giovedì 1 maggio 2025

Festa del Lavoro o Festa dal Lavoro?

Intreccio: opera di Gabriele Grossi (dal suo blog El gropo)
      Scrive Lanza del Vasto nel  libro L’Arca aveva una vigna per vela: “Nel Principio era la Festa. Con la Festa lo Spirito comincia a manifestarsi tra gli uomini. Dalla Festa sono usciti i popoli, sono stati fondati un giorno di festa; sono stati fondati sulla Festa.  (…)
        Lavorare insieme, questo vi unisce, certamente, ma festeggiare insieme vi unisce di più. E poi occorre che gli stessi lavorino e festeggino. Non bisogna che gli uni festeggino mentre gli altri lavorano! Occorre che tutti festeggino: non c’è delitto comunitario più grave che quello di mancare alla Festa! (…) La Festa è la festa della presenza di Dio in mezzo a noi, è la commemorazione della nostra fondazione, è il ricordo della nostra ragion d’essere. La nostra ragion d’essere e la nostra ragione di essere insieme. (…)
       Quindi andiamo alla Festa parati e mascherati perché cessiamo di essere il piccolo io-io-me, e indossiamo ornamenti di luce. Allora entriamo nell’entusiasmo. Entusiasmo è una parola che significa che Dio è in noi. Dio è in noi ed è visibile. (…)
      La Festa è la presenza di Dio tra di noi ed è la presenza di noi stessi a Dio. È in qualche modo l’atto d’amore, il matrimonio del popolo con Dio. Ogni matrimonio è una festa, e ogni festa è un matrimonio; il matrimonio è la ripresa della vita, è una sfida alla morte: unendoci faremo sprizzare una scintilla di vita, faremo uscire da quest’unione un vivente che durerà oltre la nostra morte. Rinunceremo a noi stessi per entrare nella vita eterna, La Festa vuol dire questo.”

Si può condividere o meno la visione da credente di Lanza del Vasto, ma, a mio avviso, non si può disconoscere la grande valenza umana e antropologica della Festa, del riposo, della contemplazione, delle relazioni gioiose e disinteressate e della bellezza: dobbiamo avere il coraggio di denunciare l’obbrobrio dello spirito capitalista e materialista che ci dice che siamo nati per sgobbare e per avere sempre di più. Quest'idea di fondo della società mercantilista, che si trasforma nell’idolo della crescita, è un tradimento della nostra essenza umana più vera. Se c’è una ragione per vivere è quella di esserci per le relazioni, per la cura, per fare Festa.
    Il lavoro non rende liberi, spesso rende schiavi e sottomessi, ingranaggi schiacciati di un meccanismo economico assurdo e inumano. Certo è necessario lavorare per prenderci cura responsabilmente dei bisogni di tutti. Ma il lavoro non può e non deve diventare un vitello d’oro a cui sacrificare la nostra vita. Il lavoro è un mezzo, non un fine.

Su Lanza del Vasto e la Comunità dell'Arca vedi anche qui e qui.

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