Niccolò Gallo |
“Era un uomo silenzioso e solitario. Aveva però un numero sterminato di amici. Ognuno di questi amici si sentiva ospitato nella sua solitudine. Egli amava la solitudine non perché fosse ostile alla gente ma perché amava la penombra del suo pensiero.
La sua era una solitudine del tutto destituita di orgoglio. Era perciò disarmata e veniva continuamente sopraffatta. Era una solitudine continuamente assediata e invasa dal prossimo. (…) A volte poteva succedere di incontrarlo in qualche sala affollata. Sembrava trovarsi là per caso e per mansuetudine. Stava là solitario benché gli amici lo circondassero. Il suo lungo volto assorto ricordava il volto assorto e mansueto del suo cane.
Credo che egli non scegliesse i suoi amici, erano loro che l’avevano scelto. Essendo stato scelto, dava agli amici il suo silenzio, la sua attenzione, il suo sorriso di assenso. Questo era per gli amici un aiuto incalcolabile. Le persone si sentivano raggiunte nella zona più segreta del loro essere. Si sentivano raggiunte nel punto migliore dello spirito, là dove ognuno custodisce le sue angosce e sventure.
Senza dire nulla o quasi nulla, egli assentiva alle sventure del prossimo e ne divideva lo strazio. (…)
Quando scrivevamo un romanzo, desideravamo ardentemente darglielo da leggere. Eravamo però trattenuti dall’idea che lui aveva sempre tanti impegni e scadenze e che poi doveva essere stanchissimo di leggere e dare giudizi. (…) Quando infine gli davamo da leggere qualcosa che avevamo scritto, naturalmente gli chiedevamo di dirci il vero. Nello stesso tempo capivamo che lui avrebbe sofferto nel dire il vero, se dire il vero significava colpire e ferire.
Le sue risposte di giudizio erano un sorriso a volte sofferente, a volte radioso. Bisognava riconoscere il suo pensiero nella qualità del suo sorriso. Ma il suo sorriso e le sue poche sillabe di giudizio erano per noi di aiuto. Essi non ci lasciavano mai confusi e umiliati. Questo perché sentivamo che in lui, di là dallo schermo della gentilezza e del desiderio di non fare del male ad anima viva, soggiornava, inesorabile e senza illusioni, la verità su di noi. Vedevamo riflessa nel suo pensiero la nostra immagine reale. Tale visione era corroborante come è corroborante e amara ogni visione del vero. Perciò portavamo a casa le sue poche sillabe sentendoci più limpidi e più forti.” (…)
Natalia Ginzburg Vita immaginaria (a cura di Domenico Scarpa) Einaudi, Torino, 2021, pp.21,22
(Amo Natalia Ginzburg. Qui fa un ritratto del critico letterario, Niccolò Gallo. Ho scoperto questa sua ulteriore raccolta (grazie di cuore a Domenico Scarpa che ne ha curato la riedizione) e me la sto centellinando per gustarla piano piano, perché il sapore speciale della scrittura di Natalia - umanissima, viscerale e pensante - mi faccia il più possibile compagnia.)
Assolutamente meraviglioso.
RispondiElimina@Enzo: Natalia è grandissima... grazie della visita e del commento.
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