L'autrice di questo blog, Maria D'Asaro, vive in un'isola ed è affascinata dal mare: mari da sognare, mari da scoprire, mari da solcare...
lunedì 28 febbraio 2011
BENIGNI E LA POESIA
Che serve per far poesia? Tutto. Soprattutto essere innamorati, ci suggerisce il Roberto nazionale.
Nausicaa
venerdì 25 febbraio 2011
SONO PAZZI QUESTI PALERMITANI
Maria D’Asaro
(pubblicato su “Centonove” il 25-2-2011)
QUANDO SAREMO DUE
Una poesia d'amore del mio amato Erri De Luca.
mercoledì 23 febbraio 2011
PADRE, MADRE DAGLI OCCHI DOLCI
so che sei presente, invisibile, in tutte le cose.
Che il tuo nome mi sia dolce,
l’allegria del mio mondo.
Portami le cose buone che recano piacere:
i giardini,
le fonti,
i bambini,
il pane e il vino,
i gesti di tenerezza,
le mani disarmate,
i corpi abbracciati …
Lo so che desideri realizzare il mio desiderio più profondo,
desiderio che ho dimenticato …
Ma che tu non dimentichi mai.
Realizza quindi il tuo desiderio
Perché io possa sorridere.
Che il tuo desiderio si realizzi nel nostro mondo
Nella stessa maniera in cui è presente in te.
Concedici di accontentarci delle allegrie del quotidiano:
il pane, l’acqua, il riposo …
Che siamo liberi dall’ansietà.
Che i nostri occhi siano così benevoli con gli altri
Come i tuoi lo sono con noi.
Perché, se saremo feroci,
non potremmo accogliere la tua bontà.
E aiutaci a non lasciarci ingannare dai desideri cattivi
E liberaci da colui che porta la Morte dentro i propri occhi.
Amen
(Dal gioiello che è la rivista “CEM Mondialità”, gennaio 2011, pag.48 : questa rielaborazione del Padre Nostro è dello psicoterapeuta brasiliano Rubem Alves)
SCRUTI
martedì 22 febbraio 2011
101 STORIE: A VOLTE SERVONO I TEMPI SUPPLEMENTARI…
C’era infatti un problema. Da quando le era nato un fratellino - In terza elementare – precisa la signora, Sara a scuola, fatica ad andare. Non vuole lasciare la mamma. Ha paura. Di cosa, non si capiva bene. Per Sara, era difficile spiegarlo persino a se stessa.
Comincia un lungo calvario. Per me, che mi sento una inutile Cireneo al femminile. Ma soprattutto per Sara, per sua madre e la sua famiglia. Sara viene e non viene. Viene due giorni e manca una settimana. Quando c’è, è l’alunna ideale. Diligente, attenta, studiosa. Ma le assenze sono tantissime. Il primo anno, comunque, a fatica, viene promossa.
Un anno dopo si ricomincia. Con lo stesso problema. Stavolta la frequenza si dirada. Adesso, su mia proposta, la ragazza è seguita dall’Asl. Da una accogliente psicologa. Con la quale facciamo il punto, ogni tanto. La ragazza fatica ad elaborare le assenze, a staccarsi dalla madre, dal fratellino. Pare che porti anche il peso di un lutto non dichiarato: la scomparsa improvvisa di uno zio, fratello di mamma, sparito nel nulla, alcuni anni fa.
Nonostante l’aiuto, Sara rimane in seconda. Troppe le assenze: “Mancano i presupposti per la promozione in terza media”, recita l’impietoso giudizio finale.
L’anno dopo, ancora in seconda. Terzo anno nella scuola. Secondo anno di frequentazione cadenzata all’ASL.
Ognuno fa la sua parte: la psicologa l’accoglie, la ascolta, la orienta. Le compagne le vogliono bene. I docenti fanno del loro meglio. Io continuo a supportare lei e, soprattutto, sua madre. Che soffre per questa figlia così. Dice che somiglia troppo a suo padre. Chiusa. Solitaria. Ostinata.
Conosco così anche il papà. Un uomo tutto baffi e occhi neri. Uguali alla figlia. Di poche parole. “Io, che posso fare…..”. Questa la sua litania, le volte che viene.
Tutti d’accordo, facciamo un tentativo in extremis: l’alunna, a marzo, si ritira. La aiuteremo a preparare il suo esame da candidata esterna.
Sara pare presa da nuovo fervore. Programmi in doppia copia di tutte le materie. Le dico di curare molto l’orale. Viene agli esami. Uno scritto va bene. Gli altri un po’ meno. Agli orali, praticamente scena muta. Pollice verso del Presidente di commissione: “Non possiamo regalare il diploma così…”
La psicologa e io ci sentiamo un tantino, un po’ tanto, sconfitte.
Sara viene iscritta, senza troppe illusioni, a un corso serale. Che, come temiamo, non frequenta per niente. Intanto ha compiuto sedici anni. Sparisce dal nostro orizzonte.
Ma, due anni dopo, la bella notizia. E’ la madre di Sara ad annunciarla: la madre che, nel frattempo, ha portato suo figlio, il piccolino, in prima media. Sara ha rifatto gli esami da esterna. Questa volta ce l’ha fatta, alla grande. Ma non è il conseguimento della terza media, l’unica bella notizia. La signora, col suo solito dolce sorriso, mi dice che Sara è più serena, che adesso esce da sola, che forse ha un ragazzo che le vuole bene…
Passano ancora quattro anni. Anche il fratello, ormai ex piccolo, è uscito dalla “Cesareo” con il suo bravo diploma.
Perchè Sara la sua partita, ai tempi supplementari, l’ha vinta alla grande.
domenica 20 febbraio 2011
DUE MAROCCHINI
Due marocchini
FERMO IMMAGINE
Mi piace camminare per strada.
Se non sono assicutata dal tempo, mi piace guardare le facce dei palermitani, sentirne le frasi, indovinarne gli umori, tra spizzichi di conversazioni.
La signora al marito, guardando la figlia colpevole di chissà quale misfatto: - Appena a vidi me matri, ci duna muzzicuna. La ragazza all’amica: Avevo un rotolino in pancia, proprio qui.
Una donna, alla fermata dell’autobus, canticchia una vecchia canzone. Un uomo, con una lunga coda e una pesante valigia, incrocia il mio sguardo e mi guarda distratto e annoiato. Un ragazzo stralunato e gentile aiuta una vecchietta a salire sull’autobus.
Sto andando al negozio a comprare gli assorbenti, che sono finiti – dice una giovane donna al citofono. Mi guarda. Sorrido. Esclama: Mi scusi, ho il vizio di parlare un po’ troppo forte, al citofono, mi sto vergognando…
Vergogna, signora? E di che?! C’è ben altro di cui vergognarsi, in questa città…
Maria D’Asaro (pubblicato su “Centonove” il 18-2-2011)
sabato 19 febbraio 2011
L'AMACA - 19.2.2011
(Mi sono commossa, ascoltando Benigni, a Sanremo.
Io mi sento italiana, molto più che siciliana o palermitana. Sarà l'amore per la lingua della mia nazione, per Dante Alighieri, il fatto che di questa terra amo Firenze come Ostuni, Vicenza come Napoli, Capri come il lago di Garda, Agrigento come Aquileia.
Amo Primo Levi come Luigi Pirandello, Natalia Ginzburg come Carlo Cassola, Dacia Maraini come Italo Calvino, Alex Langer e Peppino Impastato, Vittorio Bachelet e Giovanni Falcone....)
Grazie alla quasi fortuita circostanza del centocinquantenario (anche il Caso è motore della Storia), la Lega si trova di fronte, senza aspettarselo, un muro. E per giunta un muro di popolo (65 per cento l´audience di Benigni!) che non è liquidabile con il tradizionale spregio per i «salotti», i «comunisti», gli intellettuali.
Esiste l´Italia e soprattutto esistono gli italiani, questo il sorprendente contrattempo che, a caldo, fa imbufalire la gente del Carroccio. A freddo, se è vero come dicono che Bossi è un capo saggio e navigato, sarà interessante capire se e quanto la Lega sarà capace di prendere atto di una realtà nuova, che la ricolloca (anche al Nord) nel suo naturale e legittimo ruolo di minoranza politica e soprattutto di minoranza identitaria: la stragrande maggioranza degli italiani si sente italiana. Prima ne prenderanno atto, meglio sarà per tutti.
M. Serra
Oggi
Oggi
Risorge, abbagliante,
La solitudine nera.
Nel suo immenso splendore...
SOLCA
venerdì 18 febbraio 2011
VOI SIETE IL SALE... 6.2.2011 - 5° t.o.
Il sale ha molti usi, lo sappiamo, ne abbiamo bisogno per tante cose, per condire … ma, a quanto pare, il sale era anche uno strumento importante nel patto di alleanza che veniva fatto: proprio veniva poi versato del sale perché è nella natura del sale non perdere il suo essere sale. E quindi voleva evocare l’eternità, la definitività di un patto. Così anche la luce: la permanenza dello splendore.
Vedete, care sorelle e fratelli, quello che ci viene oggi indicato dal Vangelo è qualcosa di diverso che noi invece tendiamo a sostituire. Anziché mostrare, noi ci siamo dirottati per dimostrare, per argomentare. Anziché accendere la luce, abbiamo preferito organizzare, rendere qualcosa mastodontico, grandioso…
Mentre il Vangelo ci dà un’indicazione che rischia la banalità: l’amore non si dimostra, l’amore si mostra. Il gusto autentico delle cose, non si dimostra, si realizza. La luce non va dimostrata: la luce va accesa. Può essere tutt’al più mostrata. Quando non c’è questa capacità di mostrare il vero gusto della realtà e l’evidenza, ricorriamo a tutti gli altri strumenti: dell’argomentazione, della dimostrazione, dell’organizzazione …
Quando il Vangelo ci dice: volete parlare di Dio? Non parlate di Dio, non argomentate su di Lui, non dimostrate niente. Fate qualcosa di concreto, ma di talmente bello, gustoso da gustare. Evidente da guardare, cosicchè, in quello che noi facciamo, venga spontaneo dire: ma è bello che il Signore opera in te e attraverso di te …
Così Dio si vuole presentare in punta di piedi tra di noi, attraverso noi stessi. Ma attraverso questa gestualità, cioè gesti e cose concrete, con cui noi tentiamo di dare gusto alle cose ed evidenza alla realtà, a ciò che merita di essere riconosciuto come autentico. Ci rendiamo conto però che, tante volte, quello che facciamo allontana da Dio. Noi diciamo: ci allontana dalla Chiesa. Ma questo sarebbe il minor male. Tante volte, invece, più radicalmente, diciamo, “Ma se Dio è questo me ne scappo” …. Abbiamo dato una falsa testimonianza, abbiamo contraddetto il Vangelo.
Mentre il Vangelo ci invita a un atteggiamento molto più semplice, più lineare, più garbato…quello del … che cosa? Non tanto quello di inseguire le morali, non tanto quello di inseguire gli ordinamenti, ma quello di dire e di fare ogni volta quella cosa giusta rispetto alla quale ci viene da dire: “Ma deve essere così … Non può non essere così…”
Quindi non è compito del credente ribadire i Comandamenti, questi sono iscritti nella coscienza di ogni uomo, dicevamo la scorsa volta. Il credente ha bisogno di accogliere Dio come beatitudine. E tradurre questa presenza come beatitudine in gesti concreti che ci lasciano senza parole, perché non c’è bisogno di commentarli.
Tutto il resto, è un modo per occultare l’unico procedimento che il Vangelo ci propone che è quello della evidenza: fare cose che rendano evidente, evidentemente gustabile …. Se è così la vita ha un senso, ha un sapore, ha un gusto, vale la pena di viverla, se è così … Così, anche la dottrina, non tanto da organizzare, è da sperimentare come la possibilità di rendere evidente la comunione, l’amore, che è contenuto originario di ciò che il Vangelo ci vuole proporre: il Padre, principio di amore e di comunione che ci raccoglie nel suo amore, che istituisce la sua alleanza con la nostra umanità …
E allora anche l’esperienza piccola dei gesti di amore e di servizio quotidiano, ci diceva la prima lettura, ci libera dal peccato. Siamo troppo abituati a pensare che la Confessione sia l’unico modo per liberarci dal peccato … No, no: il primo modo per essere liberati dal peccato è, quando c’è oscurità, accendere una luce. Ci dice Isaia: “Quando tu porgi un pezzo di pane a chi ha bisogno, quando tu apri la tua porta, la luce di Dio risplende in te. Quindi, se c’era qualcosa di sbagliato, già non c’è più.
Il primo cammino di conversione è accendere luce, portare luce dentro di noi. Quindi questo è il modo per allontanare le esperienze negative che abbiamo vissuto. Poi c’è anche un modo sacramentale … di questo parleremo durante la Quaresima. Rinviamo. Ne parleremo dopo. Ma intanto la parola di Dio ci dice: “Appena accendiamo la luce, non c’è più il buio.”
Avete seguito queste frasi, molto scultoree: “Spezza il tuo pane con l’affamato, introduci i miseri a casa tua, vesti chi è nudo, allora la tua luce sorgerà come l’aurora …. La tua ferita si rimarginerà presto…” Abbiamo una medicina che può risanare le nostre ferite: dare spazio alla passione per gli altri. O alla compassione per gli altri.
(Il testo non è stato rivisto dall'autore, don Cosimo Scordato: pertanto eventuali errori o omissioni sono della scrivente Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle eventuali imprecisioni e manchevolezze nella trascrizione dell’omelia)
I Giusti...
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.
giovedì 17 febbraio 2011
NOSTRA SIGNORA DI OGNI COSA PERDUTA
A lei, si rivolgeva sovente anche l’uomo grande di casa: “O Maria…trova la pratica della campagna …. Il codice a barre dell’Inps …. I calzini marrone … I documenti di Katinka …. Una camicia con le righine … La carta di credito … ”
Le sue grazie speciali erano conosciute persino nel tempo che fu. Anche da antichi bancari. Da un Funzionario, persino. Che le chiedeva, speranzoso e tremante: “La prego, Vergine nostra: mi faccia trovare la delibera del mutuo alla Fincantieri….” E, poiché era anche devoto, le chiedeva un verso preciso della lettera ai Galati.
E lei, i cui occhi allora davvero brillavano di una luce celeste, gli faceva la grazia.
Adesso, la invocavano gli insegnanti perché ritrovasse ragazzi sperduti, barche nel bosco.
Una volta, era stata chiamata mentre vegliava una donna morente: “Maria: la mia tessera … e il certificato elettorale…” Nostra Signora aveva lasciato un momento la mano di quella creatura straziata. E anche allora aveva fatto la grazia.
Nel suo Santuario, però nessun ex voto. Non che la Madonna volesse compensi terreni, si sa. Le sarebbe bastato un sorriso, un grazie, magari solo accennato.
Ma, lo sappiamo, Nostra Signora si invoca solo al bisogno. E poi la si lascia sola dov’è, nel suo gelido Empireo azzurrino.
E che ha un infinito bisogno di coccole. Celestiali, magari.
lunedì 14 febbraio 2011
Beati..... Omelia del 30.1.2011 Discorso della Montagna
E io vorrei prendere spunto da una parolina che noi usiamo in lingua italiana: il termine magari, che usiamo quando desideriamo qualche cosa, quando ci aspettiamo qualche cosa, quando speriamo qualche cosa.
Come Mosè che era salito sul monte, Gesù sale sul monte: questa volta non soltanto per presentarci i comandamenti che pure ci vogliono, che sono le condizioni minime della vivibilità tra gli uomini, le condizioni minime appunto, tutte al negativo però: non fare questo, non fare quello, non… non… non…
Gesù ci propone al positivo - senza negare i comandamenti - ci propone al positivo questa possibilità di gioia compiuta, serena, incarnata nella nostra vita, che è appunto la prospettiva della beatitudine. La condizione perché ciò avvenga è che sia Dio l’unico nostro re. Che non riconosciamo altra regalità se non quella di Dio. Il che significa che crollano tutte le altre pretese di regalità che, nell’arco della storia, sono state sempre avanzate e che si propongono puntualmente. Perché: “Di loro è il Regno di Dio” significa che Dio che è il nostro re. Ed è solo la sua regalità d’amore che ci interessa: per noi, nei nostri rapporti, per la costruzione della nostra società. Non abbiamo altri re, non abbiamo padroni, non abbiamo autorità su di noi: nessuno è su di noi.
E lo stesso Dio, che riconosciamo nella sua regalità, ci viene incontro nel segno del servizio.
Quindi le beatitudini, una dietro l’altra ci fanno rincorrere questo bellissimo sogno, che è per una poesia, che è un pensare, un agire nuovo, diverso, che è veramente la messa in crisi radicale di ogni assetto: politico e religioso.
E se c’è questo inevitabilmente poi opereremo di conseguenza, perché non si sopporta la sofferenza dell’altro, nel senso che non si assiste indifferenti alla sofferenza dell’altro. Ma è quello che fa Dio con noi: non sopporta la nostra sofferenza, perché Dio ci vuole vedere beati, ma per davvero beati! Questo termine, che non so bene come si possa dire diversamente, non è un termine che preveda chissà quali momenti di esaltazione, quali picchi di felicità o quali picchi di euforia …
E tante altre cose che ognuno di voi mi auguro voglia approfondire e personalizzare nell’ascolto di questa pagina del Vangelo che ci è particolarmente cara. Quello che ogni volta si riesce a dire è il meno, il meno …
Ognuno di voi poi torni a rimuginare, a masticare, a farla diventare sostanza della propria vita.
I ragazzi che si amano ...
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore.
sabato 12 febbraio 2011
Pianta un albero !
Lentamente muore
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi e' infelice sul lavoro,
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicita'.
AL ROGO ALBERI E DEMOCRAZIA
Un giorno ci siamo svegliati e abbiamo costatato lo scempio: in via Paratore, vicino via Oreto nuova, un centinaio di aranci e mandarini, estrema propaggine della “conca d’oro”, erano stati bruciati.
Denunce accorate e vibranti della Preside della “Cesareo”, indignazione dei cittadini, il pezzo di un giornalista su un quotidiano.
Ora, al posto degli alberi, ci sono dei camion. E un cancello. E l’asfalto per terra. Eppure quell’area, secondo un piano regolatore mai sconfessato dal Comune, doveva essere utilizzata per un parco pubblico e per la costruzione della parrocchia. Oggi, con l’aria che tira, quel progetto voluto dalla scuola e dal quartiere, appare un’utopia velleitaria. E la lotta per l’uso democratico del territorio un sogno lontano. E si capisce perché, a pochi chilometri, padre Puglisi sia stato ammazzato: un uomo, un prete con la schiena diritta. Purtroppo a Palermo, non ce ne sono tanti così.
Maria D’Asaro (pubblicato su “Centonove” l’11-2-2011)
mercoledì 9 febbraio 2011
Il più grande spettacolo dopo il Big Bang ...
martedì 8 febbraio 2011
PRONTO SOCCORSO (4): Uno sguardo buono come il pane…
Francesco, comunque, non era un ragazzo di strada: aveva un suo dignitoso contegno, una sua disciplina, una sua calma tranquilla. Alle mie sollecitazioni didattiche, rispondeva con un sorriso.
Si sforzava in modo pazzesco di apprendere una qualche nozione. Non perché gliene importasse qualcosa: sentivo che pensava alla strada, che lo aspettava dopo il suono della campana. Al negozietto del padre. Alla lambretta piena di pane, che la domenica vendeva, per strada.
Adesso, lo vedo ogni domenica mattina.[1] Mentre io vado a messa, lui vende il pane, in una stradina vicino la Stazione Centrale.
I nostri sguardi si incontrano e, puntualmente, ci doniamo un aperto e cordiale sorriso. Se non ci sono il padre o altri conoscenti vicini – che lo imbarazzano un po’– Francesco mi si avvicina e mi dona persino un abbraccio e un castissimo bacio sulla guancia.
A cosa gli sia utile la licenza media, non lo so davvero. Se ha aumentato di un grammo la sua dignità umana, il suo senso civico, non posso saperlo. Certo lo spero. Ma non ne sono sicura. Mi rimane il suo sguardo: ancora pulito, fresco, buono. Come il pane.
[1] (Ho raccontato, in estrema sintesi, la sua vicenda sul settimanale regionale“Centonove” il 19.03.2010, nella rubrica da me curata: “Palermo in 150 parole)
SE NON ORA, QUANDO? APPELLO ALLE DONNE ITALIANE A PARTECIPARE A UNA GIORNATA DI MOBILITAZIONE IL 13 FEBBRAIO
Tante sono impegnate nella vita pubblica, in tutti i partiti, nei sindacati, nelle imprese, nelle associazioni e nel volontariato allo scopo di rendere piu' civile, piu' ricca e accogliente la societa' in cui vivono. Hanno considerazione e rispetto di se', della liberta' e della dignita' femminile ottenute con il contributo di tante generazioni di donne che - va ricordato nel 150esimo dell'unita' d'Italia - hanno costruito la nazione democratica.
Questa ricca e varia esperienza di vita e' cancellata dalla ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale, offerta da giornali, televisioni, pubblicita'. E cio' non e' piu' tollerabile.
Questa mentalita' e i comportamenti che ne derivano stanno inquinando la convivenza sociale e l'immagine in cui dovrebbe rispecchiarsi la coscienza civile, etica e religiosa della nazione. Cosi', senza quasi rendercene conto, abbiamo superato la soglia della decenza.
Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato, incide profondamente negli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignita' delle donne e delle istituzioni. Chi vuole continuare a tacere, sostenere, giustificare, ridurre a vicende private il presente stato di cose, lo faccia assumendosene la pesante responsabilita', anche di fronte alla comunita' internazionale.
Noi chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore della loro, della nostra dignita' e diciamo agli uomini: se non ora, quando? e' il tempo di dimostrare amicizia verso le donne.
L'appuntamento e' per il 13 febbraio in ogni grande citta' italiana.
*
Prime firmatarie: Rosellina Archinto, Gae Aulenti, Silvia Avallone, Maria Bonafede, Suor Eugenia Bonetti, Giulia Bongiorno, Margherita Buy, Susanna Camusso, Licia Colo', Cristina Comencini, Silvia Costa, Titti Di Salvo, Emma Fattorini, Tiziana Ferrario, Angela Finocchiaro, Inge Feltrinelli, Anna Finocchiaro, Donata Francescato, Rosetta Loy, Laura Morante, Claudia Mori, Michela Murgia, Flavia Nardelli, Valeria Parrella, Flavia Perina, Marinella Perrone, Amanda Sandrelli, Lunetta Savino, Clara Sereni, Gabriella Stramaccione, Patrizia Toja, Livia Turco, Lorella Zanardo, Natalia Aspesi, Letizia Battaglia, Associazione Dinuovo...
*
Per adesioni e informazioni: e-mail: mobilitazione.nazionale.donne@gmail.com ; sito: http://senonoraquando13febbraio2011.wordpress.com/
sabato 5 febbraio 2011
LA TV AND ME
Uno schermo nero, a pranzo. Ancora nel 1960.
Uno schermo che si illuminava dopo un asfissiante, sempiterno fermo immagine.
Poi, mentre scorreva una rete, si udivano le note del Guglielmo Tell di Gioacchino Rossini.
E la magia, per lei, bimbetta di tre, quattro anni, iniziava. Carosello, Il Corsaro nero, Rintintin.
Anche se spesso le trasmissioni erano interrotte.
No, non dalla nauseabonda pubblicità. Dalle pecorelle, che le facevano compagnia nelle numerose, ma molto più soft, interruzioni tecniche.
(Pare che il brano sia stato eseguito all'arpa da Anna Palomba Contadino. L'arpa era una "Erard" originale, che di recente è stata interessata da un restauro conservativo.La musica è tratta dalla Passacaglia della Suite n. 7 per clavicembalo di George Frideric Haendel)
La bambina ricordava persino il discorso di papa Giovanni XXIII: portate una carezza ai vostri bambini…
Suo padre non si perdeva un TG (l’unico che c’era, allora. Senza Emilio Fede, per fortuna). E lei lo vedeva con lui. Anche se era un po’ piccolina, allora, per un TG. Ma lei, piccola e grande insieme, lo era stata da sempre.
E poi c’erano i Forte di Forte Coraggio, l’Almanacco del Giorno dopo. E la magia di una Tv che cresceva, come cresceva quella bambina curiosa nata quasi con la TV. Si sa, ogni inizio porta con sé una speranza, una promessa, un po’ di magia. Lei, forse, aveva assorbito qualcosa di quella vaga speranza, di quella stranezza del parto comune con la TV.
Uno dei pochi vantaggi dell’essere oggi una blogger adulta. Al quadrato.
venerdì 4 febbraio 2011
MA COS’E’ QUESTA MUSICA…
Quando il cielo è sereno e promette una bella giornata di sole. E succede a Palermo, nel mio quartiere lontano dal centro e dai mille rumori. Il mio affaccendarsi ai fornelli, o il sostare un po’ pigra sotto la doccia, si tinge del suono improvviso e festoso di una fisarmonica.
Vestito in modo approssimato, con pantaloni color cachi e uno strano berretto verde, l’autore di questo regalo è spesso un ragazzo, forse straniero. Che offre la sua musica allegra e inusuale alla gente appena svegliata, in cambio di qualche moneta.
Lo ascolto in pigiama, da una finestra dell’ottavo piano. Purtroppo non possiedo un paniere con una corda infinita per donargli un soldino …
Ma qualcosa, sicuro, posso dargliela anch’io: un pensiero, un sorriso nascosto e un augurio sincero di buona fortuna.
Che la vita, con lui, sia clemente. E che suoni per lui note liete.
Maria D’Asaro (pubblicato su “Centonove” il 4-2-2011
mercoledì 2 febbraio 2011
C'è un tempo ...
martedì 1 febbraio 2011
AMELIE AND ME.
(Tranne quello di far rimbalzare i sassi sul canale Saint Martin, perché era una schiappa e perché da lei non c’era il canale, ma solo un piccolo fiume, senza sassolini a portata di mani per esercitarsi)
Un tempo, camminando per strada o affacciandosi dal suo terrazzino, pensava invece una cosa un pò triste : “Chissà quante persone stanno morendo, in questo momento”… e pronunciava magari una breve preghiera per il moribondo.
Ora, continuava ad avere un pensiero per chi se ne andava, in quel preciso momento. Ma le piaceva pensare anche a chi, proprio allora, stava nascendo. E, come Amelie, anche a chi, proprio adesso, faceva l’amore.
E allora viste che le attività di nascere, morire e, nel bel mezzo, di fare l’amore – insieme a cucinare, stirare, riporre i calzini, parlare coi cani, stringere mani, far spesso finta di essere qualcosa, guardare il tramonto, arrivare in ritardo, fare dei figli, sognare dei sogni, fare castelli di sabbia sul bagnasciuga, infilare perle di vetro nelle collane, progettare una fuga - sono tutte già un po’ impegnative, non capiva perché perder tempo, ad esempio, a fare la guerra. O a litigare in giardino per un posteggio rubato, o a lavorare da matti per dodici ore per costruire qualcosa che non serve a niente. Tipo armi, ridicole borsette firmate, automobili da corsa per camminare in città a dieci all’ora.