Che fosse
fragile, l’avevamo capito già i primi giorni di scuola: tono di voce appena accennato, sguardo
sfuggente, assenze eccessive.Chiamo la
madre. O, forse, la madre mi si presenta di sua iniziativa. Un metro e ottanta
di garbata delicatezza: - Professoressa, mia figlia è timida …. – Non credo si
tratti solo di timidezza – insinuo dolcemente. – In effetti mia figlia è troppo
insicura, ha bisogno di incoraggiamento.-
La signora mi
dice che si, anche alle elementari, Marisa si assentava, alle volte. Alle
elementari, si assentava quasi sempre, sussurra un compagno.
Da novembre,
quella ragazzina dagli occhi azzurri, persi e profondi, non viene più a scuola.
Al suo posto,
a scuola, viene ogni giorno la madre. A chiedere, supplice, un colloquio con
me:
- Dottoressa, mia figlia ha paura
… non mi vuole lasciare … si sente
sperduta, dentro la scuola … pensa che le insegnanti non le vogliano bene ..-
Un giorno mi
chiede di cambiarla di classe. Ci penso un istante. So che sarebbe solo un buco
nell’acqua. Dalla sua dottoressa, un certificato con due paroline che spiegano
tutto e non spiegano niente: fobia scolare. Che significa: paura di venire a
scuola. Paura ormai entrata nel gotha del DSM IV dell’OMS.[1]
Il problema è se,
dietro alla fobia scolare, c’è qualcos’altro. Se è una fobia scolare “semplice”,
di solito si risolve naturalmente dopo qualche mese di tribolazione, condivisa
tra mamma, papà, nonni, ragazzino e docenti.
Marisa a
scuola non ritorna nemmeno dopo Natale. – A casa lei studia, mi creda. Sa tutto
a memoria. –
Allora, perché
la ragazza non perda quest’anno di scuola, decidiamo che si presenti in seconda da esterna. Preparo i programmi. A
giugno Marisa affronta la prova. - Ma sai che la ragazzina che ha studiato a
casa è più dignitosa di alcuni miei alunni? – Così mi dice, contenta, una delle
colleghe che l’ha esaminata.
Adesso Marisa
è in seconda. In un’altra sezione. All’inizio parte alla grande. Frequenta,
è brava davvero.
Dopo Natale,
la sua vecchia paura. – Non ce la faccio, non ce la faccio a entrare in classe,
professoressa. – mi dice trattenendo a
stento i singhiozzi.
Proviamo di
tutto: a turno, andiamo persino a prenderla a casa.
Marisa
rientra. Ma la frequenza è col contagocce. Convinco la madre a un incontro con
la psicologa dell’Asp. Dopo un tira e molla, Marisa ci va. Così, dopo qualche
seduta, c’è l’incontro di rito: la
madre, la scuola, neuropsichiatra e psicologa. A volte, la fobia scolare
nasconde qualcosa di oscuro e complesso, così dicono, senza tergiversare,
psicologa e neuropsichiatra. Intanto, un farmaco per placare quest’ansia
tremenda, Marisa dovrebbe pur prenderlo …
La madre fugge
dalla diagnosi. Marisa, a scuola, viene pochissimo. Dopo un travagliato scrutinio,
in terza la ragazza è promossa comunque.
In terza, la
musica purtroppo non cambia: Marisa frequenta si e no i primi due mesi. Poi,
tranne un’apparizione fugace, dopo Natale, sparisce per sempre dall’orizzonte.
Ma a casa
continua a studiare. Ora è seguita da una psicologa e da un’insegnante privata.
Sua madre si leva il pane di bocca purchè questa figlia non perda per sempre il
suo treno.
Decidiamo di
nuovo il ritiro formale e la presentazione, questa volta agli esami di stato,
da esterna.
Anche stavolta,
Marisa ce la fa. Perché a casa, lei studia davvero.
Dopo la licenza, Marisa vuole
continuare a studiare: addirittura al liceo classico.
A scuola, noi
vecchi insegnanti facciamo la ola per lei: perché li sconfigga davvero, i suoi
fantasmi interiori.
[1] Diagnostic
and Statistical Manual of mental disorders («Manuale Diagnostico e
Statistico dei Disturbi Mentali»), noto anche con l'acronimo DSM,
è uno dei sistemi nosografici per i disturbi
mentali più utilizzato da medici, psichiatri e psicologi di
tutto il mondo, sia nella clinica che nella ricerca. La prima versione risale
al 1952 (DSM-I)
e fu redatta dall'American Psychiatric Association
(APA), come replica degli operatori nell'area del disagio mentale all'Organizzazione mondiale della
sanità (OMS), che nel 1948 aveva pubblicato un testo, la classificazione ICD (International
Statistical Classification of Diseases, Injuries and Causes of Death),
esteso pure all'ambito dei disturbi psichiatrici. Da allora vi sono state
ulteriori edizioni: nel 1968
(DSM-II), nel 1980
(DSM-III), nel 1987
(DSM-III-Revised), nel 1994 (DSM-IV) e nel 2000 (DSM-IV-Text
Revision o DSM-IV-TR, quella attualmente in vigore). Sono state
anche effettuate piccole modifiche nelle ristampe di alcune versioni
intermedie; particolarmente significativa la settima ristampa del DSM-II, che
nel 1972 espulse
l'omosessualità dalla classificazione psicopatologica. Il DSM-V è in
fase di pianificazione, e dovrebbe essere pubblicato nel maggio 2013. (fonte: Wikipedia)
Grande grandissima immensa Marisa, io tifo per lei con tutto il cuore!
RispondiEliminaUna storia simile a quella di una persona,molto intelligente,che conosco.
RispondiEliminaE'stato positivo non assillarla,ma,entro ceri limiti,assecondarla.
E sarà poi la vita che le darà,o meno,la laurea.
Noi possiamo soltanto fare il tifo per lei,conquistati dalla bellezza del tuo post.
Per il tema che affronta mette a disagio, ma nel contempo affascina per la grande forza d'animo dei personaggi coinvolti. Tra questi tu, meritevole, a mio avviso, di almeno due Oscar: il primo da migliore interprete, per aver accompagnato sapientemente e per mano la ragazza di vetro "verso l'uscita"; il secondo da autrice, per una scrittura lieve, ricca e trascinante, a fronte di una delicata vicenda vissuta in prima linea.
RispondiElimina@Calzino: bedda, bedda! Grazie, a nome di Marisa, per il tuo calore affettuoso!
RispondiElimina@Costantino: è vero, sarà la vita che le darà i voti veri. Grazie di cuore per il tuo apprezzamento e per la gentile costanza con cui segui il mio blog.
@Doctor Peter: dove si ritirano gli Oscar?! Scherzi a parte, grazie per la stima che concedi generosamente al mio ruolo e alla mia scrittura. Ci crederò, prima o poi. Un abbraccio.
Piccola, fragile Marisa, riesco così bene a sentirmela vicina. Spero di cuore che i suoi nodi si sciolgano e possa esplodere tutta la sua intelligenza nella vita che deve ancora venire.
RispondiElimina@la stanza in fondo agli occhi: grazie per la tua visita e per la solidarietà intensa e sentita verso Marisa. Che il tuo auspicio affettuoso possa, misteriosamente, scaldarla...
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