Caro tre P,
chissà che effetto ti fa da lassù la miriade di commemorazioni che ti vede protagonista… Forse ti inducono a un sorriso indulgente, affettuoso e magari un po' triste, visto che – come emerge dall’ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia - Cosa nostra a Palermo è sempre più impegnata ad attrarre i giovani per ampliare la sua manovalanza criminale.
Oggi, anniversario insieme del tuo compleanno e del tuo assassinio, ti fischieranno le grandi orecchie per le tante parole a te dedicate. Ogni persona che ti ha conosciuto vuole dire qualcosa su di te. Qualche anno fa, in occasione della ricorrenza del 15 settembre e per la tua beatificazione, il 25 maggio 2013, ho scritto qualcosa persino io, prendendo anche una solenne cantonata: ho scritto che utilizzavi le canzoni di Battiato negli incontri con i giovani, facendo loro ascoltare La cura. Sono stata prontamente – e giustamente – ripresa dalla cara Rosaria Lo Cascio che sottolineava l’inesattezza della citazione, visto che la canzone è uscita nel 1996 mentre tu sei stato ucciso nel 1993… Il buon Pino Paliaga ci ha messo una pezza affermando che era vero che ti piaceva Battiato, ma erano altre le canzoni che facevi ascoltare, ad esempio Un oceano di silenzio…
Caro don Pino, scusa la digressione canora: un modo forse banale per dire che da morto sei mancato immensamente a tutte le persone che ti hanno conosciuto e apprezzato e anche a quelle che, come me, non hanno avuto la fortuna di conoscerti.
Eppure eravamo davvero vicini di casa: tu eri parroco a Brancaccio, un chilometro in linea d’aria da casa mia. Ma io in quegli anni ero un’affezionata frequentatrice della chiesa di san Francesco Saverio, innamorata delle omelie e dall'esempio pastorale di don Cosimo Scordato.
E proprio don Cosimo, assieme ad Augusto Cavadi, entrambi tuoi conoscenti ed estimatori prima in vita e poi post mortem, qualche giorno fa hanno presentato un libro che parlava di te.
Ho l’ardire di pensare che saresti stato contento di ascoltarli dal vivo perché, a mio sommesso avviso, hanno detto parole che avresti apprezzato: hanno entrambi ribadito che tu non devi diventare un’immaginetta, un santino da tenere sul comodino. Don Cosimo ha ribadito che, sul tuo esempio, la Chiesa non può limitarsi a rendere servizi religiosi, ma deve costruire risposte comunitarie ai problemi sociali, risposte che abbiano come faro il Vangelo.
Alla giornalista Alessandra Turrisi che gli chiedeva il senso del tuo essere stato proclamato beato e martire dalla Chiesa cattolica, guardando lontano, verso Cielo e Terra nuovi, don Cosimo rispondeva che il Vangelo ci invita a essere Beati in vita praticando le Beatitudini: beati i miti, beati i misericordiosi, beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, beati i poveri, beati gli operatori di pace… Essere proclamati beati dopo ha un senso relativo… Aggiungeva comunque che tu beato c’eri di fatto appunto perché le Beatitudini le hai incarnate da vivo: perché sono le Beatitudini l’essenza e lo specifico del Vangelo.
E, ha aggiunto don Cosimo, le Beatitudini si sostanziano nel dono di se stessi: dono naturale e soprannaturale insieme.
Anche Augusto Cavadi ha detto cose che riterresti sacrosante: se le parrocchie fossero davvero incentrate sullo spirito autentico della Buona novella evangelica e non vi circolasse né potere né denaro né ipocrisia, non sarebbe necessaria la scomunica per i mafiosi… non vi metterebbero piede perché incompatibili con la cultura e la prassi evangeliche.
E Augusto, a proposito del tuo assassinio, ha parlato di mandanti inconsapevoli, purtroppo anche dentro la chiesa: tutti quelli, preti e non, che si sono mantenuti equidistanti in un certo senso tra mafia e antimafia. Si legge infatti nel risvolto di copertina del loro libro: “La mafia ha rispettato la Chiesa nella misura in cui essa non ha messo in discussione il suo controllo del territorio ed il prete si è fatto ‘affiziu du parrinu’ (l’ufficio del prete), tutto casa e chiesa, promotore di processioni, che ‘campa e fa campari’.
Ma don Pino è venuto allo scoperto, ha scelto di uscire dalla sagrestia e di vivere fino in fondo i problemi, i rischi, le speranze della sua gente.
Alle spalle di ogni cadavere vittima di mafia si cercano giustamente gli esecutori materiali e i mandanti. Ma ogni delitto di mafia ha una terza categoria di colpevoli: i mandanti inconsapevoli, una categoria sociologica fatta da tutte le persone che per non correre rischi personali preferiscono vivere nel ‘puzzo del compromesso."
Ma tu, caro don Pino, tutto questo lo sapevi già…
Sorridici ancora e sostienici da lassù: la strada verso la liberazione dalla prepotenza mafiosa è ancora lunga… continua a far aleggiare tra noi il tuo spirito di pace e di giustizia.
Maria D'Asaro
Augusto Cavadi/Cosimo Scordato: Padre Pino Puglisi Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2023
Le belle foto sono di Sandro Riotta, che ringrazio.
Un esempio di cristiano vero. Fatti e non chiacchiere.
RispondiEliminaUna prepotenza e un disfattismo che sembrano non avere fine. Fatti e non chiacchiere, ha ragione Gus. Siamo in tutti a invocarli i fatti, a chiacchiere.
RispondiEliminap.s. sul mio prossimo post occasione di riflessione grazie ad una citazione del tuo bellissimo libro, Una sedia nell'Aldilà ;)
Sempre un piacere leggerti Maria cara
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