e Ucraina) e crisi striscianti (lo smantellamento, mattoncino per mattoncino, di quel tanto di Repubblica democratica e di “stato sociale” che – non senza lacune e inadempienze – eravamo riusciti faticosamente a costruire dal Secondo dopoguerra agli inizi degli anni Ottanta del XX secolo) come zombi oscillanti fra la veglia della vita e il sonno della morte.

Se questo quadro è sostanzialmente realistico, vedrei due scenari principali per il futuro: o ci si chiederà come l’umanità del terzo millennio abbia potuto attraversare questa fase di cecità autolesionistica oppure il degrado intellettuale e morale avrà raggiunto il livello zero (ammesso che esisterà, nonostante il suicidio ecologico e bellico, ancora una specie sapiens sapiens).

Per scongiurare tali possibili scenari, è evidente che si debbano moltiplicare – qui e adesso – gli sforzi per alfabetizzare le maggioranze dopate e per evocare squarci significativi del nostro passato. 

Due terapie sinergiche 

            Per quanto riguarda il primo obiettivo (l’alfabetizzazione linguistica) non si tratta di moltiplicare la quantità dei testi da leggere – infatti non è vero, come si sente ripetere, che la gente non legge più – bensì la qualità. La gente legge oggi come mai nella storia dell’umanità: ma legge manifesti pubblicitari, post su facebook, giornali e riviste on line, e-mail e whatsapp; dunque legge di tutto senza possedere criteri di giudizio su ciò che legge. Gli studenti preparano una “tesina” con pezzi trovati in rete, ma senza preoccuparsi di specificarne la fonte: così la citazione dalla conferenza di un premio Nobel per la medicina finisce, intrecciata con l’opinione sul cancro del bottegaio all’angolo, in «una notte grigia in cui tutte le vacche sono grigie» (per parafrasare Hegel in polemica con Schelling).   
       Dunque, dovremmo invitare (un po’ controcorrente) i giovani a leggere di meno: a una sorta di digiuno, o almeno di dieta, letteraria. Ma di concentrarsi su testi significativi, possibilmente belli, suggeriti da qualche persona adulta di loro fiducia. Poi, quando si saranno disintossicati dalla spazzatura – o anche da ciò che, pur non essendo dannoso, è superfluo – potranno navigare da soli nell’oceano dei testi scritti. E diventare, a loro volta, garanti (provvisori) delle generazioni successive.
Non minore attenzione esige il perseguimento del secondo obiettivo (la memoria di ciò che del passato merita di essere ricordato o perché terribile o perché esemplare). Ci sono, pur tra prodotti poco interessanti, film e documentari che riescono efficacemente a ricostruire epoche storiche, vicende, personaggi. Ma è importante – a mio sommesso avviso – che il recupero della memoria storica avvenga anche attraverso pagine scritte, più adatte del linguaggio visivo a cogliere dettagli analitici e a suscitare pause di riflessione e valutazioni critiche.
      Pagine di questo genere dovrebbero, comunque, possedere una certa attrattiva estetica, in difetto della quale producono la noia e la disaffezione che ben conosciamo noi fruitori di manuali scolastici e di monografie accademiche. Per fortuna il Novecento (come il secolo in cui ci troviamo) ci ha regalato volumi seri e gradevoli al tempo stesso, come – per non aprire un elenco lunghissimo – Il secolo breve di Erich Hobsbawm: volumi che non ci raccontano tutti gli avvenimenti degni di memoria, ma ci accendono il desiderio di conoscerli. 

Lettere dall’aldiquà 

Di sintesi potenti e attraenti come i volumi di un Hobsbawm non tutti siamo capaci. Ma possiamo dare una mano all’intento, inscindibilmente didattico e politico, di colmare – almeno in parte – le amnesie collettive sperimentando altri generi letterari. È il caso di Maria D’Asaro che, da molti anni, ha avvertito l’esigenza interiore di scrivere “lettere” a protagonisti della vita civile nazionale (e non solo) che, in questi giorni, ha deciso di raccogliere in un unico volume: Una sedia nell’aldilà (Diogene Multimedia, Bologna 2023).

 A siciliani (più o meno… illustri) 

Lascio alla curiosità del lettore le ragioni dell’insolito titolo e passo direttamente a qualche assaggio delle dodici “lettere” (alcune delle quali già edite in riviste o in volumi curati da altri). Nel ripercorrerle, seguo l’andamento centrifugo: parto dalla provincia di Palermo – la città dell’autrice – per allargare lo sguardo sulla Sicilia, poi sull’Italia e infine, anche oltre. La missiva che apre il volume è indirizzata a un giovane adulto che è vissuto, ed è morto assassinato, a poche decine di chilometri dal capoluogo regionale: (continua su Dialoghi mediterranei



Augusto Cavadi (Dialoghi mediterranei)

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