"La fragilità è il nostro destino, certo, ma essa nasce, si svolge e si articola in una stretta correlazione con l'ambiente in cui viviamo, e cioè con gli altri da noi.
La coscienza della nostra fragilità ... rende difficili e talora impossibili le relazioni umane: siamo condizionati dal timore di non essere accettati, e di non essere riconosciuti nelle nostre insicurezze e nel nostro bisogno di ascolto, e di aiuto.
La nostra fragilità è radicalmente ferita dalle relazioni che non siano gentili e umane, ma fredde e glaciali, o anche solo indifferenti e noncuranti. Non siamo monadi chiuse, assediate, ma siamo invece, vorremmo disperatamene essere, monadi aperte alle parole e ai gesti di accoglienza degli altri; e, quando questo non avviene, le dinamiche relazionali si fanno oscure e arrischiate: dilatando fatalmente le nostre fragilità e le nostre ferite, le nostre insicurezze e le nostre debolezze, le nostre vulnerabilità."
Eugenio Borgna, La fragilità che è in noi
(Grazie di cuore a Lucia Contessa, dal cui profilo FB ho ripreso il testo che precede)
Ho avuto modo di ascoltare alcune volte il professore Borgna durante collegamenti on line:
Eugenio Borgna (Borgomanero, 22 luglio 1930 – Borgomanero, 4 dicembre 2024) è stato uno psichiatra e saggista italiano.
Come primario di servizi psichiatrici ospedalieri, fin dai primi anni '60 ha adottato metodi di cura che, esorbitando dalla comune prassi clinica, si sono incentrati sul dialogo reciproco e l'ascolto empatico del paziente psichiatrico, non soggetto ad alcuna forma di coercizione, contenzione o imposizione, sperimentando così, per la prima volta in Italia, una nuova maniera di accostarsi alla malattia psichiatrica, più umana, rispettosa e comprensiva del dolore del paziente
Fu tra i primi, in Italia, che agli inizi degli anni '60 applicano i principi teorici dell'antropoanalisi e della psicopatologia fenomenologica allo studio della malattia mentale. Fra i principali e più significativi esponenti della psichiatria fenomenologica e della psicologia esistenziale in Italia, che pongono al centro della loro attenzione non la malattia in sé stessa ma il paziente, contesta, rigettando ogni forma di riduzionismo biologico, l'interpretazione naturalistica delle patologie mentali che ne ricerca le cause nel malfunzionamento dei centri cerebrali e la sua cura solo attraverso interventi biologici, quali farmaci e terapia elettroconvulsivante. Egli – similmente a quanto asserito da parte di alcuni esponenti della cosiddetta antipsichiatria – riteneva che le malattie mentali, nel senso proprio del termine, non esistono, poiché «non si possono dimostrare».
Strenuo sostenitore di una "psichiatria dell'interiorità", capace di individuare o cercare di scorgere quella dimensione profonda e soggettiva del disagio psichico, attraverso una prospettiva interdisciplinare che coinvolge discipline e campi eterogenei, quali la letteratura, la filosofia e l'arte, nel tentativo di evidenziarne la dimensione plurima e complessa restituendo così un significato condiviso alla dimensione esistenziale del dolore, condusse interessanti e innovativi studi sulla malinconia, la depressione e la schizofrenia, nonché sui fondamenti epistemologici e metodologici della psichiatria.
Fu autore di numerosi saggi, nei quali alternò una produzione più specialistica a libri maggiormente divulgativi, uno dei quali ispirato nel titolo da uno dei poeti prediletti, Clemente Rebora (Apro l'anima e gli occhi. Coscienza interiore e comunicazione, Interlinea).
Sulla sua opera, con interviste, testimonianze e saggi, è uscito in occasione dei novant'anni un numero della rivista "Microprovincia": Eugenio Borgna.
Curare con la parola. (da
Wikipedia)
"La parola, in psichiatria, può salvare una persona, o può perderla.
Quasi al di là dei suoi contenuti, sono i modi, con cui la parola è comunicata (i gesti e il silenzio, lo sguardo e le espressioni del volto), a definirne la dimensione terapeutica, o quella antiterapeutica. La parola è esposta a rischi molto alti: è una parola sempre arrischiata; e chiunque sia sommerso, o anche solo sfiorato, da una esperienza umana, che trascini con sé angoscia e tristezza, dissociazione e smarrimento, rivive in sé antenne sensibilissime nel cogliere il senso nascosto delle parole; e ogni parola può essere, di volta in volta, quella decisiva: la parola che crea fiducia, e stabilisce un contatto emozionale (la parola che incrina le solitudini e libera gli aquiloni della speranza nei vortici storditi del vento); ma la parola, anche, che accresce nella sua indifferenza, o nelle sue dissonanze, l'isolamento e la introversione, il dolore e la fuga dal reale." ("Le intermittenze del cuore,2008, p.45)
Eugenio Borgna mancherà a tutti coloro che considerano la clinica come un incontro profondamente umano. Lo ricorderemo sempre con affetto.