Palermo – I media ne parlano poco: pochi sanno infatti che il 12 luglio prossimo il Parlamento europeo sarà chiamato ad esprimersi sulla Nature Restoration Law, l’iniziativa legislativa su un parziale ripristino degli habitat naturali nei paesi dell’Unione.
Approvata sul filo di lana lo scorso 22 giugno in Commissione, la proposta legislativa ha lo scopo ambizioso di ripristinare entro il 2030 almeno il 20% delle superfici terrestri e acquatiche degli Stati dell’Unione, con estensione della tutela, entro il 2050, a tutti gli ecosistemi bisognosi di recupero, con obiettivi giuridicamente vincolanti. La tutela ambientale riguarderà non solo le aree protette, ma tutti gli ecosistemi, compresi i terreni agricoli e le aree urbane.
Trentuno anni dopo la direttiva Habitat del 1992, la proposta di legge fa parte della Strategia per la Biodiversità che l’Europa intende portare avanti da qui al 2030. Se sarà approvata, si tratterà di 'una pietra miliare' nella storia della legislazione europea su ecosistemi e biodiversità e porrà le basi affinché l’Unione Europea svolga un ruolo significativo ai negoziati sul “Global Biodiversity Framework post-2020” che si terrà alla COP 15 (Convenzione sulla biodiversità), in programma a Montréal il prossimo dicembre.
La proposta contiene obiettivi a medio e a lungo termine per diversi habitat (foreste, ecosistemi agricoli, aree urbane, fiumi, mari), che danno priorità agli ecosistemi con il maggior potenziale di rimozione e stoccaggio del carbonio e permettono la prevenzione e/o la riduzione dell'impatto di eventi estremi.
Si segnalano, in particolare, quattro obiettivi specifici: garantire entro il 2030, da parte di tutti gli Stati, che non vi sia alcuna perdita netta di spazio verde urbano e incrementarne successivamente la superficie totale nazionale (del 3% entro il 2040 e del 5% entro il 2050) perché ogni città o paese possa godere di almeno il 10% di copertura arborea; entro il 2030 raggiungere l'obiettivo di 25mila chilometri di fiumi a libero scorrimento, rimuovendo ostacoli come dighe e barriere di vario tipo; progettare un aumento complessivo della biodiversità in foreste ed ecosistemi agricoli con particolare riferimento a farfalle e volatili selvatici; invertire entro il 2030 il calo delle popolazioni di insetti impollinatori (api, bombi), per tornare a farle crescere negli anni successivi.
“Per la gente, il clima e il pianeta”, questo lo slogan della presentazione della proposta di legge. La Commissione ritiene infatti che la legge favorirà il conseguimento degli obiettivi climatici europei.
Ripristinare gli ecosistemi naturali è una misura necessaria anche per il raggiungimento dei target climatici mondiali, europei e nazionali: gli ultimi report del’IPCC, principale organismo scientifico internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, (Intergovernmental Panel on Climate Change, Gruppo intergovernativo sul Cambiamento climatico) mostrano infatti che, senza provvedimenti e azioni di ripristino naturale su larga scala, l’Europa sarà sempre più spesso soggetta ad eventi catastrofici, come quelli accaduti recentemente in Italia, in Emilia-Romagna e nelle Marche.
Inoltre, recuperare l’ecosistema migliorerebbe anche la sicurezza alimentare, con un incremento della produttività agricola e conseguente maggiore indipendenza strategica. Si avranno infine impatti positivi sulla salute e sul benessere dei cittadini.
E il rapporto costi/benefici sarà a medio termine assai favorevole: si stima che ogni euro speso in ripristino del territorio porterà un ritorno economico da 8 a 38 euro.
“I cittadini europei sono stati chiari: vogliono che l’Unione Europea si impegni concretamente in favore della natura e la riporti nelle loro vite. Gli scienziati sono stati altrettanto chiari: non c'è tempo da perdere, la finestra d'azione si sta chiudendo. Ed è chiaro anche il risvolto economico: per ogni euro speso per il ripristino, ne guadagneremo almeno otto” – ha dichiarato Virginijus Sinkevicius, Commissario europeo per l’ambiente, gli oceani e la pesca. Per sostenere il pacchetto, saranno stanziati ingenti finanziamenti, circa 100 miliardi di euro.
Inoltre, il provvedimento proposto è un regolamento e quindi, a differenza di una direttiva, se adottato dagli Organi comunitari, entrerà subito in vigore negli Stati membri. In secondo luogo, il raggiungimento degli obiettivi fissati in questa normativa, sarà giuridicamente vincolante per gli Stati membri. Entro due anni dal completamento dell’iter legislativo, gli Stati avranno l’obbligo di adottare dei Piani nazionali di Ripristino, da sottoporre al controllo della Commissione, inviando rapporti annuali sui progressi e l’attuazione delle misure previste. In caso di mancato rispetto degli obiettivi prefissati, gli Stati potrebbero essere esposti ad azione legale.
Comunque, agli Stati membri viene lasciato un ampio margine di manovra per decidere le migliori misure interne per il raggiungimento dei target, da esplicitare nei Piani Nazionali. Ogni area geografica presenta infatti caratteristiche diverse e sarebbe impossibile, da parte di Bruxelles, fornire indicazioni valide per tutte le nazioni.
Con tali premesse, l’approvazione della legge dovrebbe essere immediata e largamente condivisa. Purtroppo, non è così. Nonostante più di 3300 scienziati europei e persino alcune grandi imprese la sostengano con convinzione, gli europarlamentari sono divisi.
Ci sono infatti pareri non favorevoli e musi lunghi da parte di alcuni governi nazionali e da organizzazioni ambientaliste: “Riteniamo che bisogna essere più ambiziosi - ha spiegato Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente - Consideriamo il testo approvato dal Consiglio insufficiente perché, nella ricerca di stabilire un equilibrio politico e contrastare la disinformazione diffusa dei partiti di destra e dalla lobby dell’agricoltura e della pesca, garantisce troppa flessibilità per gli Stati membri nell’attuazione del regolamento”. Al contrario, il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha giustificato così la contrarietà del Governo italiano: “La proposta di regolamento per il ripristino della natura non assicura un adeguato bilanciamento tra obiettivi, fattibilità e rischi: non possiamo permetterci che non sia applicabile, efficace e sostenibile da tutte le categorie interessate, tra cui agricoltura e pesca”.
Tali opposti dinieghi dimostrano forse che si è sulla strada giusta: alle associazioni si può obiettare che l’ottimo è nemico del bene; ai governi si rammenta che la politica non deve barattare il piatto di lenticchie del consenso immediato con l’obiettivo irrinunciabile di un futuro vivibile per figli, nipoti e pronipoti…
Maria D'Asaro, 9.7.23, il Punto Quotidiano
Purtroppo parliamo di gocce nell'oceano (inquinato sempre più..) e soprattutto con scadenze bibliche che riguarderanno forse i nostri nipoti. Forse.
RispondiEliminaLa situazione è veramente drammatica.
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