venerdì 13 marzo 2009

The Reader


Difficile dire, per la ricchezza poliedrica dei temi trattati e per la sua toccante intensità, cosa sia “The Reader”, splendido film di Stephen Daldry. Se un film sull’orrore di Auschwitz e sulle banali e inquietanti complicità che lo hanno reso tragicamente possibile (come non ricordare Hanna Arendt e il suo saggio “La banalità del male”?) e sulle assillanti domande che la Shoah pone al Tribunale della Storia, domande destinate a non avere risposte univoche e chiare - O semplicemente un film sull’iniziazione: al sesso e all’amore in primo luogo - Oppure un film sulla letteratura e il suo immenso potenziale catartico: un racconto sull’iniziazione al piacere di leggere (o farsi leggere) le storie narrate dai libri.
Libri che nel film sono un diaframma, un filtro, una barriera protettiva, un topos virtuale dove trovare protezione e rifugio, specie se la realtà è troppo dura e vuota. Ma “The Reader” è anche il film che racconta la difficoltà di uscire dalle proprie iniziazioni, siano esse l’ubbidienza incondizionata agli ordini nazisti o solo le dolci carezze di una sconosciuta bigliettaia di tram: iniziazioni che si trasformano, per Michael e Hanna, in prigioni esistenziali. Non del tutto redente e salvate dalle tante pagine lette, in mancanza di uno sguardo affettuoso, di una pietas superiore che avrebbero forse potuto riscattare la loro sconfinata solitudine.
La vicenda coinvolge pienamente lo spettatore e sembra suggerirgli uno sguardo, pur se non assolutorio, profondamente compassionevole e nonviolento: nel film infatti, vittime e carnefici non sono poi così lontani e diversi, ma mostrano simili pulsioni, paure, condizionamenti e sentimenti. Quasi a dirci che potrebbero essere l’uno il negativo del volto dell’altro.
Magnifica l’interpretazione di Kate Winslet, che, impeccabile anche nel ruolo di moglie infelice in “Revolutionary Road”, a questa prova deve la statuetta dell’Oscar.

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