lunedì 21 marzo 2011

UN PO' SOPRA L'OMBELICO


Era lì, in quel punto preciso: a metà strada tra l’incavo dei seni e un po’ sopra l’ombelico, che nasceva quella nera sensazione di vuoto.
Che poi irraggiava su e giù la sua ragnatela: sino alle gambe, stanche e svogliate; sino al volto, che smarriva il sorriso.
Appariva senza preavviso.
Senza un fischio di all’erta.
Imponendole di ricominciare a lottare, perché il morso crudele non le usasse violenza.
Un giorno, aveva chiesto aiuto a tanti telefoni rosa. Ma ora era sola. Senza fili a cui potersi legare. E doveva decidere in fretta cosa fosse figura, che cosa sfondo.
Il buco nero era stato figura per lunghissimo tempo e primeggiava, ghignando, sui suoi fotogrammi di vita.
Aveva combattuto un casino per strappargli la prima fila. E c’era, da poco, riuscita. Avrebbe tanto voluto che la stretta al petto fosse solo una virgola, uno scarabocchio fugace, nello yin e yang dei suoi giorni.
Perché lei, in primo piano, preferiva l’azzurro. Dell’orizzonte. Del mare dell’anima. Pendant con l’azzurro del cielo. Che si tingeva, oggi, del lunedì di una nuova, spietata e rigogliosa primavera.

Ma forse la sua stagione era sempre e solo l’inverno.
E lei era tentata di arrendersi, di non combattere ancora.
Perché, alla fine, non era neppure sicura di pareggiarla, quella strana battaglia contro la sensazione di vuoto.
Magari erano il groppo alla gola, quel grumo secco di lacrime, quella morsa gelata gli ospiti fissi che le aveva apparecchiato il destino.
E allora, perché ostinarsi a tenerli lontano? Poteva aprire loro le porte, prima che la violentassero ancora. E, magari, poi diventare di pietra.
Una roccia. Che non pulsava. Senza caldi fiumi di sangue e lembi di pelle che brucia.
Così – ne era certa – il vuoto non le avrebbe più fatto male.

1 commento:

  1. Che un Martedì - possibilmente questo - di altrettanto nuova, rigogliosa ma mai spietata primavera possa tornare a tingere d'azzurro le preziose aree che descrivi, per poi diffondersi fino alle lontane estremità spazzando via anche il più piccolo, subdolo filo di nera ragnatela dagli anfratti più reconditi di un'anima che non la merita.

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