martedì 9 dicembre 2025

Eravamo al Massimo...

       Alla presenza del Presidente della Repubblica, sabato 6 dicembre, al teatro Massimo di Palermo, la cerimonia di consegna del titolo di ‘capitale italiana del volontariato’:  Palermo (2025) passa il testimone a Modena (2026).

     Tra gli altri, l’intervento di Giuditta Petrillo (Presidente del CeSVoP, Centro Servizi per il Volontariato, Palermo):
“I volontari sono progettisti della trasformazione sociale… 
Non un volontariato dall’alto, ma un volontariato fattivo e concreto, a servizio del territorio…
Il volontario costruisce legami, dove sembrano esserci divisioni…
Il volontariato è un’infrastruttura permanente… è partecipazione e cittadinanza attiva
Il volontariato è esercizio concreto, non marginale, della sovranità popolare per la realizzazione di una società più giusta, più coesa, più umana…

E qualche parola di Mattarella: 

“Il volontariato ha una grande valenza culturale e formativa… non è affatto solo pronto soccorso per le emergenze…
Il volontariato dà senso alle relazioni sociali…
La partecipazione e la solidarietà di cui si fa portavoce il volontario sono principi costituzionali… come la dimensione della cittadinanza attiva.
La sussidiarietà verticale e orizzontale è a pieno titolo iscritta nella carta costituzionale…
Essere volontari vuol dire permettere all’altro di entrare nella nostra vita per arricchirla…
Il volontariato è antidoto alle tossine della paura… 
La grandezza dei volontari sta nel loro curare le ‘ferite’ dell’ambiente e del territorio…
I volontari sono i veri patrioti… a loro si deve la crescita del patrimonio morale del nostro Paese. 
La gratuità del volontario non è un’illusione ingenua per anime belle, ma il volano efficace per la costruzione del bene comune…”

(Qui, in un precedente articolo, dati sul volontariato e notizie sull'AS.VO.PE.)












domenica 7 dicembre 2025

I capolavori di Pellizza da Volpedo (non solo il Quarto Stato)

       Palermo – Chi si trova a passare da Milano durante questo mese o nel prossimo, non perda l’opportunità di visitare la mostra monografica dedicata a Giuseppe Pellizza da Volpedo, il pittore di fine ‘800 celebre per il Quarto Stato: visitabile alla Galleria d’Arte Moderna già dal 26 settembre, la mostra sarà aperta al pubblico sino al 25 gennaio 2026.
      Il percorso espositivo, curato da Aurora Scotti e Paola Zatti, allestito nelle cinque sale al pianoterra della Villa Reale riservate alle mostre temporanee della Galleria e in quella del Quarto Stato al primo piano del museo, comprende quaranta opere tra dipinti e disegni, provenienti da collezioni pubbliche e private italiane e straniere. La genesi artistica e il significato di molti dipinti può essere approfondita se, mentre si visita la mostra, si accede a un sito dedicato scannerizzando un apposito QR code. 
      La scrivente, che non è un’esperta in storia dell’arte, ha così scoperto un pittore assai talentuoso e complesso, autore, oltre che della celeberrima tela, anche di altre opere originali e significative.
La sua parabola umana e artistica è stata purtroppo breve perché Giuseppe Pellizza, nato nel 1868 nel comune piemontese di Volpedo, in provincia di Alessandria, nel 1907 - a soli 39 anni – a Volpedo (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 7 dicembre 2025, il Punto Quotidiano

venerdì 5 dicembre 2025

Senza sparare un colpo: trame di pace nella pagina politica di Vandana Shiva

     In un suo saggio del 2001 sulla necessità per le donne di proferire sulla guerra una «parola altra, una parola per la pace», Françoise Duroux affermava:

Evitare una guerra richiede una quarta ghinea, un supplemento all’istruzione di Arthur. Perché evitare la guerra supporrebbe degli spostamenti dell’immaginario che riguardano sia gli uomini che le donne, sempre che queste categorie siano ancora rilevanti. (…) Freud termina la sua risposta ad Einstein [nel celebre carteggio] con una frase: “Tutto ciò che promuove l’evoluzione civile lavora anche contro la guerra.

   Partendo da questa riflessione, ci domandiamo se una quarta ghinea sia possibile spenderla per una donna che, smascherando le fondamenta del pensiero bellicista, è capace di tessere trame di pensiero e azioni per promuovere l’evoluzione civile. Troviamo nell’ «impertinenza» di Vandana Shiva il motivo per cui investire questa quarta ghinea… Dobbiamo rifarci al suo intervento all’Opera House di Sidney del 3 novembre 2010 È ora di finire la guerra contro la Terra nel quale la scienziata indiana afferma:

Quando pensiamo alle guerre ai nostri tempi, volgiamo la mente all’Iraq e all’Afghanistan [e all’Ucraina, pensiamo noi]. Ma la guerra più grossa è quella contro il pianeta. È una guerra con le radici in un’economia che manca di rispettare i limiti ecologici ed etici – limiti all’ineguaglianza, all’ingiustizia, all’avidità e alla concentrazione economica.  (continua qui)

mercoledì 3 dicembre 2025

Italia, record in Europa per morti da smog

      Palermo – “Se le vedessimo, come vediamo le cimici e altri insetti che ci disturbano, probabilmente ci indigneremmo di più e ci sapremmo difendere meglio…” – ha esordito così il professore Roberto Boffi, responsabile della Pneumologia all’Istituto Nazionale Italiano dei Tumori, nel corso di un’intervista concessa al Telegiornale della Scienza Leonardo all’inizio di novembre, mentre a Genova era in corso il Festival della Scienza. 
     “Paragono sempre infatti il particolato, le famigerate particelle fini e ultrafini, alle cimici perché possiamo visualizzarne la pericolosità… Penso infatti che il primo scudo antismog sia proprio la conoscenza del fenomeno, l’esserne consapevoli”.
     Quelli che presenta l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono numeri drammatici: l’inquinamento atmosferico provoca circa otto milioni di morti nel mondo. E l’Italia in Europa è maglia nera: con 630.000 morti per smog, il nostro paese detiene il più alto tasso di mortalità del continente.
“E purtroppo, se si nasce in pianura padana, si ha un’aspettativa di vita, è brutto dirlo, ma è giusto saperlo, di circa due anni inferiore rispetto alla media nazionale – ha continuato il professore – Però la prevenzione, se si interviene sia sull’ambiente esterno che sugli stili di vita, potrebbe essere molto migliorata”.
     Roberto Boffi è infatti autore ... (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 30 novembre 2025, il Punto Quotidiano

domenica 30 novembre 2025

Buon compleanno! E sono 17...

      Forse non è un caso che sia nato a novembre, uno dei suoi mesi preferiti: 30 novembre 2008, sembra ieri. E invece sono passati 17 anni…
      Allora, nella casa di mattoni di nostra signora, c’erano ancora tutti e tre gli splendidi figli di carne e facevano un’allegra baldoria…  Ora abitano il vasto mondo e lei va a trovarli. E poi partorisce parole...

E' contenta:

- delle 101 (e più) recensioni; 

- degli articoli pubblicati nel giornale con qui collabora (oggi il pezzo n.400!);

- della divulgazione di tematiche ambientaliste e nonviolente, per offrire stimoli culturali, sociali e politici costruttivi;

 - di avere scritto due libri: Una sedia nell’aldilà e Lettere a un bambino poi nato, che si presenterà giovedì 11 dicembre alle 18 a Palermo, alla Casa dell’Equità e della Bellezza, in via Garzilli, 43/a. Levatrici speciali saranno Adriana Saieva e Alessandra Colonna Romano, con la speciale regia di Augusto Cavadi.

Il blog ha aiutato nostra signora a trovare la sua ‘vocazione’: scrivere per lei è come andare all’incontro con l’innamorato’ (per dirla con le parole di Dacia Maraini).

Nostra signora capisce bene il senso di quanto dice l'amata Natalia Ginzburg: “Chi scrive, corre due pericoli: il pericolo di essere troppo buono e tollerante con sé stesso, e il pericolo di disprezzarsi. Quando vuole troppo bene a sé stesso, quando si sente per tutto ciò che pensa e scrive traboccante di simpatia, scrive allora con una facilità e fluidità che dovrebbe metterlo in sospetto. (…). Quando invece prende a disprezzarsi, abbatte prontamente i propri pensieri, li atterra a fucilate non appena si alzano e respirano, e si trova ad ammucchiare intorno a sé convulsamente cadaveri di pensieri, ingombranti e pesanti come uccelli morti. (…).  Perciò chi scrive, sente con forza la necessità di avere degli interlocutori. Di avere cioè al mondo tre o quattro persone, a cui sottoporre ciò che scrive… (…) Il pubblico è, per chi scrive, una proliferazione e una proiezione di queste tre o quattro persone nell’ignoto e nell’infinito. Queste persone aiutano chi scrive sia a non provare per sé stesso una simpatia cieca e indiscriminata, sia a non provare per sé stesso un disprezzo mortale. Lo aiutano a difendersi dalla sensazione di farneticare e delirare in solitudine”.

Allora, profonda gratitudine a chi, con generoso interesse, naviga in questi mari da solcare e, magari, lascia ogni tanto una traccia.

Un pensiero particolare e commosso a Gus, Daniele il Rockpoeta, Michela… che dai mari del web sono trapassati all’immensità del mistero… Proprio la notte scorsa nostra signora ha sognato che le restava pochissimo da vivere e, tra gli altri pensieri, in sogno c'era anche questo: chi scriverà nel blog la parola ‘fine’?

Nostra signora ci penserà… intanto l’auspicio è che, l’anno prossimo, il blog diventi maggiorenne!

sabato 29 novembre 2025

Prontuario di azione nonviolenta: il nemico è la guerra...

         "Vorrei proporre una breve riflessione che possa contribuire alla costruzione della pace: costruzione della pace nel senso specifico di insieme di pratiche non belliche in grado di fermare l’attuale scontro Russia/Ucraina, e in quello più generale di promozione di una cultura che ci abitui a pensare la soluzione di ogni conflitto violento attraverso il ricorso a mezzi pacifici. (…)
     Dal punto di vista del pensiero della nonviolenza, cui mi ispiro – ma anche da quello dello storico e filosofo Plutarco il quale, a proposito della guerra del Peloponneso (431-404 a.C.) che vide contrapporsi la potenza spartana a quella ateniese, sottolineava criticamente la responsabilità delle parti terze (cioè delle altre città? Che o restavano passive o si schieravano con uno dei contendenti invece di ‘interporsi’ tra loro – da questo punto di vista, dicevo, cerco di ragionare concretamente dal luogo che occupo (l’Europa) illustrando ciò che poteva fare la parte del mondo in cui vivo, indipendentemente da ‘chi ha cominciato’.
        La nonviolenza non guarda a ciò, perfino non guarda alla ‘verità’ nel senso comune del termine (per questo ritengo la nonviolenza un tipo di pensiero pratico capace di rispondere alle esigenze dell’epoca della post-verità, in cui cosa è vero e cosa è falso è diventato molto difficile da capire); essa guarda, invece, al presente in vista della costruzione del futuro.
Al di là del pacifismo, per molti versi benemerito ma che può limitarsi alla protesta, la nonviolenza intende suggerire e attuare il modo in cui si può operare attivamente per la pace. Innanzitutto, nell’azione immediata, per questa pace qui; poi anche negli interventi strutturali, di sistema, per cacciare a poco a poco, come si dice, la guerra fuori dalla Storia."

Un punto di partenza trasversale: il nemico è la guerra

Il nemico è la guerra. Non ovviamente,  l’Ucraina, i cui confini sono stati militarmente oltrepassati; non Putin che di quell’azione aggressiva è stato l’autore, anche se pretende di giustificarsi facendo presente la sempre maggiore vicinanza della Nato al suo Paese (il che spiega ma non giustifica la sua invasione); non la Nato, benché non sia chiaro il senso della sua esistenza dopo la fine del Patto di Varsavia e men che meno del suo continuo allargamento (dagli originari 12 Paesi agli attuali 32); non gli Stati Uniti, nonostante tutti i loro errori e di comunicazione e di azione; non l’Europa e l’Italia e chi è per l’invio di armi (…); (il nemico) non è  chi, per me illecitamente, accusa di essere guerrafondai tutti coloro che non vedono soluzioni se non nell’invio di armi in vista di negoziati; non chi altrettanto illecitamente accusa di essere ‘oggettivamente’ a favore dell’autocrate o, al meglio, ‘anime belle’ coloro che, siano pacifisti o nonviolenti, non vogliono l’invio di armi ma altre azioni volte a contrastare e a condurre Putin ai negoziati; non i giornalisti che, probabilmente perché non conoscono altro modo di pensare, fanno propaganda magari sapendo che questo non è deontologicamente corretto, ma credendo che nell’attuale contingenza sia necessario; (il nemico) non è chiunque la pensi diversamente da me.
         No: i nemici sono la guerra e la sua logica che hanno operato in Ucraina (e in molte altre parti del mondo) e che, oltre a produrre tragedie umane e disastri ambientali, hanno creato un clima d’odio che avrà effetti ancora per chissà quanto tempo nel futuro, visto che ognuna delle due parti ha avuto i suoi numerosi morti.
      I nemici sono tutte le parole e le azioni che contribuiscono a tutto ciò, non le persone che le esprimono e le compiono.      

Andrea Cozzo Media di guerra e media di pace sulla guerra in Ucraina 
Promemoria e Istruzioni per il futuro - Mimesis, Milano, 2025, pagg.143,144

domenica 23 novembre 2025

Da Leonor e Marco bollicine di kombucha

      Palermo – A volte ritornano… No, niente da spartire con i racconti orrorifici di Stephen King, tranne l’assonanza linguistica: chi torna è Marco Pilato, che da Pisa ha deciso di rientrare nella sua Caltanissetta con la compagna Leonor Corrales Retana, proveniente dalla Costa Rica.
      Nella città della torre pendente Marco e Leonor si erano conosciuti mentre lui studiava ingegneria biomedica e lei invece agronomia, tecnologia alimentare e biosicurezza.
Uniti dalla comune passione per l’alchimia della fermentazione, grazie al sostegno di un’azienda locale che ha dato loro uno spazio in un terreno agricolo, da Caltanissetta si sono ora trasferiti a Presa, borgo di quaranta abitanti ai piedi dell’Etna, dove hanno avviato con successo un laboratorio per produrre kombucha, bevanda analcolica costituita da tè fermentato, arricchito con aromi diversi.
     Perché proprio Presa, minuscola ma suggestiva frazione del comune di Piedimonte Etneo, sotto lo sguardo maestoso del grande vulcano, Marco lo ha spiegato qualche mese fa ad Antonella Dilorenzo, in un’intervista per il sito di Gambero rosso: (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 23.11.25, il Punto Quotidiano

mercoledì 19 novembre 2025

Lettere a un bambino poi nato: l'inizio...

      "Era una sera d’estate: afosa e opprimente come sa esserlo quella di una grande città svuotata e un po’ spenta. Neppure l’aver spalancato porte e finestre mi dava sollievo. 
A letto, tentavo di leggiucchiare qualcosa. Da qualche giorno mi inquietava una sensazione strana alla pancia e alla schiena. Non potevo definirlo un vero dolore: era un vago fastidio non localizzato, come se aghi invisibili mi punzecchiassero lungo la schiena e vicino l’ombelico. 
     Mamma mi aveva fatto l’ennesima telefonata per invitarmi a stare qualche settimana a casa sua: – Alla fine il tuo è un lavoro da free… non ricordo bene come lo chiami. Traduzioni e lezioni private puoi farle anche qui. Sai bene che staresti meglio... E se non te la sentirai di arrivare sino alla spiaggetta, il mare lo puoi godere anche dal terrazzino. – 
     Ma non ce la facevo a muovermi, nella mia condizione. 
Per il gran caldo, avevo lasciato scivolare anche l’ultima parte di lenzuolo che mi era rimasta addosso. Allora ho visto la macchia… grande, scura, piena di grumi, come una mestruazione abbondante, senza preavviso.
     Mi sono sentita gelare, presa dall’angoscia che il tuo barlume di vita fosse stato risucchiato nel nulla. 
     Tu, me lo diceva il sito che andavo a controllare quasi ogni giorno, eri ancora un esserino di cinque o sei centimetri, e pesavi solo pochi grammi. Ero tra l’undicesima e la dodicesima settimana di gravidanza, ma avevi già gambe e braccia perfettamente formate. Avevi perfino le orecchie, gli occhi e un accenno di palpebre. Il tuo cuore faceva circa 160 battiti al minuto.
   Non so quanti ne facesse il mio, quella sera. So che batteva all’impazzata per la paura nera di perderti, perché aspettavo già con impazienza il momento di conoscerti e di abbracciarti. (...)"

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(e, quasi come postfazione, alla fine della storia la lettera a Oriana Fallaci:)

Cara Oriana,

    se mai da qualche ignota e misteriosa plaga dell’universo lei potesse leggere il titolo di questo libro, sarebbe forse dispiaciuta, se non infuriata, all’idea che una sconosciuta abbia osato alludere a quello di uno dei suoi libri più noti, uno dei più belli e strazianti: Lettera a un bambino mai nato.

    Le porgo allora le mie scuse per il fastidio che potrebbe suscitarle quest’accostamento. È vero: il titolo evoca il suo, anche se - è anche superfluo sottolinearlo - ovviamente queste lettere non possono avere nulla a che fare con il suo capolavoro…(…) perché queste sono lettere di una donna qualunque, alle prese con una storia romanzata piuttosto ordinaria: una giovane madre racconta a suo figlio qualcosa sulla sua maternità, su imprevisti che non aveva messo in conto, e mette in evidenza lo sguardo e le domande che le fa il suo bambino sulla vita: un punto di vista semplice, terra terra, diverso dal suo, che è stato invece lo sguardo acuto e potente di uno ‘scrittore’- è stata lei a definirsi così - su una maternità mancata.   

      Per riflettere oggi su temi delicati e fondanti per la vita delle donne e della società (maternità, calo delle nascite, aborto, utero in affitto…) che si portano dietro grossi interrogativi insieme esistenziali e politici, ci manca oggi il suo sguardo: limpido e coraggioso, duro, tagliente, spietato se necessario, sempre super partes … (…)

     Le dico ancora che il richiamo al suo celeberrimo libro vuole essere anche un omaggio al compleanno importante di questo suo ‘figlio’ (così lei considerava i suoi libri) che, a settembre 2025, compie 50 anni. - Non ho mica bisogno che qualcuno scimmiotti il mio libro perché la gente se ne ricordi… - sono certa che lei aggiungerebbe a questo punto. E, anche in questo, avrebbe sicuramente ragione. Ma chissà che un promemoria non possa servire perché le donne riprendano in mano il suo libro e ne ridiscutano insieme. (…)

Maria D’Asaro, Lettere a un bambino poi nato, Diogene Multimedia, Bologna, 2025 pagg.9,10- 116,117

Il libro sarà presentato alla Casa dell'Equità e della Bellezza, a Palermo, quasi sicuramente giovedì 11 dicembre...

domenica 16 novembre 2025

Fuso orario, in Spagna c'è l'ora di Franco

      Palermo – Il sistema orario mondiale è regolato dai fusi orari: strisce longitudinali della superficie terrestre all’interno delle quali, per comodità legale, economica e sociale, si adotta la stessa ora, generalmente l’ora centrale media del meridiano al centro della striscia. 
     Già teorizzata dall’italiano Quirico Filopanti nel 1858, l'introduzione dei fusi orari fu varata dall’ingegnere capo delle ferrovie canadesi Sandford Fleming che, nel 1879, utilizzò tale sistema per rispondere alle necessità delle compagnie ferroviarie di avere un orario locale coerente tra le varie stazioni. 
     Il sistema dei fusi orari fu poi discusso durante la Conferenza internazionale dei meridiani convocata a  Washington nel 1884, a cui parteciparono 25 paesi, tra cui l'Italia. La Conferenza stabilì le regole generali del sistema, che fu ufficialmente adottato come standard internazionale a partire dal 1º novembre di quell’anno.
     Inizialmente la terra era suddivisa in 24 ‘spicchi’ di 15° di longitudine ciascuno: ogni spicchio differiva di un’ora da quello adiacente. Successivamente, soprattutto per ragioni politiche e di confini nazionali, si crearono 39 fusi orari, tuttora vigenti.
     Tutti i fusi orari sono definiti in relazione al ‘Tempo Coordinato Universale’ (UTC) riferito al primo meridiano (con longitudine 0) che attraversa l'Osservatorio reale di Greenwich, a Londra. Per questo motivo l'espressione ‘Tempo medio di Greenwich’ (GMT) viene ancora frequentemente utilizzata per indicare l'orario base rispetto al quale sono definiti gli altri fusi orari.
     Osservando una carta geografica, si vede a occhio che la Spagna si trova in allineamento con il meridiano di Greenwich e dovrebbe quindi adottarne il fuso orario. Era così, infatti, sino al 1940. Ma oggi nel paese iberico vige lo stesso orario italiano, con un evidente disallineamento tra l’ora segnata dagli orologi e quella solare, difformità che chi è stato in Spagna, come la scrivente, ha verificato di persona. 
      Perché? La causa di questa ‘stranezza’ è stata di natura politica: risale al 1941 quando, durante la seconda guerra mondiale, il dittatore spagnolo Francisco Franco (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 16.11.25, il Punto Quotidiano

venerdì 14 novembre 2025

Lettere a un bambino poi nato...

       Infine, con un parto travagliato, era nato il suo secondo figlio di carta. Una madre ama tutti i suoi figli, ma per onestà non poteva affermare che quest’ultimo fosse sicuramente bello e talentuoso.
 E anche se il paragone tra le proprie ‘creature’ è atto insano, nostra signora era più certa della bontà del libro precedente, perché lì si era limitata a far risorgere persone belle come Primo Levi, Natalia Ginzburg, Alex Langer, Vittorio Arrigoni, Peppino Impastato, Franco Battiato…
Lettere a un bambino poi nato è invece una storia romanzata che, come evoca il titolo, richiama Lettera a un bambino mai nato, pubblicato esattamente 50 anni fa, da Oriana Fallaci.  
Rispetto a quel capolavoro assoluto, ovviamente si tratta di un balbettio davvero piccolo piccolo,  diretto innanzitutto a noi donne per riflettere sulla nostra storia e sul nostro ruolo. Alla scrivente pare infatti che, nonostante le tante donne al potere, non ci sia alcuno sguardo nuovo e diverso sul mondo... 
Si potrebbe invece provare a guardare le cose da un punto di vista diverso, quello di una madre e quello di un bambino?  Questa racconto ci prova. Con quale risultato espressivo sarà il giudizio delle lettrici e dei lettori a dirlo. Nostra signora è pronta ad accogliere anche le critiche più feroci. Lei comunque queste pagine se le portava dentro da vari decenni e aveva la necessità esistenziale e narrativa di partorirle. Si spera che il risultato possa valere il consumo di alberi e l’inquinamento che la loro pubblicazione ha causato.
Intanto un grazie sentito all’editore (Diogene Multimedia, Bologna, casa editrice diretta da Mario Trombino) che le ha ancora dato fiducia.
E un grazie di cuore alle persone (Luciano, Adriana Saieva, Anna Pensato, Augusto Cavadi, Federica Mantero, Giovanni La Fiura) che hanno letto il testo in anteprima, proponendo critiche e suggerimenti.
Un grazie speciale al dottore Salvatore Porrovecchio per la consulenza nell’ambito delle patologie mediche e alle professoresse Caterina Ruta e Patrizia Spallino per la supervisione dei termini rispettivamente in lingua spagnola e in lingua araba.

La storia è preceduta, quasi come prefazione, da questa poesia di Wislawa Szymborska:


UN RACCONTO INIZIATO

Alla nascita d’un bimbo
il mondo non è mai pronto.

Le nostre navi ancora non sono tornate dalla Vinlandia.
Ci attende ancora il valico del Gottardo.
Dobbiamo eludere le guardie nel deserto di Thor,
aprirci la strada per le fogne fino al centro di Varsavia,
trovare il modo di arrivare al re Harald Cote,
e aspettare che cada il ministro Fouché.
Solo ad Acapulco
ricominceremo tutto da capo.

Si è esaurita la nostra scorta di bende,
fiammiferi, argomenti, amigdale e acqua.
Non abbiamo camion, né il sostegno dei Ming.
Con questo ronzino non corromperemo lo sceriffo.
Niente nuove su quelli fatti schiavi dai Turchi.
Ci manca una caverna più calda per i grandi freddi
e qualcuno che conosca la lingua harari.

Non sappiamo di chi fidarci a Ninive,
quali condizioni porrà il principe-cardinale,
quali nomi siano ancora nei cassetti di Berija.
Dicono che Carlo Martello attaccherà all’alba.
In questa situazione rabboniamo Cheope,
presentiamoci spontaneamente,
cambiamo religione,
fingiamo di essere amici del doge
e di non avere a che fare con la tribù Kwabe.

Si approssima il tempo di accendere i fuochi.
Telegrafiamo alla nonna che venga dal paese.
Sciogliamo i nodi sulle corregge della yurta.

Purché il parto sia lieve
e il bimbo cresca sano.
Possa essere talvolta felice
e scavalcare gli abissi.
Che abbia un cuore capace di resistere,
e l’intelletto vigile e lungimirante.

Ma non così lungimirante
da vedere il futuro.
Risparmiategli questo dono,
o potenze celesti.


Wislawa Szymborska La gioia di scrivere, Tutte le poesie (1945-2009), 
a cura di Pietro Marchesani, pp. 471,472, Adelphi, Milano, 2009

in Maria D’Asaro, Lettere a un bambino poi nato, Diogene Multimedia, BO, 2025, pagg.6,7

mercoledì 12 novembre 2025

Nonviolenza e giornalismo di pace per scongiurare la banalità della guerra

 
(A presentazione ultimata, qualche nota sparsa:

     Il prof. Nicosia, citando Tucidide, ha ricordato che una delle nefaste conseguenze di ogni guerra è lo stravolgimento delle parole; Augusto Cavadi ha presentato magistralmente il testo evidenziando i punti nodali delle tre parti in cui, a suo avviso, può essere suddiviso; la giornalista Tiziana Martorana ha evidenziato che il libro offre vari piani di lettura, che vanno dall'approfondimento storico all'attenta analisi del linguaggio giornalistico.
L'autore ha poi fornito vari approfondimenti e ha dato esauriente riscontro ai vari interventi.
Il prof. Cozzo ha anche sottolineato che questo suo testo e quello immediatamente precedente, La logica della guerra nella Grecia antica, sono da considerarsi complementari: in questo la contemporaneità è figura, il mondo antico 'sfondo', viceversa nel precedente. 

Entrambi i testi, a mio avviso, parafrasando Hannah Arendt rivelano la banalità della guerra, i suoi tristissimi, sempre uguali topoi: tutte le guerre si assomigliano. E i pifferai di turno dell'interventismo (giornalisti e intellettuali) non si rendono conto dell'assurdità di ogni guerra che ripete la stessa orrenda, evitabile, tragedia collettiva.
Allora la nonviolenza dovrebbe essere davvero la nuova frontiera del giornalismo e della politica che vogliono costruire un futuro pacificato.
Nonviolenza che vuol dire riconoscere l'esistenza strutturale dei conflitti umani, ma credere che si possano comporre senza violenza. Utopia? Solo sguardo in avanti, guardare a un paradigma più umano e quindi possibile.

"Dov Shinar riassume gli elementi del giornalismo di pace nelle seguenti azioni:
1. esplorare le circostanze e i contesti in cui nasce un conflitto, e presentare cause e ipotesi da diversi punti di vista, così da delineare il conflitto in termini realistici e trasparenti per il pubblico;
2. dare voce alle opinioni di tutte le parti coinvolte;
3. offrire soluzioni creative per la risoluzione dei conflitti, il raggiungimento e il mantenimento della pace;
4.smascherare le bugie, gli occultamenti e i colpevoli di tutte le parti, e rivelare gli eccessi commessi e le sofferenze subite da persone di ogni fazione;
5.dedicare più attenzione alle storie di pace e agli sviluppi post-bellici che alla tradizionale copertura dei conflitti"   (dal testo, p.120)







(le ultime due foto sono di Alessandra Colonna Romano, che ringrazio)

martedì 11 novembre 2025

domenica 9 novembre 2025

Giovani e smartphone, allarme serio

        Palermo – “Smartphone: se ne conosci i rischi, lo eviti”. Bisognerebbe far partire immediatamente una massiccia campagna informativa per rendere consapevoli i responsabili della formazione dei minori, i genitori innanzitutto, dell’impatto devastante dell’uso smodato degli smartphone sulla psiche dei ragazzi.
      Qualche settimana fa, questa verità ce l’ha ricordata la giornalista Alessia Mari con un servizio del telegiornale scientifico Leonardo: un uso eccessivo dello smartphone, oltre a provocare nei più giovani fenomeni di ansia, disturbi del sonno e vere e proprie patologie da dipendenza, ne comprometterebbe anche alcune importanti funzioni cognitive.
        Il come e il perché lo ha spiegato lo psico-analista Massimo Recalcati, intervistato da Alessia Mari: “Cliccare le notifiche sui social, scrollare lo schermo alla ricerca di video, chattare e digitare continuamente qualcosa, centinaia e centinaia di volte al giorno: gli smartphone provocano ansia e dipendenza. 
Ma oggi, specialmente nei più giovani, il loro utilizzo incessante sta cambiando anche la modalità di formazione dei processi cognitivi: infatti i dispositivi disturbano l’attenzione profonda e le sovra-stimolazioni impediscono lo sviluppo di un pensiero critico. Tutto sugli schermi scorre in superficie, senza vette né profondità”.
Certamente, il cellulare non è il primo oggetto psico-tecnico: il primo fu (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 9 novembre 2025, il Punto Quotidiano

venerdì 7 novembre 2025

Nostra signora, tra frenesia e 'tampasiari'...

       A volte, nostra signora confessava a sé stessa indicibili verità: ad esempio che, dopo decenni di forsennato lavoro, non le dispiaceva fare la casalinga, almeno part time: stendere il bucato, sistemare i cassetti e farli odorare di lavanda, rammendare, dare una nuova illuminata disposizione a un tavolino, sentire il profumo delle tende lavate, cucinare una tantum torte o qualcosa di buono…  
    Ma, più che l'improvvisarsi angelo eretico e anarchico della casa, come Camilleri, nostra signora adorava tampasiari: gironzolare casa casa senza una direzione e uno scopo, sfogliare un libro, affacciarsi al balcone e contemplare le sue piantine, disegnare un segnalibro, scrivere torrenti di parole… Piu lentamente, più dolcemente, più in profondità: così esortava l’amato Alex Langer.
      Spesso però nostra signora deponeva questa sua inclinazione: trotterellava da nipoti, zie, da chi stava in prigione, a manifestare contro la guerra... rapita da un antico, radicato comando: salvare il mondo prima di cena.

(1) Maurilio Catalano: Isole

martedì 4 novembre 2025

4 Novembre: non festa, ma lutto...

        Anche quest'anno in occasione del 4 novembre, festa delle Forze Armate, istituzioni e apparati militari si preparano ad esaltare la guerra e il militarismo secondo la narrazione della  "vittoria" della Prima Guerra Mondiale, una “inutile strage”  il cui bilancio finale per l’Italia fu di oltre 650.000 soldati uccisi e più di un milione feriti, dei quali molti con gravi mutilazioni. A questi si aggiunsero più di 600.000 vittime civili a causa di bombardamenti e occupazioni militari, carestie ed epidemie. 
     La maggior parte delle vittime erano contadini ed analfabeti esclusi dal diritto di voto e obbligati a farsi ammazzare o a uccidere nemici che non conoscevano, da un governo che li considerava solo carne da cannone.
      La guerra non risolse i problemi dell’Italia, anzi ne creò di nuovi e favorì l’avvento del fascismo. Anche l’Europa di allora si trovò davanti a conseguenze terribili, crisi economiche e sociali, con l’affermarsi del nazismo, militarista e razzista. Tutto poi precipitò nel disastro della Seconda Guerra Mondiale.
     Attorno alla data del 4 novembre, ripristinata anche come Giornata dell’unità nazionale per intensificarne la portata, non c’è solo una distorta celebrazione storica ma anche il tentativo di una vera e propria propaganda bellica che si riversa nelle scuole e in molte (per fortuna con le debite eccezioni) celebrazioni istituzionali. Una propaganda tanto più insopportabile nel periodo che stiamo attraversando, che vede guerre sanguinose in varie parti del mondo, e due alle porte d’Europa, in Ucraina e Palestina, molte delle quali con un coinvolgimento diretto della produzione bellica italiana. Una propaganda che si intensifica anche per nascondere i conflitti interni fatti di impoverimento generale, aumento delle spese militari, repressione militarizzata nelle città imposte con decreti sicurezza, repressione del dissenso.
Purtroppo oggi soffia un nuovo vento di guerra. Giornali e mezzi di comunicazione sempre più spesso danno voce a iniziative di riarmo e di sostegno ad una mentalità bellicista e di allarme internazionale. I governi europei vogliono che i popoli si preparino alla guerra, anche reintroducendo il servizio militare obbligatorio, per tutti i giovani.
     L’ultimo in ordine di tempo è stato quello della Croazia, che segue la decisione già presa in Norvegia e Svezia. La Francia sta spingendo per allargare il reclutamento per il servizio militare volontario, come sta avvenendo nei Paesi Bassi. La Germania ha già approvato una Legge che favorisce e facilita il reclutamento, per ora volontario, nelle file dell’esercito.
        E in Italia? Il dibattito è aperto e già si parla di attivare una forza di riserva, per arrivare ad un modello autonomo di difesa militare europea che considera la possibilità generalizzata di un servizio militare per donne e uomini come obiettivo di adeguamento numerico delle forze armate. L'Europa pensa alla leva per tutti come un passo necessario nel processo politico di unificazione militare europea e strategia di rafforzamento della cittadinanza nella difesa comunitaria. Questo atteggiamento è gravissimo: la prospettiva di una “guerra perpetua” con armi convenzionali e milioni di vittime civili o una irrimediabile catastrofe nucleare con lo sconvolgimento della civiltà e del pianeta.
      Da tempo il Movimento Nonviolento ha trasformato la giornata del 4 novembre in un’importante occasione di riflessione e opposizione a tutti gli eserciti, contro tutte le politiche di riarmo, a sostegno degli obiettori di coscienza e dei disertori di tutte le guerre.
“4 Novembre, non festa ma lutto” è stato ed è il nostro slogan da opporre alla retorica patriottarda.    
La nostra proposta è la Campagna di Obiezione alla guerra, per dire no alla chiamata alle armi, alla mobilitazione militare, all’ipotesi di ritorno della leva obbligatoria. Ci dichiariamo da subito obiettori di coscienza, invitando tutti a sottoscrivere la Dichiarazione di obiezione di coscienza per respingere il disegno di chi vuole obbligare i nostri giovani a prendere il fucile e vestire la divisa."



Il Centro territoriale di Palermo del Movimento Nonviolento sarà presente dalle 10 alle 20 di martedì 4 novembre 2025 al "Villaggio della pace" di piazza Castelnuovo, Palermo. Si aggiungeranno altre tre associazioni operanti nella "Casa dell'equità e della bellezza": dalle 17 alle 19 il Gruppo "Sahaja" e dalle 17,30 alle 19,30 il "Gruppo Noi uomini a Palermo contro la violenza sulle donne". Previsti in scaletta interventi anche da parte di esponenti del "Laboratorio per la difesa e l'attuazione della Costituzione".

domenica 2 novembre 2025

Perdere un figlio, come aiutare i genitori...

       Palermo - “L’urlo di Rachele, l’urlo di ogni madre che perde un figlio risuona nella storia umana sin dagli inizi. Inizia con Eva che abbraccia Abele senza vita, il primo figlio che muore anzitempo rispetto ai genitori. Il racconto biblico – al di là di ogni fede – è un testo fondativo che ripresenta le domande più drammatiche dell’uomo alla Vita (a Dio, agli dei): perché questo tragico dolore contro natura, un figlio che debba morire prima dei genitori? Perché la morte? Perché il dolore? Interrogativi, questi, che non ricevono mai una risposta definitiva, ma si intrecciano con l’altra domanda: come possono continuare a vivere Eva, Rachele con questo dolore? (…) “Come consolare ogni Rachele che non vuole essere consolata?” 
      Con queste frasi così intense, Giovanni Salonia, psicoterapeuta e direttore dell’Istituto GTK (Gestalt Therapy Kairòs), presenta il libro di Agata Pisana La giusta distanza dalle stelle (Ancora, MI, 2024) che, come recita il sottotitolo, tratta dell’elaborazione del lutto genitoriale secondo la Gestalt Therapy

Professore Giovanni Salonia
         Il testo, infatti, racconta il percorso di sostegno a mamme e papà ai quali è morto un figlio, percorso attivato alcuni anni fa, all’interno della diocesi di Ragusa, da un’equipe costituita da una counsellor formatrice gestaltista, la professoressa Agata Pisana (autrice del libro) e da un sacerdote, don Gianni Mezzasalma, in collaborazione con Giusy e Giuseppe Leggio, una coppia provata dalla stessa perdita, ma che aveva già “sperimentato quella consolazione che rispetta e integra lo strazio”.
      Sebbene l’iniziativa sia nata in ambito ecclesiale, gli incontri sono stati condotti con uno stile laico, per accogliere credenti e non credenti, con un approccio relazionale caratterizzato da ‘empatia accurata’, capace di prendersi cura del vissuto doloroso dei partecipanti: di accoglierlo e ‘contenerlo’.
      A chi è diretto il testo? Innanzitutto a coloro che, volendo ‘accompagnare’ genitori piegati e piagati dalla perdita di un figlio, desiderano approfondire e affinare la loro competenza psicologica in un ambito così importante e delicato, utilizzando il punto di vista della psicologia della Gestalt.

La professoressa Agata Pisana, autrice del libro
    Infatti, la conduttrice Agata Pisana intercala il racconto dell’esperienza con notazioni relative a questa prospettiva di cura, rivisitata nella sua ricchezza teorica. 
    L’accento viene posto innanzitutto sulla centralità della relazione: “Secondo il modello gestaltico, l’intervento di sostegno e cura del counsellor o del terapeuta è sempre sulla modalità di relazione. Il contenuto di cui il cliente o il paziente parla è essenzialmente un contenuto di relazione: più del ‘cosa’ viene detto, è importante ‘a chi’ viene detto e ‘come’”.
    In quest’ottica è fondamentale l’approccio fenomenologico: “Osservare l’altro, ascoltarlo non solo nelle sue parole ma nelle inflessioni della voce, nel ritmo, nelle vibrazioni che ogni muscolo esprime è quel ‘qui e ora’ che permette a chi si prende cura di non aggiungere niente di suo (né pregiudizi, né risonanze personali, né interpretazioni) ma di essere lì presente solo per l’altro.” 
L’attenzione costante da parte nostra alle loro parole ma anche a ciò che comunicano con i gesti, con l’intonazione e le pause, in un’ottica di cura sempre prioritaria e dominante, ci permette di non restare travolti dai vissuti che le loro stesse parole esprimono. Stiamo accanto ma non soffriamo con loro e per loro, altrimenti non li aiuteremmo.  È com-passione quella che ci muove a essere qui, a fare volontariato, a spendere tempo ed energia ed è una compassione esistenziale, che appartiene agli esseri umani in quanto sensibili verso gli altri e capaci di responsabilità e che si concretizza nell’individuare e realizzare ciò che si ritiene il miglior aiuto possibile rispetto al contesto.

Pablo Picasso: La famille Soler (1903)
     L’autrice ‘legge’ gli incontri con i singoli e con tutto il gruppo secondo le fasi del ciclo di contatto che caratterizza tutte le relazioni: “La principale funzione di chi accompagna è proprio sostenere le intenzionalità di contatto, confidare in esse perché la sua fiducia si trasmetta e animi l’intero gruppo”.
    E sottolinea che “La novità del ritrovarsi tra persone che soffrono lo stesso dolore è proprio la possibilità di attivarsi l’uno per l’altro… Non è un sentirsi meno soli perché ci sono altri che soffrono nello stesso modo, ma… il dolore dell’altro ha solo la funzione di accendere la miccia, di spingere a fare e dire qualcosa per aiutare e, così facendo, è sé stessi che si aiuta”. 
    Infatti: “Ogni dolore, se non condiviso, se non espresso in verità e libertà, diventa incubo. Si sviluppa un senso di isolamento ed inadeguatezza. È questo sfondo così lacerato che stiamo cercando di ricostruire insieme. Come se raccogliessimo i brandelli di vita scagliati tutt’intorno da un’esplosione improvvisa e a poco a poco, pur se provocando a volte ulteriore dolore, li ricucissimo l’un l’altro”.
   Ancora “Ogni essere umano sta male non solo per ciò che gli accade, ma per come gestisce ciò che gli accade… Secondo la Gestalt Therapy è l’esperienza che attivo che mi fa stare meglio... Ciò permette che nessuno possa essere impotente rispetto a nessuna circostanza perché ognuno ha sempre un potere: non restare passivo, non restare vittima, ma rendere sé stesso protagonista del proprio vivere la sua storia, per quanto difficile e dolorosa essa sia”.

     Ad avviso della scrivente, per la ricchezza e la profondità emotiva dei suoi contenuti il testo può essere letto, ‘digerito’ e apprezzato anche da chiunque voglia arricchire la sua formazione umana e non abbia paura di avvicinarsi alla terribile sofferenza di un genitore che ha perso suo figlio.
    Esplicita infatti l’autrice: “Questo libro vuole dare testimonianza della possibilità di rinascita anche dalle situazioni più difficili e delle infinite risorse di ogni essere umano: non c’è dolore per quanto grande (…) che non possa ricevere aiuto e dinanzi a cui non sia possibile ritornare alla luce”. 
    In particolare, pagine toccanti sono quelle che narrano degli incontri con i genitori in lutto, pagine che l’autrice scrive come un diario intimo e delicato, che interroga, scuote, con-vince e commuove i lettori… Rimane scolpita l’immagine della mamma che si portava la sediolina pieghevole al cimitero, e stava lì, ogni giorno, per tutto il giorno; madre che poi, sostenuta anche dagli incontri di gruppo, ritrova la forza di ‘guardare’ di nuovo suo marito, il cui amore la riscalda, la cura e la riporta alla vita… Rimangono impressi i dialoghi sulla stanza del figlio – come non ricordare l’omonimo film di Nanni Moretti, premiato con l’Oscar? – che da ‘stanza senza vita’ diventa lo spazio dove si va a stirare, ci si mette alla scrivania per fare i compiti, si guarda la tv la sera… Si rimane colpiti dalla rabbia, dolorosa e comprensibile, di quel papà quasi rimproverato da un collega solo perché, alcuni mesi dopo la morte del figlio, continuava a provare sgomento e tristezza… Si pensa a quella madre, impietrita nel suo dolore, che si convince ad andare all’incontro di gruppo in via dei Ciliegi, quasi ‘sospinta’ in sogno dalla figlia scomparsa… 
Cimitero monumentale di Iglesias
     Alla fine, per una sorta di strana alchimia, il libro lascia a chi legge non la sensazione di una sofferenza disperata, ma l’inattesa e impalpabile carezza quasi di una misteriosa consolazione... 
   Scrive ancora, infatti. il professore Salonia: “La teoria della Gestalt punta non tanto a un’accettazione rassegnata, ma a un ‘adattamento creativo’, a ripristinare la vitalità anche se dolente… È come un ripetere che l’uomo è fatto per la felicità, anche se ferito mortalmente”.
       Allora, suggerisce infine l’autrice: “Forse il segreto di ogni sapienza di vita è proprio nel saper trovare la giusta distanza dalle nostre stelle (de-sidera): mantenere ogni relazione come desiderio vibrante che ci riscalda e illumina anche se non possiamo ottenerla come vorremmo… Sarà anche la giusta distanza che prenderemo dalle persone care, con quel continuare a desiderarle, ma sapendo che non possono esserci accanto: stelle irraggiungibili, ma che ci incantano e che sappiamo che continueranno a brillare sempre”.


Maria D’Asaro, 2 novembre 2025, il Punto Quotidiano