E.Munch: Starry night, 1924 |
Non avevo conosciuto tristezze, nell'infanzia: avevo conosciuto soltanto la paura. Enumeravo ora in me le cose che nell'infanzia mi avevano molto spaventato: un film dove c'era un uomo che stava seduto con un coltello e si chiamava Cian; il coltello gli serviva per tagliare il pane, però poi ammazzava qualcuno; e siccome mio padre nominava spesso il rettore dell'Università che si chiamava Cian, e che lui non poteva soffrire perché era fascista, ogni volta che diceva «Cian» io vedevo il pane e il coltello e sentivo un brivido. Poi avevo paura dei fascisti: delle loro camicie nere, delle bende verdi che avevano alle gambe, dei loro camion; e della canzone «Giovinezza giovinezza»; e della Camera del Lavoro, che era bruciata; e di un cappello da uomo insanguinato e polveroso che avevo visto una volta, accanto a una bicicletta storpiata, sul ciglio d'una strada; e di una donna che correva in lagrime e di un uomo che la inseguiva.
Queste cose, nell'infanzia, m'avevano fatto sospettare che ci fosse, nel chiarore dell'universo, qualcosa di oscuro: erano però solo paura, e sparivano con niente: bastava, a farle sparire, la voce di mia madre che ordinava la spesa, o la promessa d'un divertimento, o l'arrivo d'un invitato, o la comparsa in tavola di una pietanza nuova e buona, o la vista dei bauli, che mi ricordavano l'estate e la partenza per la campagna.
Ma adesso, dietro la paura s'era aperta la malinconia. Non avevo più solo il sospetto, avevo ora la costante certezza che l'universo non era chiaro e semplice ma invece buio, contorto e segreto, che ovunque si annidavano segreti, che le strade e la gente coprivano dolore e male; e la malinconia non spariva mai: non c'era forza che riuscisse a vincerla. Potevano arrivare invitati, pietanze buone in tavola, potevo avere un vestito nuovo, un libro nuovo, potevo vedere bauli, pensare ai treni, alla campagna, all'estate: la malinconia m'avrebbe seguito dovunque. Essa era sempre là, immobile, sconfinata, incomprensibile, inesplicabile, come un cielo altissimo, nero, incombente e deserto.
Natalia Ginbzurg: Mai devi domandarmi, I baffi bianchi, pagg. 152, 153 (Einaudi, Torino)
La malinconia è fondamentale nell'adolescenza per diventare grandi, se non uccide la speranza.
RispondiEliminaLa protezione dell'ambiente familiare spesso si scontra con la paura del mondo esterno tutto da scoprire in prima persona. Ricordo che mi aiutarono molto alcuni libri di Herman Hesse (Siddhartha. Narciso e Boccadoro, Demian). Trovare i libri giusti e qualche amico vero aiuta molto. L'adolescenza è il periodo più difficile della vita, è il momento della trasformazione da bambino a adulto. Purtroppo c'è chi questo passaggio non lo fa mai e rimane ostaggio della paura di vivere per tutta la sua esistenza.