domenica 29 dicembre 2024

Dal calendario giuliano al gregoriano...

        Palermo - “Trenta giorni ha novembre, con aprile, giugno e settembre; di ventotto ce n’è uno, tutti gli altri ne ha trentuno”: l’arcinota filastrocca ricorda ai bambini quanti giorni hanno i dodici mesi. Però che nel 1582 il mese di ottobre è durato solo ventuno giorni e in Svezia, nel 1753, febbraio solo diciassette. Perché? 
     Facciamo un salto nel passato: sino al 1581 nella vecchia Europa era in vigore il calendario giuliano, chiamato così perché introdotto da Giulio Cesare nel 46 a.C. Tale calendario, che si basava su quello egizio, stabiliva il susseguirsi di un ciclo di quattro anni, formato da tre anni che duravano 365 giorni, e il quarto, bisestile, di 366 giorni, con l’aggiunta di un giorno a febbraio. L’anno solare medio era dunque di 365 giorni e 6 ore. 
    Come sappiamo oggi, in realtà l’anno astronomico dura un po’ meno: se n’era già accorto nel XIII secolo l’astronomo e matematico scozzese Giovanni Sacrobosco, che aveva notato già un anticipo dei solstizi e degli equinozi rispetto alle date previste dal calendario. Nel 1252, gli astronomi a servizio del re spagnolo Alfonso di Castiglia avevano addirittura sancito che l’anno astronomico durava dieci minuti e 44 secondi in meno rispetto a quello del calendario. 
     La difformità fra la durata dell’anno ‘giuliano’ e quello astronomico fu considerata insostenibile quando alcuni astronomi verificarono che ormai l’equinozio di primavera avveniva dieci giorni prima; era dunque problematica anche la celebrazione della Pasqua, fissata la domenica successiva alla prima luna piena dopo l’equinozio.
       Papa Gregorio XIII (pontefice dal 1572 al 1585) decise allora di creare una ‘Commissione del calendario’, di cui faceva parte, tra gli altri, il medico e studioso calabrese Luigi Lilio, autore della proposta di calendario che poi fu accolta. Il nuovo calendario fu ‘promulgato’ dal papa nel 1581 con la bolla Inter gravissima, ma la sua applicazione fu rimandata al mese di ottobre dell’anno seguente. 
      Così, la sera del 4 ottobre 1582, gli abitanti di Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Paesi Bassi e Polonia-Lituania andarono a dormire per svegliarsi... (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 29.12.24, il Punto Quotidiano

venerdì 27 dicembre 2024

Fra le righe: sotto l'icerbeg...

      "Il famoso principio dell’iceberg non è un’invenzione di Hemingway, ma una verità universale che si applica al processo della scrittura così come a quello della traduzione. A lui, tuttavia, va il merito di averlo nominato e trascritto. Parlando di The old man and the Sea in una famosa intervista rilasciata a George Plimpton per la «Paris Review», Hemingway affermava: Io cerco sempre di scrivere secondo il principio dell’iceberg. I sette ottavi di ogni parte visibile sono sempre sommersi. Tutto quel che conosco è materiale che posso eliminare, lasciare sott’acqua, così il mio iceberg sarà sempre più solido. L’importante è quel che non si vede. Ma se uno scrittore omette qualcosa perché ne è all’oscuro, allora le lacune si noteranno.
Nella stessa intervista Hemingway spiegava che quel breve romanzo avrebbe potuto essere lungo più di mille pagine. Con tutto il materiale che aveva a disposizione, infatti, avrebbe potuto descrivere uno per uno gli abitanti del villaggio, raccontare come sbarcavano il lunario, come erano nati, se avevano studiato, avuto figli, eccetera. Ma queste cose erano state fatte benissimo da altri, e nella scrittura si è sempre limitati da ciò che altri hanno già fatto in modo soddisfacente prima di noi.
Per questo lui aveva cercato di fare qualcosa di nuovo, cominciando con l’eliminare tutto ciò che non serviva a comunicare un’esperienza diretta al lettore. Le cose che aveva visto – l’accoppiamento dei marlin, i branchi di capodogli – e sentito narrare – le storie dei pescatori – erano rimaste fuori dal racconto, ma solo in apparenza: in realtà erano andate a formare la parte sommersa dell’iceberg.
È facile vedere come questo principio si applichi alla scrittura in generale, ma anche al mestiere della traduzione: quello che arriva sulla pagina è solo un ottavo dell’iceberg, la parte che affiora in superficie, mentre i sette ottavi rappresentati dagli studi, dalle ricerche, dai dubbi e dai ripensamenti avvenuti in corso d’opera rimangono nascosti sotto il testo, pur essendo indispensabili alla sua esistenza. Con un autore come Hemingway, che nasconde tanto sotto la superficie della sua narrazione, questo processo diventa ancora più evidente". 

Silvia Pareschi Fra le righe il piacere di tradurre Laterza, 2024 pp. 85, 86, 87

Fra le righe è un testo intrigante sulla scrittura, sulle traduzioni e su tanto altro. 
Conto di recensirlo appena possibile.
Silvia Pareschi è autrice, tra l'altro, del libro I jeans di Bruce Springsteen (recensito qui
Ernest Hemingway

Silvia Pareschi, traduttrice




domenica 22 dicembre 2024

Ma è davvero così magico il Natale?

     Palermo – Di cosa è capace una grande scrittrice come Natalia Ginzburg? Secondo Domenico Scarpa, critico letterario che conosce a fondo le sue opere “del prodigio per cui, partendo da una verità che sapevano tutti, si arriva a una verità che sa solo lei, anzi, che solo lei sa dire: perché difatti un istante dopo che l’ha detta lei, ognuno si accorge che la sapeva da sempre, che la sapeva ma che non sarebbe mai stato capace di dirla così”.
       Pubblicato dalla Ginzburg su La Stampa nel lontano dicembre 1971 (e riprodotto nella raccolta Vita immaginaria), ecco una sintesi del suo scritto dal titolo Magico Natale, straordinariamente vivo ed attuale.
Avendo io avuto pochi giocattoli nell’infanzia ed essendo cresciuta in una famiglia dove si dava poca importanza alle feste e alle tradizioni, ho custodito in me a lungo l’idea di un Natale prezioso, celebrato e felice, idea ogni anno, nell’infanzia, delusa e distrutta; che forse per questo ogni anno a Natale mi butto a comprare giocattoli e regali splendendo moltissimi soldi e sentendomi subito in colpa. 
Inoltre mi chiedo: cosa diavolo inventeranno nei prossimi Natali quelli che fanno i giocattoli dato che hanno l’aria di non sapere più cosa inventare e cosa vendere e la fantasia di chi inventa giocattoli è sempre più monotona e povera; se sono io sola a trovare le feste fosche e faticose per la mia vecchiaia, pessimismo e malinconia o se sono fosche e faticose per tutti.
Penso però che devono essere fosche e faticose per tutti dato che tutti usano lamentarsene, lamentarsi delle feste è diventato ormai un luogo comune. Forse il Natale andrebbe celebrato da chi è religioso semplicemente andando in chiesa ma non facendo nessuna delle cose che tutti, religiosi e non religiosi, ci sentiamo inesplicabilmente costretti a fare.
Intanto ronzano e cantano nelle nostre orecchie parole che abbiamo sentito alla televisione, «magico Natale», esse ronzano dentro di noi con voce virile, sospirosa e misteriosa e noi troviamo che il nostro Natale non è affatto magico. (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 22.12.24

giovedì 19 dicembre 2024

Ascolta, mia cara...

                “Ascolta mia cara,
   non sottovalutare mai la resistenza di una vecchia saggia. La vita può dilaniarla o trattarla ingiustamente, ma lei possiede un’altra anima, un’anima primaria, fulgida e incorruttibile sotto l’anima assediata, un’anima luminosa che rimane sempre intatta. 
    Sotto il soprabito certamente nasconde ali lunghe sei metri, e nella sua grande tasca una foresta ripiegata. Sotto il letto potrebbe tenere pantofole delle sette leghe in lamé dorato. E, attraverso le lenti dei suoi occhiali, vedrà quasi tutto ciò che può essere visto. Il tappetino davanti al fuoco potrebbe davvero spiccare il volo da un momento all’altro. 
    E il suo scialle, una volta aperto, potrebbe adunare i segugi dell’inferno o accendere la più stellata delle notti.
    Ridacchia solcando le onde dei cieli nella metà di guscio del suo cuore infranto. Le piume sollevate, perché ogni giorno impara l’amore. È rapita da qualunque alito di musica. Si prodiga per proteggere l’anima di qualsiasi cosa. Gli uccelli canori le raccontano storie segrete; così ha «l’occhio magico che vede oltre e dietro il presente» (…)

Clarissa Pinkola Estés La danza delle grandi madri Frassinelli pp. 1,2

martedì 17 dicembre 2024

Buon Natale da Alina

     Tra le fortune della sottoscritta c’è quella di avere un’amica speciale, dalle mani d’oro: sa lavorare ai ferri, all’uncinetto, ricama (mezzo punto, punto croce, macramè… non saprei elencare tutte le meraviglie di cui è capace) disegna, decora, crea bellezza dal nulla, sa cucinare: i suoi dolci sono una delizia per la vista e per il palato.  
     Si chiama Alina e non è una casalinga: è una donna dalla solida cultura scientifica (laureata brillantemente in Chimica), già docente di Scienze e Matematica, mia preziosa collega.  E poi Alina è premurosa in ogni suo ruolo (come moglie, come madre di due splendidi ragazzi londinesi d’adozione, come sorella, cognata, cugina, amica... )
    Last but non least: è appassionata di calcio (non si perde una partita del Palermo e della nazionale, segue il campionato inglese e tifa per l’Arsenal), va in palestra tre, quattro volte a settimana. 
Buon Natale con le sue creazioni natalizie.











domenica 15 dicembre 2024

Palermo festeggia i 50 anni della Vucciria di Guttuso

       Palermo – Ballarò, Borgo vecchio, il Capo, la Vucciria: questi i nomi dei più importanti mercati storici di Palermo. La Vucciria, ubicato lungo la via Argenteria, nel centro storico della città, è stato rappresentato in uno dei più celebri quadri del pittore siciliano Renato Guttuso (Bagheria, 1911- Roma, 1987), la cui arte, legata all’espressionismo, ma comunque realistica, fu caratterizzata anche dalla presenza ispiratrice di un forte impegno sociale. Guttuso, tra l’altro, fu eletto per due legislature senatore nelle fila del Partito comunista italiano. 
    La Vucciria di Palermo (questo il titolo del quadro) è un’imponente tela quadrata di tre metri per tre dipinta con colori ad olio: rappresenta uno scorcio dell’omonimo mercato in cui, con una magistrale ricchezza di forme e colori, le figure umane dei venditori e dei passanti si fondono con le ceste di pesce, di frutta, di ortaggi, di uova. Lo spazio a destra è  (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro,  il Punto Quotidiano, 15.12.24

venerdì 13 dicembre 2024

Forse tutto questo

Forse tutto questo
Avviene in un laboratorio?
Sotto una sola lampada di giorno
e miliardi di lampade di notte?

Forse siamo generazioni sperimentali?
Travasati da un recipiente all'altro,
scossi in alambicchi,
osservati non soltanto da occhi,
e infine presi a uno a uno
con le pinzette?



O forse è altrimenti:
nessun intervento?
I cambiamenti avvengono da sé
in conformità al piano?
L'ago del diagramma traccia a poco a poco
gli zigzag previsti?

Forse finora non siamo di grande interesse?
I monitor di controllo sono accesi di rado?
Solo in caso di guerre, meglio se grandi,
di voli al di sopra della nostra zolla di Terra,
o di migrazioni rilevanti tra i punti A e B?

O forse è il contrario:
là piacciono solo le piccole cose?
Ecco: una ragazzina su un grande schermo
Si cuce un bottone sulla manica.

I sensori fischiano,
il personale accorre.
Ah, guarda che creaturina
con un cuoricino che batte dentro!
Quale incantevole serietà
nell'infilare l'ago!
Qualcuno grida rapito:
Avvertite il Capo,
che venga a vedere di persona!

Wislawa Szymborska, La gioia di scrivere, tutte le poesie (1945-2009), 
traduzione a cura di Pietro Marchesani, pag. 543, Adelphi, Milano


mercoledì 11 dicembre 2024

Buon compleanno, Daniela

        Nostra signora non utilizza certo il suo blog per fare gli auguri a destra e a manca, tranne che non si tratti di eventi per lei assai cari quali compleanni o ricorrenze particolari dei suoi gioielli, parafrasando la celebre Cornelia, o di amici davvero unici, come Augusto
        Oggi però gli auguri di buon compleanno vanno a una donna speciale, che nostra signora si dispiace avere conosciuto solo da pochi anni. Una donna lucida, intelligente, colta, determinata. Che sa di cosa parla quando discute di femminismo, di pace, di nonviolenza, di politica, di diritti.  Palermo e la Sicilia dovrebbero essere grate a donne come lei: raggio di luce nel buio dell’indifferenza  per le guerre e le ingiustizie che feriscono l’umanità. Grazie allora a Daniela Dioguardi che, con lungimiranza e resilienza,  ripete che la guerra è frutto della società patriarcale e violenta.  E va bandita dalla Storia.
 Auguri di cuore, cara Daniela.





(Ho parlato di suoi scritti o iniziative anche qui:









Qui il suo magistrale intervento durante la III marcia mondiale per la Pace, il 24/11/24, a Palermo:


martedì 10 dicembre 2024

La danza delle grandi madri

J.Sorolla: Donne che ballano il flamenco al Cafè Novedades di Siviglia - 1919
     "Il compito fondamentale della grande madre non è che questo: vivere la vita nella sua pienezza. Non a metà. Non a tre quarti. Non un giorno da pecora e il giorno dopo da leone. Ma piena vita, ogni giorno. Non secondo la pienezza di un altro. Ma secondo la pienezza determinata dal proprio destino e dalla spontanea volontà che dona la vita e non la affievolisce. (…)
    Una delle mie grandi madri, Viktoria, aveva un cagnolino con la mascella inferiore sporgente che lo faceva sembrare un terribile Cerbero in miniatura ma, in realtà, era dolcissimo.     Mia nonna aveva anche un gattino nero che saltava sui rosari appesi alle maniglie delle porte di tutta la casa… «per quando ho molta fretta di pregare per qualcuno». Parlava al cane e al gatto come fossero persone… «Le creature hanno un’anima, sai» mi ripeteva.
    Quando tutto a un tratto il cane scattava sulle zampe per fiutare una nuova scia nell’aria, pure il gatto prendeva improvvisamente a scorrazzare per la stanza. Allo stesso modo, quando il gatto saltava dall’alto della vecchia radio di celluloide sullo schienale della sedia di mia nonna orlato di centrini, avanti e indietro, il cane lo osservava e si metteva a saltare come un pazzo anche lui, tutto allegro. In quelle occasioni mia nonna diceva che non potevamo non partecipare alla danza. Mi afferrava le manine e compievamo piccoli balzi e saltelli a tempo, secondo il ritmo scandito dalla danza felino-canina. 
    E lei ripeteva: «Quando una vive pienamente, così fanno anche gli altri». E tutti gli animali, noi compresi, tornavamo selvaggi, per pochi semplici attimi. Lei voleva dire che quando una persona decide di vivere la vita il più pienamente possibile, anche i molti altri che le sono accanto «prenderanno fuoco». Nonostante le barriere, le restrizioni e persino le sofferenze, se una persona le supera e vive davvero, anche gli altri vivranno più pienamente, compresi i bambini, i compagni, gli amici, i colleghi, gli estranei, le creature e i fiori. «Quando una vive pienamente, così fanno anche gli altri». 
   È questo l’imperativo principale della donna saggia: vivere in modo tale da ispirare anche gli altri.

Clarissa Pinkola Estés La danza delle grandi madri Frassinelli pp. XIII, XIV, XV

domenica 8 dicembre 2024

Cambiamenti climatici: difficile non crederci

     Palermo – Gli scienziati ce lo ripetono: il riscaldamento globale, dovuto all’enorme aumento dei gas serra in atmosfera, in particolare dell’anidride carbonica, è purtroppo già in atto. Nel marzo 2023, lo ha ribadito anche il sesto rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’organismo istituito nel 1988 dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) e dall’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) per fornire ai leader politici valutazioni scientifiche periodiche sui cambiamenti climatici. La comunità scientifica concorda quindi sul fatto che il cambiamento climatico, causato dalle attività umane, sia purtroppo una realtà. Eppure in tanti continuano ancora a negarne o a minimizzarne l’esistenza e sono ostili a qualsiasi azione che voglia contrastarlo.
    Al Festival della Scienza di Malnisio, in provincia di Pordenone, a fine novembre scorso, la giornalista Greta Durante e il ricercatore Lorenzo Gagliardi hanno comunicato cosa accade nella mente dei negazionisti, sulla base di un progetto di ricerca e divulgazione scientifica realizzato all’Università di Padova presso il Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione. Il progetto, denominato Non è la Zebra, si occupa di scienze del comportamento e di processi decisionali, ed evidenzia le trappole del pensiero che influenzano i giudizi e le previsioni. 
     “Il negazionismo climatico, anche se non è un fenomeno così diffuso, come altri sistemi di credenze anomale, o meglio antiscientifiche, arruola però al suo interno tanti scettici o indecisi, persone dubbiose alle quali bisogna saper comunicare perché possano approcciarsi alla ‘verità’ scientifica – queste le parole di Lorenzo Gagliardi, intervistato da Natascia Gargano per il TG scientifico Leonardo.
    “In particolare – ha proseguito poi lo studioso - sono due le modalità di pensiero che albergano nella mente dei negazionisti: (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 8.12.24, il Punto Quotidiano

giovedì 5 dicembre 2024

Arrivederci, professore Borgna: grazie di esserci (stato)

      "La fragilità è il nostro destino, certo, ma essa nasce, si svolge e si articola in una stretta correlazione con l'ambiente in cui viviamo, e cioè con gli altri da noi.
     La coscienza della nostra fragilità ... rende difficili e talora impossibili le relazioni umane: siamo condizionati dal timore di non essere accettati, e di non essere riconosciuti nelle nostre insicurezze e nel nostro bisogno di ascolto, e di aiuto.
     La nostra fragilità è radicalmente ferita dalle relazioni che non siano gentili e umane, ma fredde e glaciali, o anche solo indifferenti e noncuranti. Non siamo monadi chiuse, assediate, ma siamo invece, vorremmo disperatamene essere, monadi aperte alle parole e ai gesti di accoglienza degli altri; e, quando questo non avviene, le dinamiche relazionali si fanno oscure e arrischiate: dilatando fatalmente le nostre fragilità e le nostre ferite, le nostre insicurezze e le nostre debolezze, le nostre vulnerabilità."

Eugenio Borgna, La fragilità che è in noi

(Grazie di cuore a Lucia Contessa, dal cui profilo FB ho ripreso il testo che precede)

Ho avuto modo di ascoltare alcune volte il professore Borgna durante collegamenti on line: 
ad esempio durante la presentazione del saggio del prof.Salonia su san Francesco

Eugenio Borgna (Borgomanero, 22 luglio 1930 – Borgomanero, 4 dicembre 2024) è stato uno psichiatra e saggista italiano.
    Come primario di servizi psichiatrici ospedalieri, fin dai primi anni '60 ha adottato metodi di cura che, esorbitando dalla comune prassi clinica, si sono incentrati sul dialogo reciproco e l'ascolto empatico del paziente psichiatrico, non soggetto ad alcuna forma di coercizione, contenzione o imposizione, sperimentando così, per la prima volta in Italia, una nuova maniera di accostarsi alla malattia psichiatrica, più umana, rispettosa e comprensiva del dolore del paziente

    Fu tra i primi, in Italia, che agli inizi degli anni '60 applicano i principi teorici dell'antropoanalisi e della psicopatologia fenomenologica allo studio della malattia mentale. Fra i principali e più significativi esponenti della psichiatria fenomenologica e della psicologia esistenziale in Italia, che pongono al centro della loro attenzione non la malattia in sé stessa ma il paziente, contesta, rigettando ogni forma di riduzionismo biologico, l'interpretazione naturalistica delle patologie mentali che ne ricerca le cause nel malfunzionamento dei centri cerebrali e la sua cura solo attraverso interventi biologici, quali farmaci e terapia elettroconvulsivante. Egli – similmente a quanto asserito da parte di alcuni esponenti della cosiddetta antipsichiatria – riteneva che le malattie mentali, nel senso proprio del termine, non esistono, poiché «non si possono dimostrare».
     Strenuo sostenitore di una "psichiatria dell'interiorità", capace di individuare o cercare di scorgere quella dimensione profonda e soggettiva del disagio psichico, attraverso una prospettiva interdisciplinare che coinvolge discipline e campi eterogenei, quali la letteratura, la filosofia e l'arte, nel tentativo di evidenziarne la dimensione plurima e complessa restituendo così un significato condiviso alla dimensione esistenziale del dolore, condusse interessanti e innovativi studi sulla malinconia, la depressione e la schizofrenia, nonché sui fondamenti epistemologici e metodologici della psichiatria.
     Fu autore di numerosi saggi, nei quali alternò una produzione più specialistica a libri maggiormente divulgativi, uno dei quali ispirato nel titolo da uno dei poeti prediletti, Clemente Rebora (Apro l'anima e gli occhi. Coscienza interiore e comunicazione, Interlinea).
     Sulla sua opera, con interviste, testimonianze e saggi, è uscito in occasione dei novant'anni un numero della rivista "Microprovincia": Eugenio Borgna. Curare con la parola. (da Wikipedia)

(E qui, dalla Pagina FB Centro Veneto di Psicoanalisi, grazie a Anna G. e a Maria Gabriella G.)

"La parola, in psichiatria, può salvare una persona, o può perderla. 
Quasi al di là dei suoi contenuti, sono i modi, con cui la parola è comunicata (i gesti e il silenzio, lo sguardo e le espressioni del volto), a definirne la dimensione terapeutica, o quella antiterapeutica. La parola è esposta a rischi molto alti: è una parola sempre arrischiata; e chiunque sia sommerso, o anche solo sfiorato, da una esperienza umana, che trascini con sé angoscia e tristezza, dissociazione e smarrimento, rivive in sé antenne sensibilissime nel cogliere il senso nascosto delle parole; e ogni parola può essere, di volta in volta, quella decisiva: la parola che crea fiducia, e stabilisce un contatto emozionale (la parola che incrina le solitudini e libera gli aquiloni della speranza nei vortici storditi del vento); ma la parola, anche, che accresce nella sua indifferenza, o nelle sue dissonanze, l'isolamento e la introversione, il dolore e la fuga dal reale." ("Le intermittenze del cuore,2008, p.45)
Eugenio Borgna mancherà a tutti coloro che considerano la clinica come un incontro profondamente umano.  Lo ricorderemo sempre con affetto.  

https://m.youtube.com/playlist...

Su POL.it Psychiatry on line ITALIA è disponibile una lunga playlist di interviste a questo grande maestro della fenomenologia.


martedì 3 dicembre 2024

La dittatura del presente: noi, i nuovi Sumeri

     "Noi viviamo in un eterno presente. Frattalmente, dalla dimensione più ampia e collettiva (l’impossibilità di capire il passato del mondo, si pensi alla cancel culture, o di immaginare il futuro come qualcosa di diverso e non come un presente potenziato) fino alla dimensione personale e corporea (il lifting, i vestiti tutti uguali dai sedici agli ottant’anni, la rimozione della morte) si mostra non la fine della storia (…) ma più radicalmente della nostra possibilità di concepire la stessa storicità delle cose. (…)
    E non si pensi che tutto ciò riguardi un argomento più che un altro, oppure che riguardi soltanto la cultura umanistica, il canone occidentale, la cultura alta. È solo che questi argomenti fanno, ancora per poco, più impressione di altri. Quando Nuccio Ordine scrive «in alcune facoltà o in alcuni dipartimenti, sono addirittura a rischio discipline come la filologia e la paleografia. Questo significa che nel giro di pochi decenni – quando saranno andati in pensione gli ultimi paleografi e gli ultimi studiosi delle lingue del passato – bisognerà chiudere biblioteche e musei e rinunciare, perfino, a scavi archeologici e alla ricostruzione di testi e di documenti» si sente il cigolio di una macchina millenaria che si ferma. Ma se ciò accade è perché è il passato e l’idea di una temporalità più distesa a svanire ormai nelle nostre menti.
    Un piccolo test personalmente condotto. Ho chiesto a dei ragazzi appassionati di calcio, in possesso di una conoscenza dettagliata di formazioni, carriere scolastiche, risultati e trofei, se conoscessero alcuni calciatori. Ho scelto i calciatori tra quelli in attività nel decennio immediatamente precedente alla nascita dei ragazzi, comunque giocatori da nazionale e di squadre di vertice (…). I ragazzi (sedicenni) non ne conoscevano neanche uno. Alcuni di loro volevano diventare calciatori (si può supporre anche per la fama) e non si accorgevano di segare l’albero alla radice.
    Si sia onesti, la contrazione del tempo è semplicemente il tempo del rinnovo e del consumo delle merci che si è fatto totalità della realtà che siamo in grado di percepire. Ci sentiamo dire dal libraio che il libro uscito tre anni fa è vecchio e non può più procurarlo perché il libraio si limita ad applicare al suo ambito la concezione del rinnovo delle merci e del succedersi delle mode che servono a smerciarle. Il sistema economico ha corroso tutte le altre possibili angolazioni di sguardo e pensiero, tutte le altre tradizioni. Sta per restare unico. Essere colti oggi significa riuscire a contrastare concettualmente, almeno per se stessi, la morsa della contrazione del presente”.
    In caso contrario è come se tutti ci stessimo preparando a pensare di essere i primi e gli ultimi uomini. Tutti Sumeri: il popolo che secondo il sumerologo Kramer «considerava gli eventi storici come affacciantisi belli e pronti sulla scena del mondo. Credeva, per esempio, che il proprio paese, questo paese che egli vedeva pieno di città e di Stati prosperi, disseminato di villaggi e di fattorie, ricco già di tutto un sistema perfezionato di tecniche e di istituzioni politiche, religiose ed economiche, fosse sempre lo stesso, dall’origine dei tempi». 
Tutti Sumeri, con qualche giustificazione in meno rispetto a loro",

 Davide Miccione La congiura degli ignoranti Valore italiano, editore Roma 2024, pp.73,74,75

domenica 1 dicembre 2024

La magica Siviglia, capitale dell'Andalusia

      Palermo – Scoperta l’anno scorso la Spagna, grazie a due viaggi a Valencia e a Madrid (qui l’articolo sulla capitale spagnola), per la scrivente è stato subito amore a prima vista. Così a metà ottobre, due settimane prima della disastrosa alluvione che avrebbe colpito la regione valenciana, si è ritagliata alcuni giorni in Andalusia, con prima tappa nella capitale Siviglia.
Sebbene a 12 km dalla città ci sia l’aeroporto San Pablo, in mancanza di un volo diretto da Palermo, chi scrive ha preferito atterrare a Madrid e poi, dalla stazione di Atocha, continuare in treno per Siviglia. Treno che ha rischiato di perdere, perché lei e i familiari sono arrivati due minuti prima della partenza al binario, dove due addette ai controlli dicendo Cerrado, cerrado (chiuso, chiuso) spiegavano che l’accesso ai treni dell’alta velocità va fatto almeno cinque minuti prima della partenza programmata. 
     Sarà stata l’espressione mortificata e contrita della turista italiana, sarà stato il buon cuore delle lavoratrici, fatto sta che comunque le due signore hanno chiamato il capotreno che, non proprio volentieri, ha riaperto le porte e ha permesso al gruppo di partire. La buona sorte, incarnata nella compassione delle addette al controllo, non aveva abbandonato i turisti italiani. 
    "No me ha dejado" ("Non mi ha abbandonato") è proprio la frase che risolve il rebus/logotipo della bandiera del capoluogo andaluso, dove, a caratteri gialli  su fondo rosso, c’è una matassa di filo (in castigliano madeja), simile al numero otto, preceduta da "NO" e seguita da "DO":  appunto NO8DO,  cioè "NO-MADEJA-DO". La frase è tradizionalmente riferita al re Alfonso X, che aveva trovato protezione a Siviglia quando nel 1282 il suo regno era rimasto coinvolto in una guerra dinastica. Nel 1283, il re avrebbe permesso ai sivigliani di inserire questo motto nello stemma cittadino. 
Siviglia non ha deluso le aspettative. 
     Intanto ci sono state belle giornate (primavera e autunno sono le stagioni ideali per visitarla, visto che d’estate fa piuttosto caldo), inoltre, poiché è una città grande ma non grandissima (684.000 abitanti, 1.500.000 con l’hinterland, quarta città spagnola dopo Madrid, Barcelona e Valencia) se si è abituati a camminare,  è assai piacevole visitarla a piedi, specie se si ha un punto d’appoggio centrale, come è stato per la scrivente, che ha soggiornato in una struttura ricettiva nel Barrio de san Bartolomè (quartiere di san Bartolomeo), proprio nel centro storico di Siviglia.
Dove ...(continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 1.12.24, il Punto Quotidiano