“Abbiamo materassi a molle, con certificato di garenzia…abbiamo lettini a castello, fodere, lenzuola…"Il silenzio sonnolento delle borgate siciliane è spesso rotto da un lapone sbrindellato che abbannìa le sue mercanzie.“Quando mi cercate non mi trovate, ...buono, pulito e raffinato… il sale ci vuole meglio dell’olio”. “Ammolo lame, cortelli, riparo cucine a gas, …”Se sei per strada lo vedi: un lapone, magari senza sportelli, con un uomo senza età, sospeso tra una vicina giovinezza e una precoce vecchiaia. E se vende pollanchelle - “tenera, cavura, pollanchella,,,” – c’è anche qualche ragazzino, triste o sorridente, spesso precocemente spavaldo. Magari anche una bambina con lunghi capelli arruffati, che ti fissa in silenzio senza un perché. Epigoni di una Sicilia immutabile e arcaica, solo sfiorata dalla modernità che si sovrappone pigramente a un sostrato di espedienti e precarietà. Una Sicilia dove la modernità è soltanto il megafono che sostituisce l’abbannio del venditore.
(“Centonove”: 27.02.09)
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