martedì 22 febbraio 2011

101 STORIE: A VOLTE SERVONO I TEMPI SUPPLEMENTARI…


A colpirti, subito, erano gli occhi: nerissimi, profondi, sgranati. E i capelli: liscissimi, del nero più nero che c’è. A contorno di un ovale mediterraneo perfetto, contornato dagli orecchini d’oro a cerchietto.

Quando Sara arrivò in prima media, ormai nello scorso millennio, nella mia stanzetta, venne sua madre. Si presentò in modo composto ed educato, con un sorriso gentile per niente negato dai troppi denti spezzati. Mi disse che avremmo parecchio penato, io e lei.
C’era infatti un problema. Da quando le era nato un fratellino - In terza elementare – precisa la signora, Sara a scuola, fatica ad andare. Non vuole lasciare la mamma. Ha paura. Di cosa, non si capiva bene. Per Sara, era difficile spiegarlo persino a se stessa.

Comincia un lungo calvario. Per me, che mi sento una inutile Cireneo al femminile. Ma soprattutto per Sara, per sua madre e la sua famiglia. Sara viene e non viene. Viene due giorni e manca una settimana. Quando c’è, è l’alunna ideale. Diligente, attenta, studiosa. Ma le assenze sono tantissime. Il primo anno, comunque, a fatica, viene promossa.

Un anno dopo si ricomincia. Con lo stesso problema. Stavolta la frequenza si dirada. Adesso, su mia proposta, la ragazza è seguita dall’Asl. Da una accogliente psicologa. Con la quale facciamo il punto, ogni tanto. La ragazza fatica ad elaborare le assenze, a staccarsi dalla madre, dal fratellino. Pare che porti anche il peso di un lutto non dichiarato: la scomparsa improvvisa di uno zio, fratello di mamma, sparito nel nulla, alcuni anni fa.
Nonostante l’aiuto, Sara rimane in seconda. Troppe le assenze: “Mancano i presupposti per la promozione in terza media”, recita l’impietoso giudizio finale.

L’anno dopo, ancora in seconda. Terzo anno nella scuola. Secondo anno di frequentazione cadenzata all’ASL.
Ognuno fa la sua parte: la psicologa l’accoglie, la ascolta, la orienta. Le compagne le vogliono bene. I docenti fanno del loro meglio. Io continuo a supportare lei e, soprattutto, sua madre. Che soffre per questa figlia così. Dice che somiglia troppo a suo padre. Chiusa. Solitaria. Ostinata.
Conosco così anche il papà. Un uomo tutto baffi e occhi neri. Uguali alla figlia. Di poche parole. “Io, che posso fare…..”. Questa la sua litania, le volte che viene.

Da febbraio, Sara interrompe quasi del tutto la frequenza scolastica.
Tutti d’accordo, facciamo un tentativo in extremis: l’alunna, a marzo, si ritira. La aiuteremo a preparare il suo esame da candidata esterna.
Sara pare presa da nuovo fervore. Programmi in doppia copia di tutte le materie. Le dico di curare molto l’orale. Viene agli esami. Uno scritto va bene. Gli altri un po’ meno. Agli orali, praticamente scena muta. Pollice verso del Presidente di commissione: “Non possiamo regalare il diploma così…”

La psicologa e io ci sentiamo un tantino, un po’ tanto, sconfitte.
Sara viene iscritta, senza troppe illusioni, a un corso serale. Che, come temiamo, non frequenta per niente. Intanto ha compiuto sedici anni. Sparisce dal nostro orizzonte.

Ma, due anni dopo, la bella notizia. E’ la madre di Sara ad annunciarla: la madre che, nel frattempo, ha portato suo figlio, il piccolino, in prima media. Sara ha rifatto gli esami da esterna. Questa volta ce l’ha fatta, alla grande. Ma non è il conseguimento della terza media, l’unica bella notizia. La signora, col suo solito dolce sorriso, mi dice che Sara è più serena, che adesso esce da sola, che forse ha un ragazzo che le vuole bene…

Passano ancora quattro anni. Anche il fratello, ormai ex piccolo, è uscito dalla “Cesareo” con il suo bravo diploma.

Una domenica incontro ancora la madre di Sara. Su un autobus, vicino la scuola. Ci doniamo ampi e cordiali sorrisi. Chiedo di Sara. La signora è raggiante: la sua bella storia con il fidanzato continua. Grazie alla terza media, Sara ha poi frequentato un corso professionale. Ha fatto persino un anno di servizio civile. Sta bene. Me lo dice con il suo luminoso sorriso, nonostante gli incisivi a metà e le tante caverne, tra i denti.

Quella domenica sono stata lungamente felice.
Perchè Sara la sua partita, ai tempi supplementari, l’ha vinta alla grande.

4 commenti:

  1. E' una bella favola per fortuna a lieto fine.
    L'unica cosa che mi dispiace è l'atteggiamento del padre, da come ne hai parlato mi sembra che non provasse nemmeno ad aiutare la figlia. Forse avrebbe potuto fare qualcosa per lei quando era nella fase più difficile.

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  2. bella storia, davvero. un abbraccio e alla prossima!:)

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  3. Mi ha fatto tanta tenerezza. Si sente quanto siano vissute, queste storie, sia da parte di chi scrive sia da parte dei personaggi descritti. Complimenti ancora una volta.

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  4. @Vele Ivy, Paciuffo e dr.Peter:
    Sara ringrazia per lo sguardo affettuoso nei suoi confronti.
    Sono veramente felice: il blog mi ha permesso di comunicare un mio appassionato pezzetto di vita a persone sensibili e attente.
    Ottimo giovedì a tutti/e.

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