Palermo – “Gli umoristi sono o tristi o solitari o matti: io sono tutte e tre le cose”. Diceva questo di sé ironicamente il fumettista Benito Franco Giuseppe Jacovitti, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita.
Riconosciuto come uno dei più importanti autori di fumetti del Novecento, con una vasta produzione caratterizzata da uno stile personalissimo e particolareggiato con dettagli surreali, come salami, vermi, ossa e l’immancabile lisca di pesce, Jacovitti è entrato a pieno titolo nella storia del fumetto italiano, soprattutto grazie alla forma caricaturale dei suoi personaggi. La sua opera ha riscosso il plauso della critica e si è intrecciata spesso con la storia del nostro paese.
L’indimenticabile autore del Diario Vitt, acquistato negli anni Sessanta e Settanta dalla maggior parte degli studenti italiani (se ne vendevano circa 3 milioni di copie l’anno, per un totale complessivo di 100 milioni di copie vendute) era nato a Termoli, in provincia di Campobasso, il 9 marzo 1923 e aveva scoperto sin da piccolo una precoce passione per il disegno: disegnava col carboncino anche per strada, sui pavimenti, sui marciapiedi.
Trasferitosi poi a Firenze con la famiglia, mentre frequentava l’Istituto statale d’Arte, nel 1939 pubblicava a soli sedici anni le sue prime vignette umoristiche per la rivista satirica fiorentina Il brivido: si trattava di tavole a pagina intera piene di gag, la prima delle quali, La linea Maginot, ironizzava persino sulla guerra. Nel 1940 Jacovitti disegnò la storia a fumetti Pippo e gli inglesi, che gli valse la collaborazione con Il Vittorioso, collaborazione che sarebbe continuata per trent’anni e gli permise di essere conosciuto in tutta l'Italia.
Poiché da giovane Jacovitti era piuttosto esile (si definiva “davvero allampanato e magrissimo”), venne soprannominato ‘Lisca di pesce’: da qui l’idea di firmare i suoi disegni appunto con una lisca di pesce. Abitudine che mantenne anche quando poi ingrassò, anche se ammise che avrebbe forse ormai dovuto firmare con il disegno di un pesce grosso, se non addirittura una balena.
Per l’editore de Il Vittorioso nel 1949 il fumettista iniziò a realizzare con vignette, illustrazioni e fumetti il celebre diario scolastico, che verrà pubblicato sino al 1980.
Nel 1957 iniziò la sua collaborazione con il Giorno dei ragazzi, dove apparvero alcuni dei suoi personaggi più famosi come Cocco Bill e Gionni Galassia e la saga di Tom Ficcanaso, giornalista detective protagonista di molte storie. Fu poi la volta della collaborazione con il Corriere dei Piccoli e il Corriere dei ragazzi, dove nacquero, tra gli altri, Zorry Kid, Jack Mandolino e Tarallino. Per il quotidiano Il Giorno creò tre personaggi romani, Tizio, Caio e Sempronio, che si esprimevano nel più spassoso e maccheronico dei latinorum.
Nei primi anni cinquanta fu anche collaboratore del Quotidiano, giornale dell'Azione Cattolica, per il quale ideò vignette satiriche legate all'attualità politica dell'epoca.
Jacovitti si cimentò a interpretare per ben quattro volte, sempre con felici sperimentazioni stilistiche e creative, la storia di Pinocchio. Celebri poi negli anni Sessanta anche le sue pubblicità su Carosello, realizzate con personaggi come Coccobill, Zorry Kid e Pecor Bill.
La sua influenza si fece sentire anche fuori dall’Italia: le sue invenzioni grafiche influenzarono, ad esempio, disegnatori d’oltralpe come il francese Georges Wolinski, che ebbe di Jacovitti grandissima stima.
Nel 1974 collaborò per breve tempo anche con la rivista Linus, dove creò prima Gionni Peppe e poi Joe Balordo. Fece poi scalpore quando nel 1977, insieme a Marcello Marchesi, pubblicò Kamasultra sulla rivista per adulti Playmen: una storia a fumetti nella quale, col consueto stile grottesco, inserì, seppure in modo accennato, ironico e caricaturale, tocchi erotici ed espliciti temi sessuali.
Jacovitti passò la sua vita a disegnare con passione: disegnava otto ore al giorno tutti i giorni, tranne la domenica, quando riduceva le ore a quattro…
Nel 1978 iniziò la sua ultima collaborazione con un settimanale per ragazzi, Il Giornalino, che continuò anche dopo la sua morte a proporre storie sul suo personaggio più famoso, Cocco Bill, realizzate da Luca Salvagno, suo allievo. Negli anni novanta, ormai anziano, si fece aiutare per le inchiostrature delle tavole da un giovane autore svizzero, Nedeljko Bajalica, che lo seguirà fino agli ultimi giorni prima come assistente e poi come coautore. Era intento ad illustrare il libro Tredici favole da raccontare, di Lucia Spezzano, sino a poco prima della morte, avvenuta a Roma il 3 dicembre del 1997.
Il MAXXI di Roma (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo), in contemporanea con il MACTE (Museo di Arte Contemporanea di Termoli) della sua città natale, gli dedicano, sino a febbraio 2024, due mostre antologiche parallele e complementari dal titolo Jacovittissimevolmente, che comprendono tavole originali, giornali e libri, creati dall’ispirazione feconda del grande fumettista.
“La cosa meravigliosa è che ciò che faceva ridere 50 anni fa, fa ridere anche oggi – ha dichiarato in un’intervista Dino Aloi, curatore della mostra romana - Jacovitti lavorava su quello che si può definire l’umorismo universale e questo è quello che ancora lo caratterizza. Poi in realtà era un disegnatore straordinario, per cui anche le sue panoramiche, dove mette centinaia di personaggi, riviste oggi fanno ridere esattamente come ieri”.
Caro Jacovitti, grazie di cuore dall’ex alunna che aspettava con piacere l’inizio dell’anno scolastico per acquistare il tuo magnifico diario… Nell’oggi così cupo e allineato, manca la tua matita creativa, giocosa, controcorrente, anticonformista e un po’ anarchica. In una parola, libera.