venerdì 30 maggio 2025

Guerre che ho (solo) visto

 
     "Le guerre non si dichiarano più e si eternizzano, così come non si sa più quale e dove sia quello che un tempo si chiamava ‘ campo di battaglia’  … guerre solo viste, nella velocità istantanea dell’ubiquità mediatica
      Si passa il tempo più a cercare di giustificare la guerra (le guerre) che a pensare e immaginare la pace.
È questa comune esperienza da spettatrice attraverso gli schermi che allora vorrei mettere a fuoco. 
      Incollata allo schermo, ho assistito all’inizio dello scatenarsi notturno della prima guerra del Golfo (gennaio 1991) che è stata anche la prima guerra in diretta globale. (…)
    Subito dopo, aveva infatti inizio lo spettacolo dei fuochi su Baghdad, un misto tra una riedizione tecnologica e disneyana delle Mille e una notte e un nuovo capitolo di Star wars. (…) Con la seconda guerra del Golfo, dopo la strage dell’11 settembre e il devastante crollo delle Torri gemelle causato dall’attentato terroristico suicida, eccomi di fronte alla ‘guerra pulita’ (ripulita dai corpi che sanguinano e muoiono) (…)
    Nel periodo intermedio, ho assistito anche alla guerra, o meglio alla serie di guerre (civili ed etno-nazionalistiche) della ex Juogoslavia con il nuovo diretto coinvolgimento degli Stati europei, seppur celato dall’equivoca formula di ‘operazione umanitaria’.
    Sempre con gli occhi fissi allo schermo (…) ho seguito nel cosiddetto ‘tempo reale’ le notizie che provenivano non dal fronte, perché ormai le guerre sembravano non avere più un fronte, piuttosto da un non-luogo: lo spazio aereo notturno e indefinito solcato da lampi, il correre zizzagando dei civili nel tentativo di evitare i proiettili dei cecchini, ma soprattutto le zone di nessuno dei campi profughi ammassati in una grande discarica umana a cielo aperto. (…)
    Protagoniste assolute le telecamere… lungo il confine tra Albania e Kossovo, a Kukes, pronte ad ‘accogliere’ le ondate successive di profughi. E con loro tornavano inevitabilmente a mostrarsi i corpi: corpi non combattenti, sfiniti, violati, intrappolati, annichiliti, soprattutto di donne, insieme a bambini e a vecchi. (…)
    Ed ecco, oggi li rivedo, sono gli stessi anche se parlano un’altra lingua. Corpi in fuga, senza luogo, spostati, braccati: ‘comparse’, ammutolite dalla paura e dal dolore, che vengono a occupare l’intera scena della tragedia bellica, ma destinate a passare in clandestinità, come vite spettrali, sul fondo e sui retroscena della ‘pace’ futura. (…)
    Ciò che torna a riaffacciarsi è il silenzio della lingua. Che cos’è infatti quello che stiamo vedendo? Come chiamarlo?  Perché non sembra bastare più la parola ‘guerra’ (per lo più non dichiarata e che assume le forme di un annichilimento totale o quelle ibride del killeraggio o dello stragismo bellico, di controffensiva seguita da un’altra ancora più letale, dove la guerra diventa fine a se stessa) cui contrapporre semplicemente la parola ‘pace’ innalzata come una lacerata bandiera bianca. (…)
      Nell’assistere a tutto ciò, come per il Lord Chandos di Hofmannsthal «Le parole astratte mi si sfacevano nella bocca come funghi ammuffiti».
Allora, forse, quello che non si può dire bisogna scriverlo. Così, tra la catastrofe e la speranza bisogna anche attraversare la crisi della parola."

Rosella Prezzo Guerre che ho (solo)  visto Moretti&Vitali, Bergamo 2025
dalla Premessa, pagg. 13-18

Alla presenza dell’autrice, Guerre che ho (solo) visto verrà presentato ai Cantieri culturali della Zisa, domenica 8 giugno prossimo, alle ore 19, in occasione della rassegna Una marina di libri

martedì 27 maggio 2025

Macerie


Wherever

Solo macerie

Schegge di pianto

Segnali di vita cercasi...

Disperatamente





domenica 25 maggio 2025

Addio a Pepe Mujica, la politica che serve...

        Palermo – Il 13 maggio a 89 anni è morto a Montevideo José Alberto Mujica Cordano, conosciuto come Pepe Mujica, presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015, uomo simbolo di una politica di servizio, prossima ai bisogni delle persone. Aveva detto tempo fa: "Ho dato un senso alla mia vita, morirò felice".
       Il suo impegno politico iniziò negli anni ’60 con l’adesione al movimento dei Tupamaros, organizzazione di ispirazione marxista-leninista, a difesa dei diritti dei lavoratori e vicina agli ideali della rivoluzione cubana.
      Dopo il colpo di stato del 1973, opera del dittatore Juan María Bordaberry, venne imprigionato in un carcere militare, dove rimase per circa 12 anni, quasi sempre in completo isolamento. Venne liberato solo nel 1985, quando tornò la democrazia. (continua ne il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 25.5.25, il Punto Quotidiano

giovedì 22 maggio 2025

La relazione è la cura...

       “Secondo il modello gestaltico, l’intervento di sostegno e cura del counsellor o del terapeuta è sempre sulla modalità di relazione. Il contenuto di cui il cliente o il paziente parla è essenzialmente un contenuto di relazione: più del ‘cosa’ viene detto, è importante ‘a chi’ viene detto e ‘come’. Il vero contenuto diventa la relazione. 
       È precipuamente su essa che si acquisiscono informazioni su chi ci è di fronte ed è ad essa che è teso l’intervento curativo. Intervento che sarà, a sua volta, una relazione: il modo in cui chi si prende cura interagisce modifica in qualche modo la capacità di contatto di chi sta chiedendo aiuto, diventando dunque la via.
Seguendo la linea tracciata dal ciclo di contatto, il sostegno – come vedremo – acquisirà modulazioni diversificate a seconda del momento in cui il processo di contatto si trova.
      Nel caso di incontri di gruppo, strumento di cura è anche la relazione che si instaura fra i membri, tuttavia il riferimento principe e diretto di ogni episodio di contatto ha sempre come referente il trainer. Questi deve avere delle competenze professionali o essere stato formato al compito: il suo ruolo non è paragonabile ad un direttore d’orchestra o ad un regista, ma – direi – ad un servitore di tavola, che sta accanto ai commensali un passo indietro e vigila attentamente provvedendo affinché abbiano  tutto ciò che gli serve. (…)
       Fondamentale è l’approccio fenomenologico: osservare l’altro, ascoltarlo non solo nelle sue parole ma nelle inflessioni della voce, nel ritmo, nelle vibrazioni che ogni muscolo esprime è quel ‘qui e ora’ che permette a chi si prende cura di non aggiungere niente di suo (né pregiudizi, né risonanze personali, né interpretazioni) ma di essere lì presente solo per l’altro. «Il fallimento o il successo di un’intenzionalità di contatto sono ‘visibili’ nel corpo o, meglio, nel corpo in relazione».
    Considerare la coerenza fra ciò che si dice e come lo si dice (fra comunicazione verbale o non verbale) fornisce inoltre dati significativi per ogni intervento di sostegno o cura.”

Agata Pisana La giusta distanza dalle stelle
L’elaborazione del lutto genitoriale secondo la Gestalt Therapy pp.38,39,42


Il saggio della professoressa Pisana è prezioso perché, oltre a raccontare un processo significativo di elaborazione del lutto di genitori che hanno perso un figlio, presenta in modo assai chiaro i fondamenti della Gestalt Therapy.

martedì 20 maggio 2025

Il sapere che stiamo perdendo: non si legge più...

       "Qualcuno ogni tanto dovrà pur dire ciò che, per quanto sia imbarazzante, è evidente. Ci sarà un limite alle “cose opportune”, alle pietose bugie, alle flaubertiane idee correnti, alle ipocrisie, ai moniti solenni, alle retoriche parole che possono essere dette e che una società può reggere. Un limite di non-parresia oltre il quale si soccombe, un limite di dissimulazione, onesta o disonesta che sia, oltre il quale la realtà non la becchi proprio più.
        È un limite questo che non riguarda solo le grandi questioni: la geopolitica, l’economia, la virologia, la guerra e la pace ma anche quelle apparentemente meno grandiose. In teoria la verità la dovrebbero inseguire quei pochissimi filosofi che sono disposti a pagarne il prezzo ma a volte, forse più spesso, scappa dalla penna degli scrittori veri (per non citare sempre Pasolini si pensi a Bianciardi, ad esempio). 
      Ne è scappata una piuttosto importante a un ottimo scrittore e saggista, Giuseppe Montesano sul non sempre interessante Robinson, inserto letterario di la Repubblica. Montesano afferma, nel numero del 2 febbraio 2025, con dolore, con imbarazzo, con perplessità, una cosa che ci dobbiamo decidere a dire: non si legge più, e se si legge si legge poco, male, con sofferenza e senso di colpa. Intorno a noi la gente (quella che leggeva e amava i libri) non legge più. 
    Vorrebbe, forse ne ha nostalgia, si ripropone di farlo, magari compra anche dei libri, ma non legge più, non ci riesce. Poi Montesano, da parresiasta, affonda di più il coltello: anche lui legge sempre meno. Scrive: “Anch’io sempre più spesso prendo un libro in mano solo se credo di non avere niente di più eccitante da fare, e mi preparo, lo apro, comincio e ecco (…) mi sembra di perdere tempo, allora mi alzo e bevo, mi chiedo se non devo fare qualcosa che ho dimenticato di fare, penso che non sto producendo niente, penso che dovrei lavorare, comincio a sentire una specie di ansia”. 
      Montesano, credo che l’informazione non sia superflua, è autore anche di un monumento alla lettura come modo di vivere di circa duemila pagine: Lettori selvaggi. Il pezzo prosegue poi svelando il nome dell’assassino. Montesano ci racconta che, per un attimo, solo per un attimo, guarda le news sullo smartphone e … “vado con i pollici, clic clac clic clac e mi incanto, e sì, sono di nuovo con tutti, di nuovo come tutti, leggero, libero. Che orrore! (…) io non voglio essere il servo sciocco che produce like! (…) eppure la fabbrica dei like ci adesca”.    (continua qui

Davide Miccione

Del prof. Miccione ho recensito alcuni testi e riportato suoi scritti. 
Qui (ma non solo):


domenica 18 maggio 2025

“Zagara di Primavera”, uno scrigno di bellezze

       Palermo – Da venerdì 16 a domenica 18 maggio l’Orto Botanico di Palermo ospita la 28° edizione della “Zagara di Primavera”, mostra-mercato di giardinaggio e floro-vivaismo. 
      All’Orto Botanico sono presenti oltre sessanta espositori provenienti da tutta l’Italia, ognuno con il suo prezioso ‘carico’ verde: dalle piante grasse o succulente, alle orchidee, agli alberi di agrumi a quelli esotici, alle umili piante aromatiche, come menta e basilico. C’è anche la partecipazione del coltivatore thailandese Mr. Santiporn Sangchai (Lek) che, dal vivaio Little One Plant Nursery, ha portato a Palermo le sue rare piante succulente.
   La mostra attrae ogni anno un gran numero di visitatori. “Zagara di Primavera è un momento di scambio, cura e consapevolezza – ha sottolineato il professore Rosario Schicchi, dal 2017 direttore dell'Orto Botanico – infatti i vivaisti non si limitano a vendere, ma trasmettono storie e consigli, affidando le loro piante a chi saprà amarle.”
Quest’anno, in occasione del 230° anniversario dalla nascita del nuovo Orto Botanico, alla “Zagara di Primavera” sono state affiancate (continua ne il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 18 maggio 2025, il Punto Quotidiano









venerdì 16 maggio 2025

Bandiera bianca

 


Trionfo

Del disumano

Drappi rossi tremanti

Respiro spezzato a chi nasce

Perché?

mercoledì 14 maggio 2025

La vita è un tra-esserci...

P.Picasso: La famiglia Soler (1903)
       "Uno degli assunti di fondo della Gestalt Therapy (GT) è la certezza che ogni sequenza esistenziale è sempre relazione. Ogni individuo prova sensazioni interiori, avverte bisogni, sviluppa desideri o sentimenti, pensa, decide, agisce sempre e comunque ‘in relazione a’, ‘in riferimento a’. Nulla è mai assoluto, mai sussistente in sé. La nostra vita è un con-esserci o – come precisa Giovanni Salonia – un tra-esserci. 
      Vibrare per l’ansia dell’incontro e sentirne tuttavia il fascino così travolgente da rischiare, da osare presentarsi nudi, veri e vibranti dinanzi all’altro. Registrare dentro se stessi – nel proprio corpo, nella propria respirazione – il successo o il fallimento di un incontro e sapere che di successo o di fallimento si parla non perché si è riportata una ‘vittoria’ sull’altro, non perché si è stati adulati o approvati, ma solo perché ci si è incontrati con tutto se stessi non in una terra propria ma nella «terra di nessuno», laddove le logiche del potere e dell’arroganza si perdono e con cuore umile e buono si vede l’altro e lo si accoglie così com’è.
     Quest’incontrarsi è la forza che dà energia all’esistenza, questa la molla di ogni nostra scelta, questa la causa e l’effetto di ogni nostro sentire.
Quando nella vita relazionale si attua un incontro autentico e pieno (un ‘contatto’) c’è appagamento ed energia, che permangono anche in assenza dell’altro. La GT definisce confine di contatto questo luogo in cui abita la traità, questo spazio esistenziale in cui due realtà (due persone) si incontrano.
      Tutta la vita è, allora, un continuo muoversi verso un ‘contatto’, una successione di episodi esistenziali definiti ognuno ciclo di contatto, che ha un suo preciso iter: da uno sfondo di percezioni, emozioni, ricordi e quant’altro affiora, nel qui ed ora del trovarsi dinanzi a un Tu, un bisogno che gradatamente prende corpo e che ha sempre come sua finalità l’incontro (il contatto vero e pieno). Individuato un possibile modo d’incontro, l’energia sale dentro di noi e ci porta ad avvicinarci all’altro per raggiungerlo attraverso una parola, un gesto, un’azione che concretizzerà l’incontro.
        L’esperienza fatta verrà quindi assimilata e diventerà crescita lasciandoci pronti ad un nuovo episodio di contatto. Il tutto è preceduto da una fase di pre-contatto che costituisce l’humus immediato da cui tutto il processo emergerà e prenderà corpo. «L’analisi dei processi di contatto permette di delineare una grammatica della relazione che diventa orizzonte di comprensione dell’esistenza, delle sue patologie, della sua cura».

Agata Pisana La giusta distanza dalle stelle
L’elaborazione del lutto genitoriale secondo la Gestalt Therapy pp.35,36
Vedi anche qui.
 

domenica 11 maggio 2025

"Vi scriverò ancora": le lettere per conoscere Camilleri

Andrea Camilleri con la moglie Rosetta Dello Siesto
           Palermo – “Vi scriverò ancora” (Sellerio, Palermo, 2024) è il titolo del libro che raccoglie le lettere scritte da Andrea Camilleri ai genitori, al padre Giuseppe e più spesso alla madre Carmelina Fragapane, quando nel 1949 da Porto Empedocle si trasferisce a Roma per studiare regia all’Accademia nazionale di Arte drammatica, sotto la guida di Silvio d’Amico e Orazio Costa.
       Curata da Salvatore Silvano Nigro con la collaborazione di Andreina, Elisabetta e Mariolina, le tre figlie dello scrittore, la raccolta si ‘chiude’ con una lettera del 31 agosto 1960, che mostra un Camilleri trentacinquenne ormai maturo, sposato da tre anni con Rosetta Dello Siesto, padre di due bambine (la grande, Andreina, assai vivace, è appellata affettuosamente ‘criminale’)  e finalmente regista affermato: infatti, oltre a portare a teatro «Le sedie» di Jonesco, è ormai anche il primo regista a rappresentare Samuel Beckett in Italia, di cui già nel 1958, al Teatro dei Satiri di Roma, ha messo in scena Finale di partita, e in seguito ne curerà una versione televisiva con Adolfo Celi e Renato Rascel. 
       Pur nella ripetitività di diario/notiziario minuto su stato di salute, sugli studi appassionati e sulla diuturna forsennata ricerca di lavoro, con la periodica necessità di chiedere soldi ai genitori, per la scrivente, appassionata lettrice dell’illustre conterraneo, il testo è stato una piacevole sorpresa, che le ha permesso di scoprire e apprezzare aspetti sconosciuti dello scrittore, approdato a Roma inizialmente come studente fuori sede, vincitore di una borsa di studio di regia teatrale all’Accademia di Arte drammatica, da cui però verrà escluso un paio d’anni dopo per motivi ‘boccacceschi’, che Camilleri stesso rivelerà nel 2002 in un’intervista a Saverio Lodato. 
    Dopo tale esclusione, oltre a continuare a studiare giorno e notte, il futuro scrittore si metterà alla ricerca di qualsiasi lavoro legato al mondo dello spettacolo per racimolare i soldi necessari a vivere senza i vaglia della famiglia. Emblematica la chiusa di una lettera del 22 maggio 1953 alla madre: (continua qui: il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 11 maggio 2025, il Punto Quotidiano

Di Andrea Camilleri, che amo particolarmente, ho scritto più volte, ad esempio qui,   qui, 

mercoledì 7 maggio 2025

Habemus Papam?

    Sull'imminente elezione papale, ecco le riflessioni del mio amico Augusto Cavadi: 

"Ad ogni morte di papa il mondo occidentale si sveglia teologo. E mentre chi teologo lo è davvero tende a tacere, perché sa – come ha scritto in questi giorni don Paolo Scquizzato - che “il Silenzio è l’ultimo nome che ci rimane per Dio”, altri intellettuali (la cui formazione in queste tematiche si è fermata al catechismo  della Prima Comunione) moltiplicano dotti pareri e irrichiesti consigli. Talora misti a cavolate imbarazzanti come la tesi che il rimpianto Benedetto XVI sia stato l’ultimo papa legittimo (tesi che, se veritiera, farebbe dell’intero collegio cardinalizio un gregge di incompetenti in diritto canonico e dell’eruditissimo  Joseph Ratzinger un povero rimbambito incapace persino di dimettersi come si deve).
In questa bailamme non mi sembra corretto sottrarmi alla richiesta di qualche amica che – avendo letto un mio intervento sul difficile bilancio del pontificato appena conclusosi (https://www.adista.it/articolo/73728) – mi sollecita alcune parole sul pontificato che ci attende". (continua qui)

E un esaustivo articolo sulle modalità dell'elezione papale, scritto dal direttore de il Punto Quotidiano Nicola Savino: 

"Ormai è tutto pronto: da mercoledì prossimo i cardinali si chiuderanno in conclave per eleggere il nuovo Papa. In questi giorni, come spesso avviene, in tanti si sono scoperti esperti di faccende ecclesiastiche e si sono cimentati in pronostici e previsioni sia sul tempo che servirà per arrivare alla fumata bianca che, soprattutto, sul nome del successore di Francesco. Le agenzie di scommesse inglesi sfornano le quote dei vari favoriti, aggiornandole in tempo quasi reale a seconda dei rumors che si alternano segnalando ora un porporato, ora un altro. Fatiche inutili, tanto più che non va mai dimenticato l’antico adagio che recita: “Chi entra papa in conclave, ne esce cardinale”. A sottolineare che nel chiuso della Cappella Sistina, le sorprese sono dietro l’angolo e le anticipazioni, più o meno informate, non contano nulla.
Il Conclave più lungo nella storia della Chiesa è anche quello da cui ne è derivato il nome. Nel 1268 i cardinali si riunivano al palazzo dei Papi di Viterbo." (continua qui)


lunedì 5 maggio 2025

Ma cosa c'è davvero in fondo al mare?

         Palermo – Pezzi di cucine, pneumatici, plastiche, reti, scarpe, vestiti, persino un’automobile: a seicento metri di profondità, nello stretto di Messina tra le coste calabresi e quelle siciliane c’è di tutto. Lo svelano i 72 minuti del documentario Abyss Clean Up realizzato tra il 2020 e il 2023 da Igor D’India, in collaborazione con il CNR e l’Università La Sapienza di Roma, prodotto da POPCult con il sostegno della Regione Siciliana e dell’associazione ‘Sea Shepherd Italia’ che ha messo a disposizione del progetto un’imbarcazione capace di contenere l’intero team e i ROV (Remotely Operated Vehicle), cioè veicoli subacquei a controllo remoto.

Ecco qualche spezzone dell’intervista rilasciata a Carlo Andriani per la rivista National Geographic Italia da Igor D’India e dalla professoressa Martina Pierdomenico, ricercatrice del CNR. 

Come nasce il documentario “Abyss Clean Up”?

Igor D’India: “Abyss Clean Up” nasce per puro caso mentre cercavo spunti e idee per un documentario: mi è capitato sottomano un articolo sullo studio della professoressa Martina Pierdomenico. Mi sono interessato all’argomento e ho inviato una lettera agli autori per saperne di più con l’obiettivo di realizzare un documentario

Qual è lo stato dei rifiuti sottomarini nello stretto di Messina?

Igor D’India: Questi rifiuti stanno sprofondando e stanno diventando parte del substrato. È triste dirlo ma facendo un carotaggio troveremmo rifiuti di decenni fa.

Martina Pierdomenico: C’è da dire che abbiamo esplorato solo una piccola porzione dello stretto di Messina. Siamo andati all’interno dell’asse di alcuni canyon che dovrebbero essere le zone in cui questi flussi di sedimento si concentrano (e così anche i rifiuti). Siamo arrivati a 600 metri di profondità mentre il Canyon di Messina, nella zona centrale tra Sicilia e Calabria, arriva fino a 2.700 metri. Abbiamo iniziato a vedere la punta dell’iceberg. Ed è difficile dare una stima della situazione perché le zone più profonde sono ancora inesplorate. 

Perché i fondali dei nostri mari e fiumi si trasformano in discariche di rifiuti? E soprattutto perché questo problema emerge solo di recente? (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 4.5.25, il Punto Quotidiano

sabato 3 maggio 2025

La giusta distanza dalle stelle: vertice di cura...

      Ci sono testi particolarmente preziosi: La giusta distanza dalle stelle, il saggio scritto da Agata Pisana, che ripercorre un percorso di elaborazione del lutto di genitori a cui è morto un figlio, è uno di questi.
   Leggerlo è sicuramente impegnativo, ma necessario se si vuole acquisire competenza su cosa sia un autentico counselling di cura secondo l’ermeneutica della Gestalt Therapy e  se si vuole cercare di 'contenere' uno dei dolori più grandi, forse il maggiore in assoluto, che il cuore umano può provare.
    Prima della recensione, proporrò alcuni stralci del testo. 
Ecco il primo:
 
“Ogni dolore, se non condiviso, se non espresso in verità e libertà, diventa incubo. Si sviluppa un senso di isolamento ed inadeguatezza. È questo sfondo così lacerato che stiamo cercando di ricostruire insieme. Come se raccogliessimo i brandelli di vita scagliati tutt’intorno da un’esplosione improvvisa e a poco a poco, pur se provocando a volte ulteriore dolore, li ricucissimo l’un l’altro.
Restano sempre i rattoppi, le suture bruciano, qualcosa ha assunto una forma diversa, ma se si sarà ri-creato uno sfondo esplorabile e flessibile, l’Io può tornare a far figura e la vita a fluire. E a trovare parole.
     Rassicurati da una relazione con noi accogliente e onesta, ma anche forte e libera, i genitori possono adesso dire: una parola detta non è più chiusa dentro il cuore ed il sentirne il suono la fa risuonare dentro in modo diverso. Per il solo fatto di essere stata detta, una parola avvia un processo di sviluppo di ciò che essa ha espresso.
     Tuttavia, se la dicibilità è requisito fondamentale della possibilità di procedere nell’esperienza del contatto, perché le parole siano efficacie producano movimento del Sé è necessario che esprimano esattamente ciò che si sente, che lo esprimano tutto e che lo esprimano in autenticità. Per questo è importante sollecitare una piena focalizzazione dei vissuti. Se la morte di un figlio è, per certi versi, un subire una violenza dalla vita, il narrare e narrarsi è parte integrante del processo di guarigione: «Raccontare una storia consente di stabilire un contatto umano con il prossimo interrompendo l’isolamento provocato dalla violenza».
    L’attenzione costante da parte nostra alle loro parole ma anche a ciò che comunicano con i gesti, con l’intonazione e le pause, in un’ottica di cura sempre prioritaria e dominante, ci permette di non restare travolti dai vissuti che le loro stesse parole esprimono. Stiamo accanto ma non soffriamo con loro e per loro, altrimenti non li aiuteremmo.  È compassione quella che ci muove a essere qui, a fare volontariato, a spendere tempo ed energia ed è una compassione esistenziale, che appartiene agli esseri umani in quanto sensibili verso gli altri e capaci di responsabilità e che si concretizza nell’individuare e realizzare ciò che si ritiene il miglior aiuto possibile rispetto al contesto.”

Agata Pisana, La giusta distanza dalle stelle
L’elaborazione del lutto genitoriale secondo la Gestalt Therapy pp.82.83

(La professoressa Agata Pisana, già docente di Filosofia e Storia nei licei, è counsellor formatore supervisore a indirizzo gestaltico e... tanto altro ancora)

giovedì 1 maggio 2025

Festa del Lavoro o Festa dal Lavoro?

Intreccio: opera di Gabriele Grossi (dal suo blog El gropo)
      Scrive Lanza del Vasto nel  libro L’Arca aveva una vigna per vela: “Nel Principio era la Festa. Con la Festa lo Spirito comincia a manifestarsi tra gli uomini. Dalla Festa sono usciti i popoli, sono stati fondati un giorno di festa; sono stati fondati sulla Festa.  (…)
        Lavorare insieme, questo vi unisce, certamente, ma festeggiare insieme vi unisce di più. E poi occorre che gli stessi lavorino e festeggino. Non bisogna che gli uni festeggino mentre gli altri lavorano! Occorre che tutti festeggino: non c’è delitto comunitario più grave che quello di mancare alla Festa! (…) La Festa è la festa della presenza di Dio in mezzo a noi, è la commemorazione della nostra fondazione, è il ricordo della nostra ragion d’essere. La nostra ragion d’essere e la nostra ragione di essere insieme. (…)
       Quindi andiamo alla Festa parati e mascherati perché cessiamo di essere il piccolo io-io-me, e indossiamo ornamenti di luce. Allora entriamo nell’entusiasmo. Entusiasmo è una parola che significa che Dio è in noi. Dio è in noi ed è visibile. (…)
      La Festa è la presenza di Dio tra di noi ed è la presenza di noi stessi a Dio. È in qualche modo l’atto d’amore, il matrimonio del popolo con Dio. Ogni matrimonio è una festa, e ogni festa è un matrimonio; il matrimonio è la ripresa della vita, è una sfida alla morte: unendoci faremo sprizzare una scintilla di vita, faremo uscire da quest’unione un vivente che durerà oltre la nostra morte. Rinunceremo a noi stessi per entrare nella vita eterna, La Festa vuol dire questo.”

Si può condividere o meno la visione da credente di Lanza del Vasto, ma, a mio avviso, non si può disconoscere la grande valenza umana e antropologica della Festa, del riposo, della contemplazione, delle relazioni gioiose e disinteressate e della bellezza: dobbiamo avere il coraggio di denunciare l’obbrobrio dello spirito capitalista e materialista che ci dice che siamo nati per sgobbare e per avere sempre di più. Quest'idea di fondo della società mercantilista, che si trasforma nell’idolo della crescita, è un tradimento della nostra essenza umana più vera. Se c’è una ragione per vivere è quella di esserci per le relazioni, per la cura, per fare Festa.
    Il lavoro non rende liberi, spesso rende schiavi e sottomessi, ingranaggi schiacciati di un meccanismo economico assurdo e inumano. Certo è necessario lavorare per prenderci cura responsabilmente dei bisogni di tutti. Ma il lavoro non può e non deve diventare un vitello d’oro a cui sacrificare la nostra vita. Il lavoro è un mezzo, non un fine.

Su Lanza del Vasto e la Comunità dell'Arca vedi anche qui e qui.