mercoledì 8 ottobre 2025

Siamo sorelle e fratelli in una casa comune...

Marc Chagall: La vie (1964)
      

In quest’articolo di Michele Serra si riconosce la sua antica lucidità intellettuale, condita da un prezioso afflato umanistico. Ringrazio Massimo Messina che lo ha condiviso.
         Siamo figli delle stelle, fratelli e sorelle in un pianetino splendido e martoriato. Abbiamo una breve esistenza umana: non siamo qui per ammazzarci in nome di nefasti proclami nazionalistici. 
     E questo vale per tutti. Innanzitutto per i capoccia americani, israeliani e russi. E per il terrorismo di Hamas.



Perché l’umanità deve resistere

"Nell’Assemblea del Mondo (per quanto consunta e depotenziata, questa, non altro, è l’Onu), Bibi Netanyahu ha parlato come un capotribù. Come se il contesto fosse ininfluente, liquidata per sempre l’idea che esistano interessi sovranazionali, che i diritti umani, per definizione, siano umani e dunque di tutti, che in quel luogo si vada, fino dalla sua fondazione, per tentare — almeno tentare! — di mediare i conflitti e sedare l’odio.
    Come pochi giorni fa ha dimostrato un altro capotribù, quello molto più grosso di lui, Donald Trump, all’Onu non si va per parlare con il Mondo, ma per sfidarlo a muso duro.
Per offenderlo oppure deriderlo, farlo sentire una zavorra di ciance e illusioni, declassarlo a vecchio impiccio ideologico, a ricatto ipocrita, niente che possa fare arretrare la Nazione, unico vero soggetto autorizzato all’azione (e alla guerra) perché munito di un’etica antica e riconoscibile: la Grande Israele, la Grande America, la Grande Russia, ecco il vento del terzo millennio.
    Il resto — il multilateralismo, la pace come destino morale sovra-ideologico dopo secoli di guerra e di sterminio, la gestione sovranazionale della lotta alle malattie e alla e fame — è cianfrusaglia novecentesca. L’umanità non esiste più. Esiste solo la Nazione.
I banchi vuoti per più della metà erano già un segno: il segno di una fuoruscita ormai di massa dalla sopportazione reciproca. Lo show di Bibi aveva la modestia, immediatamente riconoscibile, della propaganda politica, e nello specifico della propaganda bellica: per uscirne, dalla propaganda, bisognerebbe alzare lo sguardo, sconfinare anche di pochi chilometri dalle proprie mura, capire che il dolore altrui vale il proprio e il sangue altrui non lava il proprio; nemmeno se in proporzione cento a uno, cento litri per ogni litro, cento bambini per ogni bambino, traguardo ormai alla portata di Bibi.
     Non è vero, non è per niente vero che «tutti si sono dimenticati del 7 ottobre». Nel florilegio di menzogne di Netanyahu, è forse la più sconcia. La lagna ombelicale di Bibi, identica a quella di tutti i boss nazionalisti, tende a far credere che il proprio lutto, la propria tragedia, sia incompresa dal Mondo (cattivo Mondo!) perché il nazionalista è convinto che tutti siano uguali a lui, irosi e meschini come lui, conformi alla sua visione tribale delle cose, dunque incapaci di compiangere alcuno al di fuori del proprio villaggio. Non si capacita che qualcuno consideri orrendo allo stesso modo, diabolico allo stesso modo, il massacro subìto e il massacro inferto. La boria nazionalista è così smisurata da non riconoscere intelligenza in chi si china sui morti senza controllare prima il passaporto, specie i morti bambini, troppo precoci destinatari della catalogazione nazionale, religiosa e ormai neo-razziale che devasta la testa degli adulti, dei capi assatanati e degli attivisti ossessi che hanno come solo obiettivo uccidere per sopravvivere.
    Bibi piazza i suoi megafoni sulla testa piegata del nemico, ostenta all’occhiello il suo predomino tecnologico e manda i suoi sciami di droni a colpire chi pretende di non dividere l’umanità in Nazioni, e va per mare credendo sia vero e rispettato il codice (antico!) della navigazione in acque internazionali. La scala rovesciata dei nazionalisti (la Nazione è smisuratamente più importante del Mondo, pur essendone, obiettivamente, una infima porzione) sta vincendo, forse ha già vinto. Non c’è più niente di credibilmente inter-nazionale. Tutto è solo Nazione. La Nazione mette a riposo la ragione, dispensa dalla fatica di pensare e, non sia mai, di nutrire dubbi non solamente sugli altri, perfino su se stessi: «Il popolo russo non è abituato a pensare» è la frase, annichilente, terminale, che la figlia di Anna Politkovskaya ci ha consegnato pochi anni fa. Chissà in quale percentuale il popolo israeliano, che ha una tradizione millenaria di confutazione e discussione, è ancora nelle condizioni di pensare. E mentre Bibi sciorina all’Onu il suo diario minimo credendolo la Bibbia, un manipolo di gente inerme e senza-Nazione, sulle barche della Flotilla, sa di poter contare solamente sulla propria buona stella.
    Volendo scovare anche dentro una mediocre pagina — il discorso di Netanyahu all’Onu e contro l’Onu — un elemento positivo, quel discorso ci aiuta a mettere a fuoco che il nazionalismo israeliano non è poi così differente dagli altri. Lo valutiamo sempre, come è inevitabile che sia, alla luce della storia orribile di persecuzione e sterminio che gli ebrei hanno subìto. Capiamo a stento come da quella storia di perseguitati possa sortire, sia pure solo in una parte di quel popolo, un simile spirito di persecuzione — e desta incredulità, dolore, scandalo scoprirlo. Ma il nazionalismo è piatto: uguale ovunque, Noi abbiamo ragione, Noi vinceremo, e a indicarci la strada è Dio in persona. Sono fatti con lo stampino, i leader nazionalisti.
     L’attuale governo israeliano non è per niente eccezionale, il suo riduzionismo ottuso e violento (Nazione contro Mondo) è uguale a quello dei capoccia “patriottici” di mezzo pianeta, niente di più niente di meno. È l’altro pezzo di umanità, quello che antepone i diritti umani alla Nazione, la promiscuità alla purezza, dunque la convivenza alla guerra, e il rispetto del vivente, e dei viventi, a tutte le religioni del Libro, a doversi riorganizzare come se si fosse al punto zero. E i discorsi di Trump e Netanyahu all’Onu sono una buona approssimazione di quello che possiamo definire: punto zero."

Michele Serra - la Repubblica 27.09.2025

domenica 5 ottobre 2025

La toponomastica a Palermo: nei nomi storia e identità

      Palermo – Mesi fa, durante una chiacchierata informale con la professoressa Ornella Giambalvo, docente ordinario di Statistica sociale all’Università di Palermo, la scrivente si era mostrata assai interessata alla tipologia dei nomi di vie e strade cittadine. E si domandava se fosse possibile uno studio sistematico al riguardo…
    Poco tempo dopo, con esemplare prontezza, l’amica docente le ha donato un’analisi statistica dal titolo esplicativo “La toponomastica a Palermo: viaggio fra storia, cultura, persone e luoghi che disegnano l’identità della città”, dove la professoressa Giambalvo esordisce scrivendo: “Palermo, con il suo straordinario patrimonio storico e culturale, offre un esempio affascinante di come le stratificazioni linguistiche e le dominazioni succedutesi nei secoli abbiano lasciato traccia nei nomi delle sue strade, piazze e quartieri. Ogni dominazione, infatti, ha lasciato un’impronta nella toponomastica cittadina, rendendola un mosaico di influenze linguistiche e storiche risalenti ai Fenici, ai Punici, al periodo greco e romano, alla dominazione Araba (da cui il nome dell’intero quartiere della Kalsa), o all’epoca Normanna e Sveva o ancora alla dominazione spagnola e moderna.
Fig.1
       Ciascuno di noi, palermitano o turista o semplice cittadino capitato per caso un giorno a Palermo, passeggiando per la città si trova dentro un archivio storico che narra di famiglie, personaggi, luoghi, monumenti, battaglie storiche, virtù, santi ed eroi, martiri, poeti e letterati, e dentro un giardino fatto di fiori, piante, animali.”
      Da questo prezioso studio statistico si evince innanzitutto che i toponimi usati a Palermo sono 5031, di cui 4496 distinti: “128 siti, poco più del 2,5% del totale, soprattutto vie, sono ancora senza nome e identificate da sigle. (…) Quasi la metà dei toponimi è dedicata a personaggi, mentre rispettivamente il 10% e il 9% è dedicata ai luoghi e a persone o luoghi riconducibili alla cristianità. Seguono, in ordine decrescente, le altre categorie.” (Fig.1)
Fig.2
      Viene poi esaminata la distribuzione per tipologia: la categoria dei personaggi, probabilmente sottostimata, rappresenta quasi la metà dei toponimi di Palermo: il 49%.
E qui viene fuori l’evidente squilibrio di genere nella denominazione delle strade e delle piazze: infatti ben il 93% sono figure maschili, spesso sovrani, uomini legati a guerre o alla politica, mentre le donne rappresentano appena il 7% della categoria. 
Si evidenzia poi che la tipologia di personaggi maschili e femminili, all’interno dell’elevato divario di genere, ci consegna tra lo sparuto numero di donne una gran quantità di figure mitologiche, mentre tra gli uomini hanno spazio varie tipologie di professionisti in vari ruoli (medici, ingegneri, letterati) anche se emergono tanti generali e politici. 
Sembrerebbe che per le donne vada meglio se si tratta della titolazione dei viali, ma in realtà i viali a Palermo sono assai pochi e la loro titolazione al femminile non muta i numeri su riportati. 
Lo studio statistico della professoressa Giambalvo ci informa ancora che la prevalenza dei toponimi maschili è confermata anche per quel 9% di vie/strade/vicoli ecc. dedicati a figure o siti religiosi (beati, Santi, vescovi, cardinali, preti, Cristi).
Aggiunge comunque che la percentuale di figure femminili religiose (beate, sante, suore, Madonne) è nettamente superiore a quella dei personaggi femminili “civili” (il 20% di figure religiose femminili contro il 7% di figure ‘civili’ femminili)”. (Fig.2)
Fig.3
       Se si sposta lo sguardo all’intitolazione dei luoghi e monumenti di interesse il divario tra presenze femminili e maschili si attenua leggermente. Intanto dei 141 luoghi e monumenti di interesse (parchi, giardini, ville, villette, sale lettura, ecc.) il 74% si riferisce a persone, il 5% circa a religiosi o luoghi di culto, e il 9,2% a luoghi. La quota mancante comprende personaggi e/o gruppi misti, sia maschili sia femminili. Nel caso di luoghi di interesse dedicati a persone, le figure femminili sono il 15,4% vs. il 77,9% delle figure maschili. (vedi Fig.3)
     Se si va poi ad esaminare la distribuzione per toponimi di genere e quelli senza nomi all’interno delle otto circoscrizioni in cui è suddiviso il capoluogo siciliano, si trova che la settima circoscrizione, l’area più a nord della città, è quella con la maggiore presenza di toponimi femminili, mentre le circoscrizioni seconda e terza (le periferie a sud-est della città) presentano la più alta percentuale di toponimi vuoti o con sigle provvisorie.  (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 5.10.25, il Punto Quotidiano

giovedì 2 ottobre 2025

Nonviolenza, la politica umana e concreta che ci serve...

    Le azioni politiche, se vogliono essere a servizio dell'umanità, devono 'sposare' la nonviolenza.

      Oggi 2 ottobre, giornata internazionale della nonviolenza, non poteva essere data migliore per l'azione nonviolenta della Global Sumud Flotilla.

Ecco quanto scritto su FB dall'amica Alessandra Colonna Romano:

"Continuiamo a sentire da parte della Presidente del Consiglio e da esponenti del suo governo in riferimento ai membri della Flotilla, la parola "irresponsabili". Sfugge come questi "irresponsabili" siano in realtà persone profondamente "responsabili" in quanto, come la radice stessa del termine suggerisce, "rispondono": a cosa? A due anni di massacri nel silenzio dei nostri democratici governi cercando, con la loro azione, di smuovere le coscienze e far sì che chi gestisce le sorti degli Stati isoli Israele nel suo piano  scellerato. Si dimentica che l'orribile e terrificante atto del 7 Ottobre è  stato unanimemente condannato; che quella della Flotilla è  una missione umanitaria,  nonviolenta, che non porta armi e che non vuole e non sarebbe neanche nelle condizioni di difendersi; naviga in acque internazionali e ha l'obiettivo di giungere fino alla costa gazawa, che illegalmente Israele presidia; si dimentica che i membri della Flotilla non vogliono fare gli "eroi", non sono kamikaze, sono uomini e donne che vivono l'entusiasmo dell'impresa ma anche le paure, infatti qualcuno non si è sentito di continuare, verosimilmente per timore (cosa c'è di più umano?). La Flotilla è  una luce che ci ricorda la nostra umanità, che è  tale perché si indigna di fronte allo scempio di vite umane.  Non si può  certo dire che i suoi membri siano  "pacifisti da divano",  altra garbata espressione  usata nei confronti di chi, sin dalla guerra in Ucraina, manifestava contro l'escalation bellicista...Insomma sia che si manifesti pacificamente,  sia che un gruppo trovi il coraggio di mettere i propri corpi e la propria vita in gioco, le alchimie linguistiche dei nostri politici, con i propri giornalisti al seguito,  riescono a ribaltare ogni significato.... Gli uomini e le donne della Flotilla non vanno né derise né  sminuite, tantomeno offese. Vanno rispettate e ringraziate dal profondo.

Da parte nostra sentiamo di sostenerli, sempre e solo secondo modalità pacifiche e   nonviolente, e  'con gli occhi su Gaza', come da loro costantemente ricordato. Il vento sta cambiando.....la politica sarà in grado di farsi interprete di quella parte di mondo che non vuole più né guerre nè armi?"

Sulla nonviolenza, qui:

https://maridasolcare.blogspot.com/2022/10/nonviolenza-lottare-senza-uccidere.html

https://maridasolcare.blogspot.com/2024/10/sofia-daniel-tarteel-e-aisfa-uniti-per.html

https://maridasolcare.blogspot.com/2025/06/e-se-il-rifiuto-della-guerra-fosse-il.html

https://maridasolcare.blogspot.com/2025/06/gentma-presidente-del-consiglio-il.html

https://maridasolcare.blogspot.com/2023/10/pensare-il-nemico-la-voce-di-david.html

Il nostro futuro o sarà nonviolento o non sarà o sarà atroce...

Mentre al Politeama, a Palermo, c'è una mostra di 'mostri' (armi dell'esercito), lo scriviamo con fermezza: gli eserciti, le armi (dal fucile al carro armato all'atomica) sono il problema e non la soluzione.


mercoledì 1 ottobre 2025

Forza Palermo e viva il congiuntivo!

        (Le affezionate lettrici e i cari lettori potrebbero ripetere: Ma comu ti spercia, con le tragedie che stiamo vivendo? Cerco di distrarmi, proprio per non morire di disperazione…)

   Nostra signora segue il calcio da sempre: negli anni ’70 ascoltava Tutto il calcio minuto per minuto, con il mitico Sandro Ciotti (scusa Ameri…) e adorava Gigi Riva. 
    Ora continua a interessarsene per amore dei nipotini Alessandro e Davide, che il calcio lo seguono e lo praticano anche. Così, si tiene al corrente sulle ingloriose vicende della nazionale, sulla Juve e sul Palermo, squadra di casa. Con un’attenzione speciale per il mister di turno: ad esempio, apprezzava Corini per la sua signorilità e perché… non sbagliava una concordanza verbale. Ora stima Pippo Inzaghi che, in una recente intervista, ha detto: “Totò Schillaci è stato il mio idolo… ho avuto modo di conoscerlo ed era assai piacevole andare a trovarlo. Mi sarebbe piaciuto che lui avesse visto che io sto allenando il Palermo…”. Allora, forza Palermo ed evviva Pippo, che porta avanti la nostra squadra ed azzecca persino l’uso del congiuntivo!

Maria D’Asaro

domenica 28 settembre 2025

Charles Boycott, così è nato il boicottaggio

        Palermo – Tutti sanno che il boicottaggio consiste nell’ostacolare l’attività di una persona o di un gruppo di persone, di un’azienda e persino di uno Stato, o per ragioni economiche o perché tale attività non è ritenuta corretta secondo principi etici universali. 
     Meno nota è invece l’origine della parola, collegata al cognome dell’inglese Charles Cunningham Boycott (1832-1897) e alla vicenda storica di cui fu protagonista.
Nel 1880, quando l’agricoltura era la principale attività economica dell’Irlanda, dove allora le terre appartenevano a non più di 10.000 persone (lo 0,2% della popolazione), Boycott amministrava la contea di Mayo, nell’ovest del paese (allora ancora interamente sotto il dominio inglese) per conto di John Crichton. Crichton, conte di Erne, era uno dei tanti ricchi latifondisti “absentee landlord”, che non vivevano nella loro proprietà e non se ne occupavano: la loro terra veniva divisa in piccole fattorie, affittate a contadini. 
     Charles Boycott, ex capitano dell’esercito britannico, aveva il compito di riscuotere gli affitti da fittavoli e mezzadri, dietro compenso del 10% degli incassi. Boycott era un esattore rigido e implacabile, che imponeva sanzioni e rimuoveva privilegi, come quello di impedire a mezzadri ritenuti non meritevoli la raccolta e l’uso di legna da ardere.
   Nell’autunno del 1880, i fittavoli di lord Erne non riuscirono a pagare i loro canoni d’affitto, a causa dello scarso raccolto dell’anno. Chiesero allora a Boycott una riduzione temporanea del 25% del canone. 
     Boycott rispose che (continua su il Punto Quotidiano)


Maria D'Asaro, 28.9.25, il Punto Quotidiano

venerdì 26 settembre 2025

Volontari in carcere: i 25 anni dell'AS.VO.PE.

 

Oggi alle ore 17,30, a Palermo, al teatro Jolly, ingresso libero:



Vi aspettiamo.

(Questo il sito dell'AS.VO.PE.)

E, iniziativa felicemente conclusa, ecco il bel servizio di Dorotea Rizzo (da qui)

e, proprio da l'Altroparlante ecco alcune foto:





mercoledì 24 settembre 2025

A Nino la nostra gratitudine...


Noi, che mettiamo in lavatrice i centrini almeno una volta all’anno
noi, che ci ostiniamo persino a pulire i cassetti
con una quasi metodica periodicità…
noi, che siamo inebriate dal profumo delle tende appena lavate…

Noi ci chiediamo il senso di tutto ciò.
quando si incitano i popoli alla guerra…
quando pietà e misericordia sembrano avere abbandonato il pianeta…
Per questo siamo grate a Nino, imbarcato su una nave della Flotilla…


(Nino Rocca, che conosco e stimo da circa 35 anni, è da sempre impegnato, in modo silenzioso, fattivo e quotidiano, per gli ‘ultimi’: a Palermo è stato attivo all’Albergheria, a fianco della moglie Maria Di Carlo e di don Cosimo Scordato (e di Augusto Cavadi e altri), oggi combatte contro la droga a fianco delle vittime dello spaccio e contro la tratta. 
E’ stato in Ruanda ai tempi della guerra civile tra Hutu eTutsi, in Congo, dove da anni c’è una guerra di cui non si parla, in Brasile a fianco dei meninos de rua, negli anni ’90, quando i ragazzini di strada erano uccisi dagli squadroni della morte, è stato in ex Jugoslavia.
Nino è tutto questo. E anche di più. E’ uno che ha preso sul serio l’invito evangelico “ama il prossimo tuo come te stesso”…)



lunedì 22 settembre 2025

Tu... da dove prendi le energie per "fare ancora"?

    Chi bazzica nel blog sa forse dell’amore sconfinato di chi scrive per Alex Langer (anche qui).
    Alex, nel marzo 1990, si poneva già queste domande (riportate nel testo “Il viaggiatore leggero” scritti 1961-1995, Sellerio, Palermo, 2005):

Cosa ci può realmente motivare?

Cambiare il mondo o salvaguardarlo?

Solidarietà come autocompiacimento?

Abbandonare la radicalità?

Etica della rivoluzione?

Conseguenze della rivoluzione nonviolenta all'est?

Navigare a vista?

Esiste da qualche parte una demarcazione tra amici e nemici?

A chi ci si può affidare?

Esiste un'ascesi che uno aiuta e uno forgia?

Negare sé stessi – credibile o pericoloso (disumano, burocratico, ipocrita)?

Cosa ti dice il sud del mondo? Solo cattiva coscienza?

Perché cercare la salvezza altrove (perché poi dover andare lontano...)?

Vivresti effettivamente come sostieni che si dovrebbe vivere?

Passeresti il tuo tempo con coloro ai quali rivolgi la tua solidarietà?

Professionalità. Potresti vivere anche senza politica?

Altruismo/Egoismo

Quali costanti?

Quali sintesi (per esempio giustizia, pace, salvaguardia del creato)?

Cosa faresti diversamente?

Potenzialità della disobbedienza civile...

Tu che ormai fai il militante da oltre 25 anni e che hai attraversato le esperienze del pacifismo, della sinistra cristiana, del 68 (già da “grande”), dell'estremismo degli anni 70, del sindacato, della solidarietà con il Cile e con l'America Latina, con il Portogallo, con la Palestina, della nuova sinistra, del localismo, del terzomondismo e dell'ecologia – da dove prendi le energie per “fare ancora”?

Caro Alex, se la sera non c’è un abbraccio che ci sostiene e ci consola, siamo più disperati che mai. 
Avevi ragione…
 

domenica 21 settembre 2025

"L'utilità dell'inutile": l'ultima lezione del professore Nuccio Ordine

      Palermo – La riedizione del saggio L’utilità dell’inutile (La nave di Teseo, Milano, 2023) scritto da Nuccio Ordine già nel 2013 e ripubblicato nell’ottobre 2023, pochi mesi dopo la morte improvvisa dell’autore, si può considerare una sorta di suo testamento spirituale.
    Nel testo, infatti, il professore Ordine (che è stato docente ordinario di Letteratura italiana nell’Università della Calabria) nega con forza che sia utile alla società solo ciò che produce profitto: “Esistono saperi fine a sé stessi che – proprio per la loro natura gratuita e disinteressata, lontana da ogni vincolo pratico e commerciale – possono avere un ruolo fondamentale nella coltivazione dello spirito e nella crescita civile e culturale dell’umanità. All’interno di questo contesto, considero utile tutto ciò che ci aiuta a diventare migliori”.
E scrive nell’introduzione: “L’utilità dei saperi inutili si contrappone radicalmente all’utilità dominante che, in nome di un esclusivo interesse economico, sta progressivamente uccidendo la memoria del passato, le discipline umanistiche, le lingue classiche, l’istruzione, la libera ricerca, la fantasia, l’arte, il pensiero critico e l’orizzonte civile che dovrebbe ispirare ogni attività umana. Nell’universo dell’utilitarismo, infatti, un martello vale più di una sinfonia, un coltello più di una poesia, una chiave inglese più di un quadro: perché è facile capire l’efficacia di un utensile mentre è sempre più difficile comprendere a cosa possano servire la musica, la letteratura o l’arte”.
Ancora: “Certo non è facile capire, nel nostro mondo dominato dall’homo oeconomicus, l’utilità dell’inutile e, soprattutto, l’inutilità dell’utile (quanti beni di consumo non necessari ci vengono venduti come indispensabili?). Fa male vedere gli esseri umani, ignari della crescente desertificazione che soffoca lo spirito, consacrati esclusivamente ad accumulare soldi e potere. (…) Fa male vedere uomini e donne impegnati in una folle corsa verso la terra promessa del guadagno, dove tutto ciò che li circonda – la natura, gli oggetti, gli altri esseri umani – non suscita alcun interesse”.
       Il saggio, di gradevole lettura e adatto a ogni genere di pubblico, è suddiviso in tre parti: la prima si occupa dell’utile inutilità della letteratura e cita vari testi e autori a proposito; la seconda è dedicata agli effetti disastrosi prodotti dalla logica del profitto nel campo dell’insegnamento, della ricerca e delle attività culturali in generale; nella terza parte, infine vengono riletti alcuni classici che hanno mostrato “la carica illusoria del possedere e i suoi effetti devastanti sulla ‘dignitas hominis’, sull’amore e sulla verità”.
       Nella prima parte, Nuccio Ordine ci ricorda innanzitutto una verità fondamentale: (continua su il Punto Quotidiano)


Maria D'Asaro, 21 settembre 2025, il Punto Quotidiano

venerdì 19 settembre 2025

Noi, che diversamente assassine…

Noi, che da spietate assassine,
dopo una lotta senza quartiere,
uccidiamo all’ennesimo tentativo
una super blatta con le ali…

Noi, che con premeditazione
e l’adatta paletta θᾰνᾰτοφόρος, portatrice di morte,
ammazziamo con maestria le mosche moleste…

Noi, che invece abbiamo mille scrupoli
quando sterminiamo le formiche in cucina ...

E se fossimo nate formiche (o mosche, o blatte persino, ahinoi...)?
Noi, che ci soffermiamo spesso a meditare:
forse, a nostra volta, non siamo anche noi formiche a Qualcuno?

E poi: che brave le formichine a schivare il mocio passando sul battiscopa…
organizzate, solidali, silenziose, con un’intelligenza di gruppo…
chi ci ha dato licenza di farle fuori?

Così, noi sommamente incoerenti, manchevoli e ondivaghe, 
i giorni dispari le disperdiamo, i pari le lasciamo vivere…

Noi, che in fondo chiediamo scusa 
a blatte, mosche e minute formiche 
consapevoli – come rammenta Pietro - di essere parte dell’oscura universale violenza…

Noi dunque, da assassine conclamate,
continuiamo però a gioire per il miracolo di una piantina fiorita…

E, nel frattempo, siamo in lacrime, disperate, per il lancio di bombe nel mondo,
per tutte le guerre orrende: enorme, inspiegabile, insensato oltraggio alla Vita.



mercoledì 17 settembre 2025

La guerra non è inevitabile...

         (Ringrazio Enzo Sanfilippo che ha segnalato l’articolo)

        "Ineluttabile. Ecco la parola che si sta insinuando, silenziosa e vischiosa, nei nostri pensieri. Prima come una paura indistinta, poi come dubbio sussurrato nei discorsi, infine come una certezza cupa che ci sembra ragionevole accettare: «La guerra è inevitabile». È questo il virus che sta infettando le nostre coscienze.
Lo si dice sottovoce, tra una sigaretta e un caffè: «Hai visto? Sta succedendo di nuovo…». «Eh, temo proprio di sì», risponde l’altro. E quel cenno, quel consenso mormorato, è il primo mattone di una resa.
    Poi, alla conversazione successiva, la voce si alza, l’opinione si fa posizione, e la posizione si trasforma in fatalismo cinico. Ed ecco che la guerra – qualunque guerra – smette di essere una tragedia e diventa un destino.
      Ma la guerra non è un destino. È una scelta.
     Una scelta folle, costruita giorno dopo giorno, passo dopo passo, comportamento dopo comportamento. Lo ha ricordato, con la lucidità che gli è propria, il presidente Mattarella: «Ci si muove su un crinale in cui, anche senza volerlo, si può scivolare in un baratro di violenza incontrollata». È quel «senza volerlo» che ci chiama in causa. È lì che si annida il rischio più grande: non nel fragore dei cannoni, ma nella distrazione e nell’apatia quotidiana, nella rinuncia alla responsabilità, nel fatalismo comodo di chi pensa che non ci sia più nulla da fare… Non è vero. Quel 1914 può non replicarsi in un tragico 2025. La storia lo dimostra: non è sempre andata così. Ci sono stati momenti in cui l’umanità si è fermata a un passo dal disastro. Ottobre 1962: crisi di Cuba. Due superpotenze con il dito sul grilletto nucleare. Non scoppiò nessuna guerra.
            Ottobre 1956: crisi di Suez. La politica mondiale sembrava impazzita, eppure si trovò una via d’uscita.
     E poi, più tardi, la più grande sorpresa della Storia: il Muro di Berlino che cade senza sparare un colpo. Chi lo avrebbe detto? Chi ci avrebbe scommesso? E invece accadde. Perché l’ineluttabile, a volte, si disintegra sotto il peso della volontà, dell’intelligenza, della responsabilità. Si scioglie nelle correnti calde e sotterranee delle coscienze che si sono tenute deste anche senza poter comunicare. Perché anche l’abisso, se guardato con lucidità, può diventare un limite oltre il quale si decide di non andare. 
      È questo il punto. La guerra è una costruzione collettiva, e quindi può essere anche una rinuncia collettiva. Un rifiuto – un ripudio! – che inizia da ognuno di noi"...


Franco Vaccari, Avvenire, 14 settembre 2025

martedì 16 settembre 2025

Che si fa, caro Biagio?

Pinturicchio: Annunciazione, Cappella Baglioni, Spello
       Nostra signora bazzica giornalmente nei pressi della stazione centrale ferroviaria e lo scorge quasi sempre: dorme sull’asfalto, in via Tommaso Fazello, a ridosso del terminal degli autobus. Indossa una maglietta, dei pantaloncini sudici e assai logori, calzini scuri, più buchi che tessuto. Accanto ha un paio di sandali e, a volte, un pacchetto di quelle che noi palermitani chiamiamo ‘brioscine’. Magari anche un barattolo di Nutella. Ha lunghi capelli biondi, belle ciglia, un naso fine, lineamenti da angelo di un quadro del Pinturicchio o di Filippino Lippi.
       Quando gli passa accanto, a nostra signora fa male il cuore. Quel ragazzo, tra i 25 e i 30 anni, potrebbe essere suo figlio.  Se fosse ancora vivo Biagio Conte forse sarebbe diverso: forse le persone senza fissa dimora non dormirebbero per strada, sopra degli scalini, nell’anfratto di un marciapiede. Biagio magari l’avrebbe già portato alla Missione Speranza e Carità. Biagio, che facciamo?

Maria D'Asaro




domenica 14 settembre 2025

Simenon e il fascino discreto del suo commissario Maigret

      Palermo – La sottoscritta ha quasi sempre per le mani un saggio o comunque un testo ‘impegnato’. Ma in estate ha un po’ trascurato questo tipo di lettura e ha ceduto a una sorta di ‘droga’ letteraria: infatti da un paio di mesi ha ripreso a leggere compulsivamente i romanzi di George Simenon. Confessa di aver divorato a luglio e agosto almeno una decina di gialli del prolifico autore di origine belga. E non riesce ancora a smettere…
      Nella postfazione di Maigret e il signor Charles, scriveva parecchi decenni fa un ispirato Alberto Savinio (fratello di Giorgio de Chirico): “Mancava finora alla Francia un romanzo poliziesco nazionale. Questa lacuna è stata felicemente colmata da Georges Simenon. Questi non somiglia all’autore solito di romanzi polizieschi. Il suo stile non è quello asmatico, stenografico e deplorevolmente asintattico che distingue questa forma di narrazione. Redattore di romanzi mensili e popolari, Georges Simenon, sotto sotto, è un Dostoevskij minore”.
E ancora: “Come la luna che si rinnova di mese in mese, George Simenon pubblica un nuovo romanzo ogni trenta giorni. E non si creda che siano libercoli scribacchiati alla svelta. No: sono trecento pagine tirate a pulimento, trame intricatissime e risolte con maestria, figure e caratteri disegnati con evidenza e precisione, documentazione impeccabile di città e paesi, e, di tanto in tanto, un tono, un accento che denotano lo scrittore di razza”.
Ecco, la scrivente non avrebbe saputo esprimere meglio quanto ha scritto molto tempo fa  Savinio, pittore, compositore musicale e scrittore. 
      Simenon, ne Il porto delle nebbie, con la sua narrazione semplice e potente, ci catapulta ad esempio nella cittadina francese di Ouistreham, porto della Normandia, dove “l’atmosfera non si può definire sinistra, è un’altra cosa, una vaga inquietudine, un’angoscia, un’oppressione, la sensazione di un mondo sconosciuto al quale si è estranei…”.  Quell’atmosfera cupa e nebbiosa ci cattura e ci tiene col fiato sospeso sino all’ultimo rigo, presi come siamo dall’intricata vicenda del capitano Joris.
     Come ci coinvolge la vicenda complicata de Il corpo senza testa, dove Maigret, verso una certa signora Calas, prova uno strano sentimento: (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 14 settembre 2025, il Punto Quotidiano

sabato 13 settembre 2025

13 settembre...

Joaquìn Sorolla: Passeggiata in riva al mare



Certo,

si vive

anche da soli.

Un poco peggio però…

Sorellina.                                         











mercoledì 10 settembre 2025

Isole da a-mare: Favignana (con la Flotilla nel cuore...)

        Ma come ti 'spercia' di pubblicare le foto di Favignana? – esclamerebbe qualche mia conterranea che, in questo momento, fa in città il presidio di solidarietà per la Global Sumud Flotilla, dalle 19 alle 20, in via Ruggero Settimo… E continuerà a farlo sino a lunedì 15 settembre.
      E avrebbe pure ragione.
Ma la scrivente è così scoraggiata che ha bisogno di un po’ di azzurro per respirare. Perché in questo mondo disumano si sente davvero male… E si aggrappa al ricordo del mare e alla bellezza della natura.









Qui Levanzo, Marettimo e un articolo sulle Egadi.

lunedì 8 settembre 2025

Indicibile...




Solo
la luna
e le stelle
contemplano il nostro dolore…
Indicibile.                                             

domenica 7 settembre 2025

Le parole di padre David Maria Turoldo contro la guerra

    Propongo oggi l'articolo della collega Francesca Sammarco:

RIETI – “Ama,/saluta la gente,/dona, perdona,/ama ancora e saluta/(nessuno saluta nel condominio, ma neppure per via)./Dai la mano, /aiuta, comprendi, /dimentica/e ricorda solo il bene./E del bene degli altri/godi e fai godere./Godi del nulla che hai,/del poco che basta/giorno dopo giorno:/e pure quel poco/ – se necessario -/dividi./E vai, /leggero dietro il vento e il sole/e canta./Vai di paese in paese/e saluta, /saluta tutti:/il nero, l’olivastro e perfino il bianco./Canta il sogno del mondo:/che tutti i paesi si contendano d’averti generato”. Queste parole semplici, che sanno di umanità, sono di Padre David Maria Turoldo (1916-1992). E’ stato teologo, filosofo, poeta, spirito irrequieto e innovatore, faceva parte della Chiesa “ribelle” del Novecento, quella scomoda, insieme a don Lorenzo Milani e Giorgio La Pira, l’Abate Giovanni Franzoni, don Andrea Gallo.
    Molte sue omelie domenicali pronunciate a Sant’Egidio tra il 1989 e il 1990, registrate dall’amico Salvatore della Monica, sono raccolte nel libro “Il fuoco di Elia Profeta” (Piemme 1993). Scritti e saggi “O sensi miei” poesie dal 1948 al 1988 (Rizzoli 1990), “Canti ultimi” (Garzanti 1991), “Anche Dio è infelice, neanche Dio può stare solo” (Piemme 1991). Anticipatore del Concilio, partecipò alla Resistenza nel gruppo de “L’uomo”, fu predicatore nel Duomo di Milano, sempre schierato dalla parte dei più deboli. “Gli ultimi” fu anche il titolo di un film di cui curò la regia, collaborò con giornali, riviste e televisione. Fu amico delle migliori menti libere del secolo scorso, da Alda Merini a Pier Paolo Pasolini, da padre Ernesto Balducci a Carlo Maria Martini.
      Uomo di fede e di poesia, parlava a tutti, credenti e non. Nel 1991 lanciò l’appello ai giovani “Senza conversione non c’è pace”, in piena guerra del Golfo, quando il 2 agosto 1990 il presidente iracheno Saddam Hussein invase il Kuwait. Contro l’Iraq si formò una coalizione di 35 Stati sotto l’egida dell’Onu, guidata dagli Stati Uniti. 
      In questa cornice storica va letto il discorso sulla pace rivolto ai giovani, che fece a Pordenone nel gennaio 1991: "Giovani, non percorrete le strade che abbiamo percorso noi. Io non faccio che vergognarmi di essere stato in guerra, anche se ho combattuto solo nella Resistenza, cioè per l’umano contro il disumano. Ma ha ragione il Papa: con la guerra tutto è perduto, con la pace tutto si acquista! Fare la guerra è come suicidarsi. Giovani, pregate per la pace; ma ricordate che pregare vuol dire sempre prendere coscienza; perché se tutta la preghiera non si trasforma in vita, se la lex orandi non diventa la lex vivendi, noi stiamo prendendo in giro Dio e noi stessi”.
       E ancora: “Magari cominciasse con voi giovani questa nuova cultura della pace, come fosse una nuova aurora. Perché oggi la terra è una cosa sola, una nave sulla quale siamo tutti imbarcati e non possiamo permetterci che affondi, perché non ci sarà più un’altra arca di Noè a salvarci. Il mondo è uno, la terra è una; e tutti insieme ci salveremo o tutti insieme ci perderemo. Deve scomparire il concetto di nemico perché una civiltà fondata sul concetto di nemico non è una civiltà, ma una barbarie. La civiltà è solo quella della pace. Il discorso della pace è il più difficile di tutti, perché rivoluzionario non è il discorso sulla guerra… Finora abbiamo sempre fatto la guerra e non abbiamo mai fatto la pace. E quella che noi chiamiamo pace, non è che una tregua tra una guerra e l’altra; fino al punto che la guerra in realtà è la politica che cambia metodo. E invece la guerra è la sconfitta e la fine della politica. Per costruire la pace bisogna cambiare cultura: (da qui)

Francesca Sammarco, 7.9.25, il Punto Quotidiano

giovedì 4 settembre 2025

Perchè votiamo certe persone? Un'analisi di Michele Serra

A Palermo oggi solidarietà a Gaza e alla Global Sumud  Flottilla
           “Voi vorreste essere amici di un maschio anziano molto ricco che vi dice: Mettetevi tutti in fila per baciarmi il culo? Oppure vi dice: Il modo migliore per prendersi una donna è metterle una mano tra le gambe? E questa battuta fa ridere di meno, già… 
       E vorreste essere amici di una signora che ha sparato al suo cane perché non era abbastanza bravo nella caccia, e poi si è fatto un selfie davanti a una grande gabbia piena di uomini seminudi, stipati come immondizia da smaltire, e dice con un sorriso di trionfo: Questa è la fine che fanno i nostri nemici?
No, sono sicuro che non vorreste essere amici di persone così.
     Qualunque siano le vostre idee politiche – sinistra, destra, non pervenute… - sono sicuro che gli arroganti e i violenti sono le persone che, nella vita quotidiana, preferite non frequentare.
Perfino negli ambienti della malavita, perfino nelle carceri, valgono delle regole non scritte, antiche come le società umane, che concedono onere ai giusti e disonore agli ingiusti.
     C’è un solo ambito nella società nel quale, da qualche anno, questa regola sembra non contare più niente, e i bulli vengono onorati e applauditi: quest’ambito è la politica.
E la grande domanda alla quale siamo chiamati a rispondere è diventata questa: ma perché così tanta gente vota per i mascalzoni? 
Perché così tanta gente manda nei palazzi di governo così tanta gente che non inviterebbe a casa propria? E li vota e li manda al governo per le stesse ragioni per cui non li invita a casa propria: cioè perché sono dei prepotenti.
    Una teoria abbastanza diffusa dice che ognuno ha i governanti che si merita: la gente vota per i prevaricatori perché vorrebbe prevaricare, vota per i razzisti perché è razzista, vota per gli odiatori perché odia.
Questa è stata più o meno la mia tesi sino a poco tempo fa… Ma negli ultimamente mi è venuto qualche dubbio, perché molti governanti mi sembrano talmente ignobili, talmente inverosimili che temo siano peggiori di chi li elegge: quella che spara al suo cane... Quello che urla ‘baciatemi il culo’… quello che urla con la motosega in mano… non sono uguali a chi li vota, sono il lato peggiore di chi li vota.
     Ognuno di noi, con poche eccezioni, ha in corpo la violenza e la sopraffazione e ha in corpo la gentilezza e la socialità. Il bene e il male non sono fuori di noi: il bene e il male siamo noi.
La vera domanda da farsi, allora, è un’altra: perché solo la prepotenza riesce a dare a sè stessa una forma politica? Perché la prepotenza riesce a organizzarsi e a vincere e perché la gentilezza rimane muta e annichilita? 
    E’ possibile che il pensiero, la riflessione, il rispetto per gli altri, la cultura, il senso dell’uguaglianza, il sentimento della giustizia… non siano più valori spendibili in politica? Nella vita quotidiana sì e in politica no? 
Chi troverà una risposta a questa domanda, salverà il mondo. 
    In attesa di quel momento, l’unico consiglio che mi sento di dare a noi stessi è che la parte gentile non deve spaventarsi. Non deve avere paura della parte bulla. Perché la parte bulla, molto spesso, è più stupida e impotente di quello che fa finta di essere. Non deve atterrirci. Soprattutto, non deve zittirci. Per esempio, a Trump bisogna rispondere, con un sorriso gentile: guardi, il culo se lo baci da solo, che noi abbiamo cose più importanti da fare. E soprattutto, molto più piacevoli. 
E un istante dopo farla, una cosa più piacevole, e possibilmente farla in tanti." 

Michele Serra, intervento a Che tempo che fa, aprile 2025
(grazie di cuore ad Augusto che ha postato il video nella sua bacheca FB)

domenica 31 agosto 2025

Ad Agnone vacanze filosofiche tra bellezza e pensieri...

      Agnone (Isernia) – Agnone, comune dell’Alto Molise in provincia di Isernia, con i suoi 800 metri di altitudine e un clima frizzante anche d’estate, è meta assai gradevole per una vacanza agostana. Celebre per la sua antica tradizione nella produzione delle campane (qui un articolo), la cittadina molisana, silenziosa e accogliente, oltre alle bellezze artistiche come il centro storico medievale costellato da tante chiese, offre una buona cucina, caratterizzata soprattutto dall’ottima produzione casearia (appena in periferia, è possibile visitare con degustazione in diretta una delle aziende produttrici di formaggi).
    Dal 19 al 25 agosto Agnone ha ospitato la XXVIII edizione delle Vacanze filosofiche 2025 (qui per conoscerne genesi e una precedente edizione) che ha avuto per tema il rapporto tra Umorismo e Filosofia. Le due relazioni giornaliere, una mattutina e l’altra nel tardo pomeriggio, introdotte da vari relatrici e relatori, sono sempre state seguite da un confronto vivace, partecipato e plurale; il resto della giornata è stato utilizzato per passeggiate e visite culturali. 
    Tra i luoghi visitati in paese, si ricordano il museo storico del rame, il quartiere veneziano e il suggestivo belvedere da cui si gode la vista di un pezzo di Molise; tappa importante a una trentina di chilometri di distanza è stata l’area archeologica di Pietrabbondante, che conserva i resti di un teatro sannitico, una delle vestigia meglio conservatesi dell’antico popolo italico.
      Ad Agnone, non è mancata infine la visita alle Biblioteche Riunite Comunale e B. Labanca, dotate complessivamente di oltre 60.000 titoli e di un corpus di volumi antichi, circa 1400, stampati fra il 1512 ed il 1830. Tra i libri più importanti, un’edizione del 1567 dell’Opera Omnia di Platone tradotta da Marsilio Ficino. All’interno del Museo Civico è esposto anche un calco della Tavola Osca, nota anche come Tabula Agnonensis o Tavola degli Dei, appartenente al popolo italico dei Sanniti. L’originale si conserva al British Museum di Londra.
Tale prezioso patrimonio librario si trova al primo piano di Palazzo san Francesco, ex convento francescano la cui parte più antica risale al 1343, ora sede del Consiglio comunale e della prestigiosa biblioteca. Proprio a Palazzo san Francesco, per gentile concessione del Comune, hanno avuto luogo alcune sessioni delle vacanze filosofiche. 

    Che sono iniziate col tratteggiare quanto acquisito dalle neuroscienze e dagli studi di psicoanalisi e psicologia sui meccanismi dell’umorismo e della risata, evidenziando i percorsi neuronali e le tendenze ‘profonde’ alla base della nostra specie, ribattezzata scherzosamente Homo ridens… 

     É stata quindi dedicata una sessione a Socrate, (continua su il Punto Quotidiano)











giovedì 28 agosto 2025

Perché?

Paul Klee, Insula Dulcamara (1938)
Mammina,

perché nascere

in questo mondo 

tanto cattivo e spietato?

Perchè?


martedì 26 agosto 2025

Noi, che...

Noi, che
siamo contente quando stendiamo il bucato, al sole,
e non sappiamo perché;

noi, che
amiamo sentire il profumo dell’ammorbidente
che odora di lavanda o di fragranza marina,
e immaginiamo di essere tra i campi lilla della Provenza
o sulla battigia, appena prima del tramonto dorato;


noi, che
abbiniamo il colore delle mollette colorate
a quello delle magliette stese ad asciugare;

noi, davvero,
non riusciamo ad accettare
la monotonia feroce della guerra…
E ce ne chiediamo, affrante, il perché.

domenica 24 agosto 2025

Isole Egadi: uno scrigno di natura e bellezza

Levanzo - Faraglioni
        Palermo – A differenza delle isole Eolie non sono riconosciute dall’Unesco patrimonio dell’umanità, ma anche le Egadi posseggono un fascino speciale e tante bellezze naturali. 
     L’arcipelago, formato da Favignana, Marettimo, Levanzo e sei isolotti minori (alcuni poco più che scogli), si trova a circa 7 km dalla costa occidentale siciliana, di fronte alla città di Trapani, a metà tra basso Tirreno e canale di Sicilia.
     Il nome latino Aegates, con cui le isole erano note nell’antichità, proviene dal greco Aigatai che significa ‘isole delle capre’. 
     Dal 1991 l’arcipelago è un’area marina protetta: con i suoi 53.992 ettari marini, è la seconda per estensione delle zone marine europee salvaguardate. La zona tutelata è suddivisa in quattro zone, dalla A, di riserva integrale, alla D, di sola protezione. Le isole di Favignana, Levanzo e Marettimo, considerate sito di interesse comunitario, sono poi tutelate dalla Regione Siciliana.
Marettimo
    La flora delle isole è caratterizzata da macchia mediterranea assai variegata, con più di 400 specie diverse; la fauna presenta una grande varietà di volatili sia stanziali che migratori, come l'uccello delle tempeste, la berta minore, la berta maggiore, la monachella nera e l'aquila del Bonelli. Dal 2013, nel mare vicino a Marettimo, è possibile trovare anche la foca monaca.
   Marettimo, frazione di Favignana, è la più occidentale e incontaminata delle Egadi; i suoi fondali, sia sabbiosi che rocciosi, custodiscono un prezioso tesoro di biodiversità, infatti le acque vicine a quest’isola sono quelle con il grado maggiore di protezione: vi si trovano cernie, corvine, ricciole, tartarughe caretta caretta, aquile di mare e alcuni esemplari di foca monaca. L’acqua è limpida grazie alle correnti dell’Atlantico. A cinquanta metri di profondità, è stata riscontrata la presenza del raro corallo nero. Suggestive poi le sue diverse grotte marine: la grotta del Cammello, la grotta del Tuono, la grotta della Pipa, la grotta Perciata, la grotta della Ficaredda, la grotta del Presepe, quella della Bombarda e i Ruttiddi, che portano alla grotta degli Innamorati. 
Marettimo 
   L’isola, il cui punto più alto è monte Falcone (a 686 metri), è percorsa da vari sentieri, vicino ai quali occhieggiano le piante endemiche come il cavolo delle Egadi e la finocchiella di Boccone.
Più vicina alla costa e a Favignana, di cui è anch’essa frazione, c’è Levanzo, la più piccola delle tre isole, con una superficie di circa 5 kmq e un piccolo promontorio, Pizzo Monaco, di 270 metri. Nell’isola, tranne un breve tratto viario che conduce alla spiaggia del Faraglione, non ci sono strade asfaltate, fattore questo che, per certi versi, ne ha preservato l’integrità paesaggistica.
Levanzo merita di essere visitata anche per i suoi resti archeologici: sulle sue coste, infatti, si affacciano alcune grotte, la più nota delle quali è la grotta del Genovese, uno dei più importanti siti archeologici siciliani, che conserva incisioni e pitture rupestri che risalgono al Paleolitico superiore (9680 a.C. circa). 
Nel versante est dell’isola, nella zona marina vicina a cala Minnola, a circa 27 metri di profondità, c’è poi un importante sito archeologico sommerso: il relitto di una nave romana, con resti di anfore e frammenti di vasi.
Favignana - Cala Rossa
    Favignana, che fa comune a sé, con i suoi 19 kmq di superficie e uno sviluppo costiero ricco di cavità e di grotte lungo circa 33 km., è la maggiore delle Egadi. Il punto più alto dell’isola è monte Santa Caterina, di m.314. Sul lato meridionale si scorgono gli isolotti Preveto, Galera e Galeotta, poco più che scogli.
    Il pittore Salvatore Fiume l’ha appellata «farfalla sul mare» per la sua forma caratteristica. Il nome attuale (anticamente Favognana) deriva dal favonio, un vento caldo di ponente che ne determina il clima molto mite.
Come altre isolette italiane, dal periodo borbonico fino a quello fascista fu utilizzata soprattutto come prigione e luogo di confino per gli avversari politici. 
Ricoperta anch’essa da macchia mediterranea, con la presenza anche di boschi di pini marittimi, Favignana è la più visitata dell’arcipelago: ricca di strutture recettive, si è affermata come importante meta turistica, con la presenza di villaggi turistici, agriturismi, hotel, B&B e di ogni sorta di case vacanza; notevole anche l’offerta gastronomica sia per numero dei locali che per qualità del cibo. Le abitazioni isolane, caratterizzate da intonaci bianchi e finestre azzurre o verdi, sono state riscoperte e valorizzate, e ormai tale architettura mediterranea è tutelata dalla sovrintendenza ai beni culturali.
Oggi l’economia dell’isola è basata quasi unicamente sul turismo, mentre sino alla prima metà del 1900 viveva della pesca del tonno e dell’attività estrattiva del tufo.
La pesca del tonno è testimoniata dagli edifici delle antiche tonnare, soprattutto dall’ex stabilimento Florio, ora restaurato e ormai sito museale, sede anche di un Antiquarium, che espone reperti storici ritrovati nel mare delle isole Egadi. Degna di nota anche Villa Florio, una palazzina fatta costruire da Ignazio Florio dal 1876 al 1878 su progetto dell'architetto Giuseppe Damiani Almeyda.
Villa Florio - Favignana
   La pietra presente nell'isola è una calcarenite, roccia sedimentaria composta prevalentemente da sabbia e gusci fossili. Ne esiste una di qualità inferiore, di colore giallo, presente nello strato superiore del terreno, e una di qualità superiore, di colore bianco, sottostante la precedente. Nei secoli scorsi, la calcarenite bianca è stata utilizzata come eccellente materiale per l'edilizia: si ritrova oggi a Villa Florio e nella chiesa dell'Immacolata Concezione di Favignana, a Villa Igiea a Palermo, a Messina nei palazzi ricostruiti dopo il terremoto del 1908, a Tunisi. Lo sfruttamento delle cave di tufo fu massimo nel periodo compreso tra il XVII secolo e l’inizio del XX secolo, quando l’imprenditoria isolana era in mano alla famiglia Florio.
    Oggi, soprattutto nella parte orientale dell’isola, all'interno delle cave di tufo ormai dismesse, vi sono molti giardini detti ipogei: fra questi il "Giardino dell'Impossibile" (qui il link).
Favignana rimane insuperabile per le sue spiagge: di scogli come Cala Azzurra, Cala Rossa, Bue Marino, Grotta Perciata, Scivolo, sabbiose come Burrone. Nel 2015 la spiaggia di Cala Rossa è stata premiata come una delle più belle d’Italia.
    Favignana, Levanzo e Marettimo sono collegate al porto di Trapani e di Marsala con aliscafi che effettuano diverse corse giornaliere; in estate c’è anche un collegamento diretto con Napoli una volta a settimana: magari a fine primavera/inizio estate o a inizio autunno, quando sono meno affollate, meritano davvero un soggiorno.
 
Maria D'Asaro, 24 agosto 2025, il Punto Quotidiano