mercoledì 24 novembre 2010

NEL BLU DIPINTO DI BLU


Una signora con un manto marrone, che filava la lana, facendo rumore. Nella penombra notturna della stanza da letto dei suoi. Questa, una sue delle prime paure. Aveva, forse, tre anni.
Poi la paura del diavolo, che - diceva una zia - le sarebbe apparso senz’altro, se si ostinava a guardarsi nello specchio della sartoria di papà. Perché lei amava specchiarsi, nei lunghi pomeriggi da bimba, pieni di silenzio e di niente. Adorna di collane e rosari, cantava inni sacri e profani, con la camicia da notte di mamma e lo scialle di nonna; e in testa improvvisati diademi la trasformavano in una vera regina.
Per fortuna, per quanto sostasse temerariamente allo specchio, il diavolo non si fece vedere. A poco a poco, lei smise di averne paura.

Ma poi bussò all’anticamera dei pensieri una paura diversa. Che le apparisse la Madonna. O il Signore in persona. Forse perché la solita zia ne parlava sovente: la Madonna, già apparsa ai pastorelli in Cova d’Iria, poteva mostrarsi di nuovo. E se fosse stata lei la predestinata a così alto colloquio, rimuginava l’ormai alunna di quarta?
Passavano gli anni: lo spavento per le apparizioni cedette il posto a nuovi timori: che la Morte, con sembianze orrende di vecchia, la prendesse per mano. Solo nascosta nel lettone dei suoi, col respiro caldo e sereno di mamma, riusciva a trovare conforto.
Che vergogna, aveva già la maturità nel cassetto, quando contrasse la paura degli Ufo. Magari erano proprio vicini: magari, dopo che la Madonna aveva deciso di sorridere o piangere altrove, erano loro, adesso a volere parlare con lei…

Poi, furono messi da parte anche gli extraterrestri, e le paure divennero molto terrene. Che non riuscisse a studiare. Che il ragazzo dal nome strano non fosse la persona giusta per lei. Che la guerra da fredda divenisse bollente, con i missili a Comiso. Che a Palermo ammazzassero tutti gli onesti. E soprattutto che morisse sua madre.
Un giorno sua madre morì veramente. Nessun catenaccio aveva fermato la Falce. Già prima era morto suo padre. La morte, ormai l’ha conosciuta. E’ il vuoto assoluto, in un punto preciso del petto, quello che continua a temere di più.

Adesso convive con paure più spicciole. Che un giorno dimentichi tutte le belle parole che usa e abbia lo sguardo sperduto del signore del primo piano. Che i suoi figli sposino persone e cause sbagliate.
Che nessuno, magari per finta, le dica: - Ti amo –
E ha ancora il timore delle onde del mare. E di guardare giù, dal ventesimo piano.
Però ha aperto la porta alle sue mille paure: le accoglie, dice loro: buongiorno. Da personcina educata, offre loro da bere: una granita d’estate e una tisana d’inverno.
E, l’ultima volta, ha preso l’aereo e ha sorriso. Felice di volare vicina alle nuvole chiare.
Nel blu dipinto di blu.

4 commenti:

  1. Sono tante le paure, nella vita.
    Credo che la più brutta sia la paura di pensare.
    La personcina del racconto, quella paura non l'ha vissuta, e non la vive: pensando, tutte le paure possono essere affogate.
    A proposito: chissà se la protagonista sa nuotare. Se no, deve imparare; sapendo nuotare, le onde del mare che le fanno paura, i 'cavalloni', diventano divertenti e il domarle è più piacevole che domare le paure.
    Ciao alla protagonista.

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  2. @gattonero: mi dicono che la personcina sappia nuotare: lo fa infatti, in piscina. Forse ha paura solo del vuoto, del mare vasto e solitario, dell'essere senza un appiglio. Se qualcuno le sta accanto, ha meno paura...

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  3. Sono pochi gli "scrittori" che seguo.. E tu sei una di quelli!
    Grazie!

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  4. Da piccolo il mio grande contenitore di paure era il buio: gli oggetti che intravedevo si trasformavano sotto i miei occhi nelle più orribili creature che potessi immaginare. Inoltre mi piacevano i film horror anche se poi mi davano incubi tremendi, la notte. Penso di essere sempre stato un po' masochista... Bel post, sincero e garbato, nel tuo stile, insomma.

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