Cinque anni di
distanza, l’uno dall’altro. Due storie scolastiche e umane assolutamente
parallele. Una doppia sconfitta bruciante sulla quale ancora mi interrogo.
Venne prima
Luca: ingresso di basso profilo. Il problema grosso furono subito le assenze.
Telefono a casa: risponde la madre: - Professoressa, abitiamo a Ciaculli: io
non ho macchina, e l’autobus a volte salta una corsa. – Dico che mi dispiace,
ma Luca non può perdere l’autobus tre giorni
su sei. La signora promette maggiore collaborazione. Ma la
situazione è sempre la stessa: Luca viene poco e studia ancor meno. Bocciato.
L’anno dopo mi
riprometto di fare di più. Colloqui con Luca. Telefonate assillanti alla sua
famiglia. Tutoring stretto di alcuni docenti. In qualche modo, Luca passa in
seconda.
A inizio
d’anno, subito due mesi ininterrotti di assenza. – Che succede, signora? – Luca
è ricoverato, ha una bronchite.- Appena le è possibile, mi consegni il
certificato. –
Il certificato
non verrà mai consegnato. Luca rientra a singhiozzo. Le motivazioni delle
ulteriori assenze sono poco credibili. Qualcuno sussurra che ormai lavora in un
mercatino.
Luca non ha neppure
quattordici anni. La scuola è per lui un diritto e un dovere. Lo ribadisco alla
madre. La situazione non cambia. Segnalo la frequenza irregolare ai Servizi
sociali.
Che fanno una
visita domiciliare, a fine anno scolastico. Quando però l’esito positivo è
ormai compromesso, anche perchè Luca avrà frequentato si e no quattro mesi in
totale: – Ma l’anno prossimo sarà tutta un’altra musica - promettono all’unisono genitori e assistente
sociale.
Ecco di nuovo
Luca in seconda. Adesso, ovviamente, c’è un nuovo problema: è alto un metro e
settantacinque, ha gli ormoni a mille, fatica a trovare un contatto con
professori e nuovi compagni.
I colloqui con
i genitori – Professoressa, lo faremo venire – I blandi ammonimenti di
un’assistente sociale: - Il ragazzo è in obbligo scolastico: dovrò scrivere in
Tribunale? – I timidi tentativi di recupero di qualche insegnante, purtroppo
non sortiscono a niente.
Alla fine
dell’anno il ragazzo compie sedici anni. Di nuovo bocciato; anche l’assistente
sociale non trova soluzione diversa dell’iscrizione a un corso serale.
Il problema è
che nessuno controlla se poi, il corso serale, il ragazzo lo frequenti davvero.
A volte lo
faccio io, d’iniziativa. Ma non perché mi competa. Non ci sono i corsi di
educazione per gli adulti nella mia scuola e quindi il tutto è fuori dalla mia
sfera di competenza. Lo faccio così, per coscienza, perché vorrei, sino a
quando ne ho la possibilità, dare una mano e una spinta, a questi ragazzi.
Nel caso di Luca,
non sono riuscita a sapere se al corso
serale ci sia andato. Forse si, ma poi lo ha lasciato a metà.
Quello che so
è che un anno dopo venne Simone, il fratello più piccolo. Che, a parte gli
occhi celesti - quelli di Luca erano nocciola scuro – del fratello era
veramente la copia: capelli ricci e castani, grandi occhi espressivi e
mobilissimi, con un fondo di perduta e straniante tristezza.
La vicenda
scolastica di Simone fu, praticamente, fotocopia di quella di Luca.
Giuro che mi
sono impegnata molto di più: perché Simone frequentasse (telefonavo, con
ostinata regolarità, due volte a settimana), perché i docenti fossero il più
accoglienti possibile, perché avesse i libri di testo.Durante un
colloquio, quando Simone era, per la seconda volta, in seconda, dopo aver
ripetuto anche lui due volte la prima, gli chiesi: - In che cosa non siamo
stati capaci di darti una mano? – Lui mi regalò uno sguardo dolcissimo e rispose,
convinto: - Professoressa, voi non fate niente di sbagliato … è che a me la
scuola non piace. –
Ecco, quello
era il punto. Ai suoi genitori, della scuola non importava un bel niente. E noi
non siamo stati capaci di fare scattare, in Luca e Simone, quella preziosa
scintilla. Che è la curiosità per lo sguardo diverso sul mondo, la possibilità
che la cultura ti regali una marcia in più, che ti faccia sentire più uguale e
diverso.
Perché è sulla
didattica, che ci giochiamo la nostra partita.
La Storia: non
da pagina x a pagina y e bla bla bla. Ma storie di donne e di uomini. Di lotte
per la dignità, per la vita, per una faticosissima giustizia sociale.
La Scienza: passione e interesse per come è
fatto il mondo, dalle galassie alla cellula. Sapere che la conoscenza è potere,
è guarigione, è un’infinita possibilità.
La Musica: la
magia di trarre armonie da una chitarra, da un piano, da un flauto, di comprendere
note che ti fanno volare lontano. E l’Arte: la capacità di “leggere” un quadro,
di scoprire che sai riprodurre Van Gogh o un’anfora greca.
La Geografia:
scoprire le mille possibilità di questo pianeta …
E poi
Matematica, Inglese, Spagnolo: il dono stupendo di comunicare in lingue diverse
…
Non ci siamo
riusciti. A fargli sentire che gustare una poesia è un dono prezioso. Che
riflettere su noi stessi ci rende più umani.
Simone lo vedo
al mercatino rionale, vicino casa. Vende cosmetici e intimo. Un giorno ho
comprato una crema, alla sua bancarella. Con fare serioso, ha parlottato al suo
capo. Poi, con un largo sorriso: - Per lei lo sconto di un euro. – L’ho
ringraziato. Mi sono sentita veramente piccina.
Io ho fallito,
con lui e suo fratello. Lui trova la forza di “raccomandarmi” e farmi lo
sconto.
Grazie, Simone.
Nella partita della vita, il debito è mio.