domenica 8 ottobre 2023

Criminalità in Italia: la DIA tiene alta la guardia

      Palermo – L’arresto di Matteo Messina Denaro, già nel 1993 uno dei dieci latitanti più ricercati nel mondo, ma catturato solo il 16 gennaio 2023 e poi morto in carcere il 25 settembre scorso, non deve indurre a eccessivo ottimismo: anche se non sparano, in molte regioni italiane le mafie detengono ancora il controllo del territorio e condizionano pesantemente il tessuto economico.
      Lo afferma la recente relazione della Direzione Investigativa Antimafia (DIA), riguardante il secondo semestre 2022: 513 pagine di dati sull’andamento della criminalità organizzata nel nostro Paese.
Eccone alcuni significativi passaggi: 
       “Gli elementi investigativi finora raccolti confermano che le organizzazioni criminali di tipo mafioso, nel loro incessante processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti, hanno implementato le capacità relazionali sostituendo l’uso della violenza, sempre più residuale, con strategie di silenziosa infiltrazione e con azioni corruttive e intimidatorie. Oggi, le mafie preferiscono rivolgere le proprie attenzioni ad ambiti affaristico-imprenditoriali, approfittando della disponibilità di ingenti capitali accumulati con le tradizionali attività illecite. Si tratta di “modi operandi” dove si cerca sia di rafforzare i vincoli associativi mediante il perseguimento del profitto e la ricerca del consenso approfittando della forte sofferenza economica che caratterizza alcune aree, sia di stare al passo con le più avanzate strategie di investimento, riuscendo a cogliere anche le opportunità offerte dai fondi pubblici nazionali e comunitari (Recovery Fund e PNRR).”
      Particolarmente grave la situazione nelle regioni meridionali, in particolare in Calabria, Puglia, Campania e Sicilia. Ecco cosa succede in Campania: “Per quanto riguarda la criminalità organizzata campana o camorra, essa continua ad essere caratterizzata da una pluralità di sodalizi, ciascuno con un proprio ambito territoriale di influenza, prevalentemente caratterizzati da una spiccata propensione alla duttilità ed alla stretta interazione con la società, con la politica e con le istituzioni. Tali peculiarità hanno anche consentito alle organizzazioni camorristiche di mimetizzarsi agevolmente e di acquisire un crescente controllo degli apparati economico-finanziari attuando articolate strategie di mediazione politico-imprenditoriali”.
     Nella relazione si evidenzia che in Sicilia la cattura del super latitante Messina Denaro ha sì privato cosa nostra di una rilevante figura di riferimento, ma tale evento non avrebbe inciso “sull’operatività dell’organizzazione nel suo complesso, né si ritiene possa attenuare la pressione criminale nel territorio isolano; le organizzazioni siciliane, infatti, si confrontano con contesti ancora fortemente cedevoli alle intimidazioni mafiose, realizzando un “sotterraneo consensualismo”, mediante il quale la vittima spesso intravede una sorta di corrispettivo per il servizio prestato in suo favore da cosa nostra. In generale, oltre alle pressioni estorsive nei confronti di commercianti e imprenditori, talvolta concretizzate anche con modalità più o meno dissimulate d’imposizione di manodopera e forniture, le famiglie continuano a mantenere un atteggiamento improntato alla cosiddetta ‘sommersione’, rifuggendo, ove possibile, dal compiere eclatanti azioni anche violente per meglio infiltrarsi nel tessuto dell’economia legale, avvalendosi frequentemente di infedeli pubblici funzionari e rappresentanti delle istituzioni, proiettando gli investimenti anche in territori ultraregionali ed all’estero.”
In particolare poi “se nella Sicilia centro-orientale l’assetto mafioso si presenta più articolato, in virtù della coesistenza di consolidate famiglie di cosa nostra, di compagini stiddare e di altri sodalizi gerarchicamente subordinati alle più note e strutturate famiglie, la propensione di tutte le organizzazioni mafiose, anche nella Sicilia occidentale a formazione più omogenea delle sue compagini, rimane quella di condizionare il comparto imprenditoriale e produttivo con modalità diffuse, sistematiche e sempre più redditizie”. 
    Anche in Sicilia, dunque, la criminalità utilizza poco la violenza per evitare allarme sociale e privilegia consolidata strategia di “sommersione”. I principali interessi delle mafie siciliane continuano a essere il traffico di stupefacenti, le estorsioni, l’infiltrazione nei comparti della pubblica amministrazione, nell’economia legale, nel gioco e nelle scommesse online “settore quest’ultimo che garantisce una singolare modalità di controllo del territorio, strumentale anche per il riciclaggio dei capitali illecitamente accumulati.” 
   La relazione sottolinea ancora che il traffico della droga permette a cosa nostra di instaurare relazioni commerciali e di stringere alleanze cooperative con altre organizzazioni malavitose, quali ‘ndrangheta e camorra.
    Si apprende poi che la mafia siciliana esercita ancora una “capacità attrattiva” sui giovani, coinvolgendo non solo i rampolli delle famiglie mafiose ma reclutando anche tanti ragazzi per ampliare la ‘manovalanza’ criminale.
     Infine, anche le mafie stanno anche adattandosi alla società digitale: nella relazione si legge che i criminali usano i cripto-telefoni per cifrare le conversazioni e sanno muoversi nel ‘dark web’.
Allora, per quanto impegnate, da sole le Forze dell’Ordine non potranno farcela ad avere la meglio sulla criminalità organizzata. “La mafia sarà sconfitta da un esercito di maestre elementari”, ha scritto una volta Gesualdo Bufalino. Certo, è fondamentale il ruolo educativo: ma se Forze dell’Ordine e Docenti non avranno al loro fianco imprenditori, funzionari pubblici, politici e la maggior parte dei cittadini, sconfiggere le mafie sarà davvero difficile.

Maria D'Asaro, 8.10.23, il Punto Quotidiano

2 commenti:

  1. Si fa poco contro Cosa Nostra, anche se la 'ndrangheta è ancora più pericolosa.

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  2. @Gus: diciamo che si equivalgono forse... buona giornata e buon tutto.

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